Manzini: “Roma è diventata una cloaca e sono scappato”
Non le manda a dire Antonio Manzini ospite di Ombre festival a Viterbo per presentare il suo ultimo romanzo con protagonista Rocco Schiavone per Sellerio
Non le manda a dire Antonio Manzini ospite di Ombre festival a Viterbo. Quando la sua intervistatrice gli chiede come mai abbia lasciato la capitale per vivere in provincia lui abbandona ogni freno e racconta la sua esperienza.
“Io vengo dalla Garbatella e quando ero giovane passavo tanto tempo nei bar ad ascoltare chi li frequentava. Tanti discorsi iniziavano con una domanda che era tutto un programma: «Che t’ha detto l’avvocato?» Potete immaginare il resto. Un quartiere popolare come il mio aveva una forte identità. Oggi la città è diventata una cloaca. È persa e un turismo fuori controllo la sta distruggendo“.
Manzini, dopo aver parlato del fenomeno dei grandi capitali che si stanno comprando i principali palazzi storici del centro per farne alberghi è andato oltre. “Amo camminare per la città, ma fatevi un giro nelle vie intorno a piazza di Spagna. Ci sono centinaia di negozi di souvenir, ma avete un’idea di cosa costi un affitto da quelle parti? Si parla di almeno ottomila euro al mese per un buco. E come lo paghi? Quanti magneti devi vendere al giorno per stare nei costi? La verità è che per quelle attività l’importante è solo fare scontrini. Sono delle lavatrici“.
Se si chiudevano gli occhi era come ascoltare la sua principale creatura, Rocco Schiavone. Manzini è un mix tra Marco Giallini e Valerio Mastandrea. Del primo ha preso il carattere del personaggio e del secondo la voce e il modo scanzonato di raccontare dove profondità e leggerezza danzano senza sosta. Ha una verve che lo distingue perché contrasta quel pessimismo con una simpatia incontenibile e il pubblico ha riso di gusto in più momenti della sua presentazione.
Un incontro in piazza con ogni posto a sedere occupato dalle centinaia di persone arrivate per ascoltare uno degli scrittori più amati. Con lui in prima fila, oltre al questore di Viterbo, c’era Fabio Stassi, un altro degli autori scoperti da Sellerio. Manzini, che ha vinto il Premio Chiara nel 2016, era arrivato per presentare ELP, il suo ultimo romanzo con protagonista il vice questore Rocco Schiavone. Un lavoro accolto da Antonio D’Orrico con entusiasmo. Nella sua pagella su La lettura al posto del voto campeggiava Mecojoni e un titolo che era tutto un programma (uscito prima delle note polemiche scatenate da un articolo di Elkann): Il miglior Schiavone al profumo di Proust.
Una recensione che ha delle ragioni perché dopo dieci anni Rocco Schiavone ha ancora tanto da dire. “La mia preoccupazione maggiore è la paura di annoiarmi. Quando dovesse succedere la pianterò lì perché bisogna avere rispetto per i lettori. Credo che da parte di chi scrive ci debba essere un movimento morale verso il lettore che lasci delle domande gigantesche”. Manzini non ha raccontato molto del suo ultimo lavoro ed è normale perché di un giallo non puoi certo svelare i passaggi fondamentali se non vuoi togliere il gusto della lettura. A parte la battuta all’inizio: “D’Intino muore. Ebbene si, a pagina 72 troverete come muore e sono contento di averlo ammazzato. Non ne potevo più”. Il pubblico rideva, con qualcuno preoccupato, ma consapevole che quanto affermato dall’autore non fosse vero. D’Intino ha una gran bella parte in ELP e Rocco arriva quasi a riabilitarlo dopo aver corso il rischio di lasciarci la pelle (è una storia in un altro capitolo della saga) per una pallottola sparata dal suo poliziotto incapace.
Manzini a Varese nella serata finale del Premio Chiara
Manzini ha raccontato anche della sua relazione con Andrea Camilleri, l’amico più che il maestro, e con il cinema. Una piccola lezione e alcuni aneddoti che hanno arricchito una bella presentazione.
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