“Strattonava i nostri figli”, a Varese a processo la maestra della classe ribelle
Il processo partito per giudicare l’operato di un’insegnante delle scuole elementari giudicata eccessiva nei comportamenti. Ma un gruppo di genitori firmò un documento che ne sosteneva l’operato
Da una parte quattro famiglie che hanno denunciato l’insegnante delle elementari e si sono costituite parte civile in un filone di indagini partite per il reato di “maltrattamenti“ – su cui si sono innestate intercettazioni ambientali a scuola – per poi defluire nell’accusa meno grave di “abuso dei mezzi di correzione e disciplina”.
Dall’altra una maestra che si difende dalle accuse, sostenuta da altri genitori che avevano addirittura firmato un documento in cui si chiedeva che non venisse spostata perché brava, e in grado di tenere a bada gli elementi più turbolenti. La docente rimanda al mittente le imputazioni e anzi, attraverso il suo avvocato Gianmarco Beraldo, ha affrontato un processo in corso a Varese scartando ipotesi procedurali molto meno afflittive in caso di condanna a partire dal rito abbreviato, o che meno esporrebbero l’imputata alla pubblicità del processo, come il patteggiamento. Invece proprio in questi giorni in aula a Varese sfilano dinanzi al giudice (Luciano Luccarelli) i testimoni della difesa.
Prima però un salto indietro: quanto viene contestato all’insegnante riguarda il comportamento che avrebbe assunto dinanzi agli studenti di una scuola elementare nella frazioncina di un centro di piccole dimensioni in provincia di Varese (che non citiamo visto che le parti offese dal reato sono tuttora minori e rischieremmo di turbarne la crescita): bambini che di fronte ai genitori parlavano di comportamenti o gesti violenti della maestra nei loro confronti.
Vengono attivate le indagini, e le annualità contestate riguardano gli anni scolastici 2015,16, e 17, con tanto di registrazioni video a cui il pubblico ministero Davide Toscani ha fatto riferimento nell’escussione di mercoledì quando in aula sono state ascoltate alcune madri dei bimbi che frequentavano quelle classi, in particolare a partire dal terzo anno della primaria. Nei video frutto di riprese ambientali eseguite dalla polizia giudiziaria in mano alle parti ma che non sono stati visionati in aula, (video relativi non a tutte le annualità contestate in riferimento al lavoro dell’insegnante) figurerebbero degli episodi di strattonamenti alle braccia subiti da alcuni bambini.
Inoltre quanto viene contestato alla maestra riguarda alcune espressioni giudicate dall’accusa appunto come un abuso di strumenti di insegnamento, frasi come «siete una classe di cretini» e via dicendo, tutti elementi elencati nel controinterrogatorio anche dall’avvocato di parte civile Romana Perin. Una storia che fino a questo punto somiglia alle tante che si sentono in giro per i tribunali: sospetti, indagine, processo e poi il grande bivio che va verso la condanna in primo grado, o prende la strada dell’assoluzione. È questo naturalmente a cui punta la difesa. La peculiarità di questa storia, passa anche per una lettera firmata dai genitori di numerosi studenti che una volta appreso degli esposti in corso da parte dei 4 genitori hanno chiesto a gran voce che l’insegnante non venisse spostata. Ad ascoltare le mamme che hanno parlato in aula, non solo la maestra non ebbe alcun attrito coi loro figli, ma veniva – e viene – descritta come una professionista seria, e in grado di «tenere» una classe.
Una quarta elementare dove «mia figlia è stata minacciata da un compagno di classe che le aveva detto che il giorno successivo avrebbe portato a scuola un coltellino svizzero per tagliare la gola a lei e alla sua amica, così avrebbero sagginato entrambe. Cosa che naturalmente non è successa, ma che ci ha fatto molto preoccupare», ha spiegato in aula una delle mamme. Oppure dove i ragazzini avevano un atteggiamento pesante nel giocare: «Mio figlio», ha raccontato un’altra mamma «mi aveva detto che alcuni amici e compagni di classe si divertivano a lanciarsi contro il muro, e che la maestra per punizione li separava dagli altri e li metteva in una sedia vicina alla cattedra». Nel processo, testimonianze di bambini legate a quanto succedeva in quella classe, non ce ne sono.
«L’ideale sarebbe stato aver sentito nel corso delle indagini, in audizione protetta gli stessi scolari, ma questo non è avvenuto», ha spiegato il difensore avvocato Beraldo. «Inoltre», spiega il difensore, «quei filmati andranno valutati non alla luce del semplice episodio contestato, bensì in maniera integrale rispetto alla totalità di quanto ripreso dalle telecamere».
Un passaggio che accomuna richieste di altri processi molto simili che vedono i difensori proporre, come in questo caso, una lettura “complessiva“ dei fatti, senza isolare gli episodi specifici. Ora i prossimi passaggi sono due: alla prossima udienza a novembre parlerà l’insegnante. Non si esclude sul piano procedurale che potranno venir ammessi in extremis altri elementi probatori prima della chiusura del dibattimento, come quelle integrazioni testimoniali da parte degli stessi ex studenti di quella scuola, oggi alle Superiori, sebbene siano già passati molti anni da quando partirono le indagini.
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