Due varesini alla Parigi-Brest-Parigi: pedaleranno per 1200 km in novanta ore
È l'incredibile sfida della randonnée che si corre una volta ogni quattro anni, dalla capitale francese all'Atlantico e ritorno in 90 ore al massimo. Il racconto di due amici di Varese che saranno al via il 20 agosto
Da Parigi all’Atlantico e ritorno, in bici: 1200 chilometri da completare in massimo quattro giorni. Anzi meno: al massimo 90 ore.
È la incredibile sfida della mitologica Parigi-Brest-Parigi, una gara ciclistica che si corre una volta ogni quattro anni. Alla partenza, al 20 agosto, ci saranno anche Emanuele Pizzato e Matteo Pegoraro, di Varese, avvocati ed «amanti della bici e del viaggio».
Una gara tutta particolare, la Parigi-Brest-Parigi, che appartiene alla categoria delle randonnée: si corre sfidando se stessi, per completare il percorso entro il numero massimo di ore previsto. In questo caso, appunto, 90 ore complessive. «Che sono veramente poche. Perché in quelle novanta ore si deve pedalare, ma anche mangiare e dormire» racconta Emanuele Pizzato.
«La Parigi-Brest-Parigi nasce nel 1891, si correva allora ogni dieci anni. Era riservata allora ai professionisti, nel 1901 venne vinta da Maurice Garin, allora italiano». Garin, valdostano di Arvier emigrato in Francia da ragazzino, divenne subito dopo cittadino francese e per questo nell’albo d’oro del Tour de France appare la bandiera francese di fianco al suo nome, come vincitore della prima edizione (1903) della Grand boucle.
Erano anni di ciclismo eroico, in cui si correva con bici da venti chili, senza cambi, su strade fangose o dissestate, punteggiate dai chiodi che si staccavano dalle suole dei contadini. Si correva da soli, senza squadra, i distacchi erano non di secondi, come nel ciclismo di oggi, ma di ore. Spesso le corse erano lunghissime (come la Milano-Bologna, per fare un esempio italiano), ma la Parigi-Brest-Parigi era un record, non per niente – appunto – si correva ogni dieci anni.
Quattro “brevetti” e 1500 km solo per iscriversi
Ecco perché questa corsa da 1200 km, che si corre ogni quattro anni (dal 1951 è riservata agli amatori), è diventata un mito: è un fossile della preistoria del ciclismo, una fatica sovrumana.
Gli iscritti sono migliaia. «È detta “l’olimpiadi delle randonnée” perché si corre per nazionali, qualificandosi nel proprio Paese» continua Pizzato. Particolare è anche il requisito per iscriversi: si deve infatti completare nell’anno precedente ben quattro prove su lunga distanza, quattro “brevetti”, con lunghezza crescente. «Noi abbiamo fatto il brevetto da duecento km a febbraio a Parabiago, poi la 300 km a marzo ad Albenga, ad aprile la 600 km, magnifica, da Firenze e Grosseto, attraversando tutta la Maremma. Poi i 400 km a maggio». Prima della Parigi-Brest-Parigi avevano preventivato anche di fare una “prova” su un’altra randonnée da 1200 km, la Transalp da Verona a Linz e Lubiana, ma il tentativo si è infranto per un grave guasto meccanico occorso a uno del gruppo con cui pedalavano i due.
Da Parigi a Brest e ritorno: una sfida in autonomia
I guasti meccanici sono un’altra incognita: perché la pe-be-pe (P-B-P come lo pronunciano i francesi) si corre in autonomia, senza una rete di assistenza organizzata, senza “ammiraglie”. Ci sono appositi punti-tappa con tendoni per dormire, ma spesso gli iscritti si organizzano con alloggi privati: «La gestione del sonno è difficile: non è il pedalare la notte, ma sapere dove e quando dormire. Noi partiremo sabato alle 19, quindi pedaleremo subito di notte. Al km 380 abbiamo preso una stanza, arriveremo a metà di domenica: il periodo di riposo che si calcola è al massimo di tre ore».
Arrivati a Brest sull’Atlantico (km 600) riprenderanno la via del ritorno: «Abbiamo previsto di fare sosta per riposo nello stesso punto sulla via del ritorno, quindi al km 800. E in mezzo preventiviamo un’altra sosta».
I “tifosi” lungo 1200 km
È difficile immaginare l’atmosfera che regna alla PBP: ogni paesino di campagna lungo il percorso attende i ciclisti, giorno e notte, prima nel viaggio di andata, poi nel viaggio di ritorno. Chi è ancora diretto a Brest, a un certo punto inizia ad avvistare chi sta già pedalando verso Parigi, oltre il “giro di boa” dei 600 km. Di notte un lunga fila di luci si snoda lungo le strade che fanno su e giù dalle colline (il percorso non ha grandi asperità, ma è avaro di pianura). A volte nei campi si avvista chi -travolto dalla fatica – si mette a dormire sull’erba.
Una bella scommessa anche per Pizzato e Pegoraro, pronti a mettersi alla prova con questa prova estrema e insieme così poetica, lontana dal ciclismo moderno e dalla competizione sul filo dei secondi. Stupisce scoprire che non sono degli specialisti, anzi: «A me piace viaggiare in bicicletta. Lo scorso anno, mentre ero sul Galibier, un ragazzo milanese mi ha spiegato cos’erano le randonnée. E la Parigi-Brest-Parigi mi ha conquistato».
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