Generazioni in bilico: la sfida dell’inclusione giovanile per il futuro dell’Italia

Secondo il rapporto annuale dell'Istat la condizione dei giovani è una vera emergenza che va affrontata con investimenti soprattutto nell'istruzione. “Ciò che migliora la capacità di essere e fare dei giovani aumenta in prospettiva il benessere di tutti”

Giovani e cartelli colorati nel corteo di Fridays for Future a Varese

Nella rubrica “Questione di dati di questo mese vogliamo focalizzarci sui giovani e sulla loro partecipazione alla vita economica e sociale nel nostro Paese. L’Italia ha diverse urgenze da affrontare al giorno d’oggi, ma forse quella più rilevante riguarda le giovani generazioni. Siamo tutti d’accordo, infatti, nell’affermare quanto sia importante che i giovani partecipino attivamente e con vivacità alla vita sociale ed economica di un Paese, per favorirne uno sviluppo sostenibile ed inclusivo ed anche per garantire un sistema di welfare equilibrato.

GIOVANI SEMPRE PIÙ VULNERABILI
L’Italia, tuttavia, si trova di fronte a nuove generazioni sempre più vulnerabili: da un lato, per la persistente bassa natalità, che sta rendendo i giovani una risorsa sempre più scarsa; dall’altro lato, per la bassa partecipazione giovanile al mondo della formazione e del lavoro.
Anche l’Istat nel suo ultimo Rapporto Annuale, presentato lo scorso 7 luglio a Montecitorio, ha voluto mettere al centro delle sue analisi le generazioni più giovani. Tutti gli anni, infatti, l’Istituto Nazionale di Statistica fornisce alle istituzioni e alla società civile una fotografia della situazione del Paese, raccontandone le principali trasformazioni demografiche, sociali, economiche ed ambientali. È significativo, quindi, che il prestigioso istituto di via Balbo a Roma quest’anno abbia dedicato un focus proprio alle vulnerabilità dei giovani, volendone così sottolineare l’urgenza.

DEPRIVAZIONE DEI FATTORI CHIAVE DEL BENESSERE
L’Istat denuncia, infatti, che nel 2022 quasi un giovane su due (il 47,7 per cento) dei 18-34enni mostra almeno un segnale di deprivazione in uno dei fattori chiave del benessere (istruzione e lavoro, coesione sociale, salute, benessere soggettivo). La fascia d’età 25-34 anni è quella che presenta livelli di deprivazione più alti, mostrando quanto sia difficoltoso iniziare la fase di vita adulta e, dunque, entrare nel mondo del lavoro ed uscire dalla famiglia di origine per crearne una nuova.
È particolarmente preoccupante, inoltre, che nel 2022 circa il 19 per cento (quasi 1,7 milioni) dei giovani tra i 15 e i 29 anni in Italia non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione (i cosiddetti Neet, acronimo inglese di Not in employment, education or training). Il tasso italiano di Neet è di oltre 7 punti percentuali superiore alla media europea (11,7 per cento) e secondo solo alla Romania.

LA DISOCCUPAZIONE
Questo si accompagna ad un elevato tasso di disoccupazione giovanile pari al 18 per cento, quasi 7 punti superiore alla media europea. Il fenomeno dei Neet interessa di più le ragazze (20,5 per cento) rispetto ai maschi (17,7 per cento) e la fascia d’età tra i 25 e i 29 anni (uno su quattro è Neet). Le differenze territoriali sono molto elevate: nel Mezzogiorno la quota di Neet arriva al 27,9 per cento, al Centro è pari a 15,3 per cento, mentre nel Nord- est e Nord-ovest si attesta rispettivamente al 12,5 per cento e al 14,2 per cento.

UN PAESE IMMOBILE
Indubbiamente la scarsa mobilità sociale che da sempre caratterizza il nostro Paese non aiuta i giovani: l’Istat ci rivela, infatti, che quasi un terzo degli adulti in età 25-49 anni, che oggi è a rischio di povertà, quando aveva 14 anni viveva in famiglie con condizioni finanziarie molto critiche. L’Italia è dunque sul podio dei paesi europei più immobili in questo senso, ossia con i più elevati livelli di “trappola intergenerazionale della povertà”. Solo Romania e Bulgaria fanno peggio di noi.

COME INVERTIRE LA ROTTA
Come è possibile allora invertire la rotta a favore dei nostri giovani? L’istruzione ha sicuramente un ruolo centrale nel favorire la partecipazione al mercato del lavoro e ridurre così le disuguaglianze di opportunità che penalizzano le nuove generazioni. Nel 2022, infatti, il tasso di occupazione dei laureati di età 25-64 anni è di 30 punti superiore a quello di chi conseguito al massimo la licenza media (83,4 per cento contro 53,5 per cento) e di 11 punti rispetto a quello dei diplomati (72,4 per cento). Ciò significa che la laurea offre decisamente maggiori chance di occupabilità, ed è dunque sull’aumento del livello di istruzione (ma pur sempre di qualità!) che il nostro Paese deve investire. È dunque essenziale mettere le nuove generazioni in grado di affrontare con fiducia ed ottimismo la nostra società in continuo cambiamento, garantendo loro le giuste opportunità educative, formative e lavorative.

GLI INCENTIVI
Il cosiddetto “bonus giovani Neet”, introdotto nel recente decreto Lavoro, sembrerebbe muoversi proprio in questa direzione, incentivando le aziende ad assumere i giovani Neet con meno di 30 anni. Così come è importante favorire il più possibile l’imprenditoria giovanile, che valorizza lo spirito di iniziativa e la capacità d’innovazione tipiche delle nuove generazioni. I giovani rappresentano una risorsa fondamentale per progettare il futuro e per la crescita del Paese, risorsa che andrebbe maggiormente valorizzata, fin dalla prima infanzia. Come suggerisce l’Istat nel suo ultimo Rapporto Annuale, infatti, “ciò che migliora la capacità di essere e fare dei giovani aumenta in prospettiva il benessere di tutti”.

QUESTIONE DI DATI

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Pubblicato il 04 Agosto 2023
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