La leggenda del Lago Maggiore basso “perchè gli svizzeri non aprono le dighe”

Ogni volta che si vede il Lago Maggiore scendere si dà la colpa alla gestione delle acque e delle dighe in Svizzera. In questo articolo proviamo a capire quanto sia vero

diga malvaglia

Ogni volta che il livello del Lago Maggiore si abbassa, passeggiando sulle sue rive o sedendosi ad un bar si può facilmente sentire di chi è la colpa: “Sono gli svizzeri che non aprono le loro dighe“. Ma questa leggenda è vera? Per rispondere bisogna andare per gradi.

Come arriva l’acqua nel Lago Maggiore

L’acqua che entra nel Verbano arriva da un vasto territorio tra Lombardia, Piemonte e Canton Ticino. In termini tecnici viene definito “bacino imbrifero” e si estende su una superficie di circa 6.600 chilometri quadrati, di cui il 51% su territorio svizzero e il 49% su quello italiano. L’acqua viene raccolta principalmente attraverso i fiumi Toce e Ticino, oltre che dal Lago di Lugano che si getta nel Verbano attraverso la Tresa.

L’acqua che entra viene poi regolata in uscita a Sesto Calende dalla diga della Miorina che gestisce contemporaneamente il livello del Lago Maggiore e il flusso nel Ticino. Lo sbarramento può lavorare da un minimo di 50 centimetri sotto lo zero idrometrico fino ad un massimo che varia in base alla stagione. L’acqua che quindi è disponibile per la regolazione oscilla da un massimo di 420 milioni di metri cubi in inverno ai 315 milioni di metri cubi determinati dalla regolazione estiva che fissa il livello massimo a 135 centimetri sullo zero. È in questo range che si calcola la riserva idrica disponibile nel bacino ma a tutto questo bisogna aggiungere un aiuto: quello delle dighe.

Dighe e invasi sul Lago Maggiore

A monte del Lago Maggiore nell’ultimo secolo è stato realizzato un vasto reticolo di dighe. Sbarramenti che servono per la creazione di energia idroelettrica ma che parallelamente permettono di trattenere oltre 600 milioni di metri cubi d’acqua. Ed è da qui che si può iniziare a rispondere alla domanda iniziale, andando ad analizzare la loro disposizione. In questo calcolo la parte lombarda è trascurabile dal momento che mette sul piatto sostanzialmente solo la diga di Creva a Luino (che sfrutta un salto di 30 metri e trattiene pochissima acqua) e quella del Lago Delio che ha sì un invaso da 10 milioni di metri cubi ma che si basa -attraverso la centrale di Roncovalgrande– su un sistema di pompaggio e caduta di acqua dallo stesso Lago Maggiore.

Il Lago Delio e la diga
La diga del Lago Delio

Cambiando sponda i valori iniziano a salire. Il Piemonte può contare in tutto il bacino del fiume Toce 17 invasi principali che complessivamente possono trattenere fino a 180 milioni di metri cubi. Ma è proprio in Svizzera che c’è la maggior parte di questo tesoretto d’acqua. Il Canton Ticino conta infatti ben 45 impianti idroelettrici che con i rispettivi serbatoi cubano fino a 450 milioni di metri cubi (nella foto di apertura dell’articolo la diga della Val Malvaglia).

A conti fatti quindi è vero che gli svizzeri hanno a disposizione circa il 70% delle acque nelle dighe ma è altrettanto vero che negli anni hanno costruito quasi tre volte la quantità di quelle presenti dal nostro lato del confine. Facendo una semplice media -ipotizzando cioè che tutti le dighe abbiano la stessa capacità- la quantità di acqua che ogni sbarramento contiene è più o meno la stessa sia in Italia che in Svizzera, solo che loro ne hanno di più. Molte di più.

La regolazione delle dighe

C’è poi un ultimo -ma non trascurabile- elemento: la gestione delle dighe. Questi sbarramenti sono costruiti e gestiti da società energetiche che attraverso l’acqua producono e vendono corrente elettrica. Chiedere (o pretendere) di sfogare il tesoretto contenuto dietro il cemento armato per riequilibrare il livello del lago e consentire di erogare più acqua agli agricoltori in pianura non è così facile né scontato. La prova di questo risale al 2022 quando -nel pieno della siccità che ha messo in ginocchio tutto il settore agricolo- in Lombardia c’è voluto un lungo braccio di ferro e l’intervento della politica per convincere gli operatori delle centrali a rilasciare più acqua. Una decisione non scontata -anche perchè è bene ricordare che i produttori di energia elettrica svolgono un importante servizio pubblico- e che si inserisce in una guerra sempre più accesa, come quella che ha visto recentemente scontrarsi gli interessi degli agricoltori e quelli del settore turistico.

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Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 17 Agosto 2023
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