Lo sfogo del presidente degli infermieri di Varese: “Stanchi, delusi e arrabbiati per le politiche sulla sanità”
In un post la delusione e l'amarezza di Aurelio Filippini, presidente dell'Opi, di fronte alla mancanza di investimenti nel settore della sanità pubblica
Lo sfogo sui social di un infermiere e più precisamente del presidente dell’Ordine professionale degli infermieri di Varese Aurelio Filippini, è lo spunto per riaccendere un faro su una categoria che fino a poco tempo fa veniva celebrata con attestati di stima ai massimi livelli, murales che ne esaltavano l’indefesso impegno per la professione e per la salute di tutti mentre infuriava la pandemia ma che oggi sembra essere tornata nei ranghi delle professioni sottopagate e vessate da turni di lavoro massacranti.
Così scrive Filippini: «Ogni giorno, tutti i giorni, infermieri, medici e gli altri professionisti della salute rispondono ai bisogni dei cittadini. Ogni giorno, tutti i giorni, medici e infermieri assistono e curano i cittadini che hanno bisogno di loro e della sanità. Ogni giorno infermieri e medici mettono la faccia, le mani, il cuore e la scienza per tutelare la salute delle persone così come dice la nostra costituzione. Ogni giorno infermieri e medici mettono la faccia, le mani, il cuore e la scienza per coprire le carenze che le scelte di una politica non attenta alla sanità sta portando avanti».
Il presidente dell’Opi prosegue e conclude sul punto cruciale: «Se ci chiedete perché ancora lo facciamo vi rispondiamo che crediamo nella nostra professione: perché in quel letto, in quell’ambulanza, in quella casa, in quell’ambulatorio, in quella sala operatoria c’è qualcuno che ha bisogno, che ha bisogno di noi. Se ci chiedete se siamo stanchi, delusi e arrabbiati la risposta è sì! Non investire sui professionisti della salute vuol dire disinvestire sulla sanità e sulla salute».
In tanti stanno condividendo le sue parole su Facebook e tanta è la frustrazione che emerge dai commenti, come quello di Alessandra: «Ho sempre amato la mia professione ma ultimamente mi sono resa conto di non essere altro che un numero di matricola per l’ospedale ed una “unità infermieristica” per la politica. Non sono né persona degna di rispetto, né una professionista degna di riconoscimento. Questo lavoro incide pesantemente sulla vita privata visti i continui cambi turno, salti riposo ecc. Come se dovessimo vivere per l’ospedale: sempre al servzio. Il nostro salario poi, è come quello di un qualsiasi altro lavoratore ma con molte responsabilità in più e i nostri eventuali errori (e per fortuna anche i nostri sacrifici) si riflettono sulla pelle di altre persone. Quindi chi ce lo fa fare?! Secondo me la risposta è poco poetica ma facilmente deducibile dalle persone pragmatiche».
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Sfogo giustificato e comprensibile. Ma questa è la (deriva della) Sanità lombarda, pervicacemente voluta dai lombardi che da decenni votano gli stessi partiti… Pacifico che il futuro sarà ancor più plumbeo per i “pazienti” lombardi (mentre le “accreditate” festeggiano per i profitti). E il cerchio si chiude.