Mauro Colombo: “È il momento di unire e cancellare i confini”
Il direttore del Gruppo Confartigianato interviene a proposito dell'unione con Pavia e Lomellina: "È il momento di superare vincoli territoriali che per gli imprenditori sono sempre meno significativi"
Anni fa si mettevano in discussione i corpi intermedi e l’economia non era esente da questo dibattito. Sembrava che realtà come le associazioni di categoria non avessero più senso di esistere. Una risposta chiara e diretta arriva da Mauro Colombo, direttore di Confartigianato, amministratore delegato di Artser e numero uno del Gruppo Confartigianato che, tra le altre, ha in pancia la società di consulenza Sml Service Consulting con sede a Milano. C’è un idea di sviluppo e una visione che superi gli stretti confini territoriali nell’opera di Colombo. Le associazioni di categoria «hanno peso per ciò che fanno concretamente ogni giorno».
Lei è alla guida di una società che da oggi si estende, da Varese alla Lombardia Nord Ovest, con Lomellina e Pavia: che significa e che obiettivo si prefigge?
Nei giorni scorsi abbiamo formalizzato la convergenza delle società di servizio di Confartigianato Pavia in Artser. Si tratta del secondo passaggio analogo in pochi anni. Ricordo, infatti, l’identica operazione condotta con la società di servizi di Confartigianato Lomellina. Abbiamo poi Sml, con la sua collocazione strategica a Milano. È inevitabile, stando così le cose, ragionare in un’ottica allargata e pensare ai nostri servizi come ad un’opportunità per tutte le aziende della Lombardia Nord Ovest. E non solo.
Molte delle nostre aziende intrattengono rapporti con il mondo attraverso mercati che sono sempre meno localistici. Perché mai non dovremmo mutuare questa strategia vincente? Non le sembra arrivato il momento di superare vincoli territoriali che per gli imprenditori sono sempre meno significativi? Non possiamo chiedere alle imprese di guardare oltre i confini nazionali e, al contempo, essere i primi che si guardano alle spalle. Può essere scomodo superare i limiti provinciali, ma è l’unico modo per essere competitivi e per poter essere all’altezza delle richieste che ci arrivano dalle aziende. Siamo un’associazione di categoria ma anche un’azienda e, come tale, dobbiamo stare sul mercato esattamente come le altre.
Nell’era digitale che viviamo la dimensione territoriale cambia molto. Voi da tempo siete attenti a questo e protagonisti. Come sta evolvendo questa condizione?
Il Gruppo Confartigianato Artser ha attivato una sorta di sede virtuale attraverso la quale entrare in collegamento diretto con operatori e consulenti e, soprattutto, grazie alla quale favorire l’interscambio di documentazione tra azienda e professionista di riferimento. Si tratta di un primo passo, continueremo a spingere in questa direzione, implementando di mese in mese i servizi digitali assicurati ai nostri clienti. Le rivolgo quindi una domanda: che confini può mai avere una sede virtuale? Potenzialmente, nel lungo termine, nessuno.
Qualche anno fa, in un convegno organizzato a Malpensa, si era parlato di reti e interscambio di competenze e know how, profilando già una visione sovra provinciale: il concetto di società di servizi che ricalca il perimetro dell’associazione di categoria (in questo caso, Confartigianato Varese, Pavia e Lomellina), è da considerarsi finito?
Non lasciamoci guidare dai limiti, finirebbero per portarci sempre alla casella di partenza, e non è quello che ho in mente per il nostro Gruppo. Guardiamo oltre, pensiamo alle Imprese e al Territorio. Per “imprese” immaginiamoci realtà del manifatturiero, delle costruzioni e dei servizi impegnate a costruire un ponte sul futuro, attraverso le transizioni ecologica e digitale. Cosa c’è di limitante nel sostenere in questa evoluzione un’azienda di Pavia piuttosto che una della provincia di Milano o, ancora, di Reggio Emilia, Firenze o Palermo? Il discrimine non dipende dal limite territoriale, ma dalle competenze che siamo in grado di introdurre, e questa unione nasce proprio per far maturare nuove professionalità, per rispondere ai nuovi bisogni. È il principio dell’economia di sistema, che ben si sposa con quello che oggi il mercato chiede anche a noi società di servizio.
Prima di capire cosa chiede il mercato alle associazioni di categoria, torniamo al territorio: il termine è utilizzato al singolare, non contrasta con quanto detto sino a qui?
Io non concepisco, non l’ho mai fatto, un territorio entro i suoi limitanti confini provinciali. Il territorio è un’area omogenea sulla quale possiamo incidere con più forza uniti, come Confartigianato Varese, Lomellina e Pavia, piuttosto che divisi e arroccati nelle nostre comfort zone. Ciò non significa che distoglieremo lo sguardo da Varese, da Pavia o dalla Lomellina, ma affronteremo ogni tema anche locale in un’ottica di più ampio respiro in grado di restituire risposte magari più efficaci e meno scontate. Non possiamo avere paura della collaborazione e poi proporla alle aziende. Questo sì, davvero, sarebbe un “nonsense”.
Una società di servizi sempre più estesa e forte e tre associazioni di categoria che mantengono le proprie dimensioni e competenze: non verrà penalizzato il ruolo di sindacato delle imprese?
Rispondo con una domanda: quale deve essere oggi il ruolo delle associazioni di categoria? Io ho la convinzione che non possano disgiungersi dalle società di servizio né che debbano necessariamente ricalcare le modalità di intervento maturate nel corso degli ultimi settant’anni (penso in questo caso a Varese). Non è un caso che i profili social di Confartigianato Imprese Varese oggi siano denominati Confartigianato Imprese Territorio: rientra tutto nel percorso che passo dopo passo stiamo compiendo. Quella Confartigianato lì, la Confartigianato alla quale ci riferiamo, è una Confartigianato che trae forza e autorevolezza per ciò che è in grado di fare per le imprese non solo a livello di azione sindacale ma anche di interventi a supporto del bisogno degli imprenditori e delle loro aziende e di cultura aziendale. E questo lo si può fare al meglio solo quando le società di servizio sono forti, solide e composte da alte professionalità. Artser è questo e, attraverso i suoi 220 collaboratori, offre alle Confartigianato la forza di poter parlare con autorevolezza, di poter davvero affiancare le imprese, di poter dialogare ai più alti livelli istituzionali e di poter incidere sulle scelte di territori vasti.
Oggi, in effetti, ogni azione su un territorio ha una reazione su un altro, è innegabile: basti pensare al peso che ha Milano sull’area a Sud della nostra provincia…
Torniamo al concetto di reti e di interscambi, è normale che sia così in un mondo globalizzato, anche se ormai diviso in blocchi di potere sempre più difficili da scardinare. Le tre crisi degli anni Dieci, la pandemia del 2020, la guerra in atto, il problema delle materie prime, il costo delle commodities energetiche, sono temi che ci riguardano da vicino e che hanno influito pesantemente sulle aziende. Se non avessimo oltre settemila imprese associate dalle quali raccogliere i bisogni, saremmo un’associazione debole con una voce debole. Invece, con la forza della sinergia tra le nostre associazioni, la solidità di Artser e la peculiarità di Sms, abbiamo tante carte da giocare a favore delle imprese.
Avete rotto un tabù, questo lo sa?
Nessun tabù, non credo ai tabù. Abbiamo solo fatto ciò che riteniamo meglio per le nostre imprese. Niente ci guida più di questo obiettivo. Abbiamo trovato, dall’altra parte del tavolo, interlocutori che parlavano il nostro stesso linguaggio, che intendevano rafforzare la propria autorevolezza e presenza e, al contempo, assicurare alle proprie aziende il dinamismo e la completezza di servizi e consulenze offerte da Artser e, in parte, dal Sml: non abbiamo lanciato un guanto di sfida, abbiamo fatto quel che andava fatto, per onestà nei confronti dei nostri imprenditori.
Mauro Colombo, tante competenze ma anche tanto lavoro in più da fare: la struttura reggerà?
Reggerà perfettamente perché tutte le società di servizio hanno collaboratori dotati di competenze che, riunite, moltiplicano gli effetti a favore delle imprese. Anche qui: non c’è da aver paura di confrontarsi e scoprire che qualcosa fatta oggi la si possa fare meglio domani osservando l’esperienza altrui. Tutto fa parte di un percorso di crescita che i nostri collaboratori hanno colto e sposato. Noi andiamo avanti, i conti si faranno alla fine: inutile mettere oggi barriere alle prospettive future.
Quindi sta dicendo che non è finita qui?
Sto dicendo che il mondo non ha ancora finito di portare cambiamenti e noi dovremo essere pronti a gestirli.
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