Fosbury Architecture racconta la sua rivoluzione: “Cambiamo le regole dall’interno”
Claudia Mainardi del collettivo di Fosbury Architecture ha raccontato nell'ambito della rassegna Visionare il lavoro del suo gruppo che si ispira all'uomo che rivoluzionò il salto in alto cambiando approccio durante una gara
Fosbury Architecture è il collettivo di architetti più giovane a cui sia mai stato chiesto di allestire il Padiglione Italia alla biennale di Venezia e mercoledì sera una di loro, Claudia Mainardi, ha riempito Villa Panza in un nuovo incontro di Visionare, la rassegna organizzata dall’ordine degli Architetti di Varese. Una serata in cui Mainardi ha raccontato come lavora questo collettivo e la rivoluzione che sta portando avanti, ben rappresentata dal nome stesso del gruppo.
«Dick Fosbury era un atleta abbastanza mediocre, che però nel 1968 ha vinto la medaglia d’oro nel salto in alto cambiando le regole dall’interno. Ha infatti saltato per la prima volta di schiena e non di petto -racconta-. Per noi è una storia eccezionale perchè vediamo non tanto un inno all’innovazione ma una volontà e un tentativo di provare a rispondere a problematiche dall’interno, provando a vedere l’ostacolo da un diverso punto di vista e cambiando le regole».
Una cosa che il gruppo ha fatto anche in occasione dell’allestimento del Padiglione Italiano alla diciottesima Biennale di Architettura di Venezia 2023 dal titolo “Spaziale, ognuno appartiene agli altri”. «Abbiamo deciso di intendere lo spazio come un luogo fisico e simbolico, un’area geografica e una dimensione astratta, un sistema di riferimenti conosciuti e territorio delle possibilità. Quindi Padiglione Italia diventa un’occasione di progetto per tutti gli invitati, non una mostra enciclopedica con prodotti finiti ma piuttosto un tentativo per provare ad intervenire sul territorio mettendo in campo una fotografia di una generazione che prova ad attraversare la pratica quotidiana e ridefinire cosa vuol dire fare architettura oggi. Per questo abbiamo destinato i due terzi dei fondi per il progetto a realizzare o supportare processi in tutto il nel Paese, che rappresentano un’inedita fotografia della penisola che porta il Padiglione Italia oltre la biennale».
Un tentativo inedito che rivela anche il nuovo modo di lavorare delle nuove generazioni di architetti. «Spesso in architettura parliamo di giovani quando ci rivolgiamo ad architetti di 40 o 50 anni -commenta Fulvio Irace, curatore della rassegna-. L’importanza di avere tra noi dei giovani veri ci permette di aprire il concetto di visione del lavoro giovane in architettura per avviare uno spazio di attenzione su aspetti che sono meno frequentati dall’attenzione ma che invece deve far interrogare l’Ordine e i suoi iscritti su una dimensione etica, politica e rivolta al futuro».
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