Il gioco libero a rischio di estinzione nel tempo dei bambini sempre più organizzato
Nel gioco non strutturato i bambini imparano a relazionarsi e a valutare le conseguenze delle proprie azioni. Il bambino che non gioca è un adolescente a rischio
Foto di Mircea – All in collections da Pixabay
Mentre a scuola gli insegnanti programmano le lezioni per il nuovo anno scolastico, i genitori a casa organizzano le agende dei pomeriggi dei figli, incastrando attività sportive, corsi di musica, inglese o teatro. Succede così che il tempo dei bambini sia troppo strutturato, tanto che “per molti bimbi il gioco libero sta diventando un’attività a rischio di estinzione”.
Ad affermarlo è l’insegnante e psicomotricista varesina Sara Pauletto che negli ultimi giorni, sul profilo social del suo studio Nascere e crescere in armonia ha dedicato all’argomento diversi post.
Sempre di più il tempo del giocare liberamente, senza regole, viene scalzato da attività strutturate, lezioni ed esercizi. Questo vale sia per i pomeriggi, sia nel tempo della scuola: «La scolarizzazione è sempre più precoce e anche a scuola le lezioni sono spesso incentrate sull’aumentare la padronanza e le prestazioni, con la conseguenza che gli alunni restano seduti più a lungo e hanno sempre meno tempo per dedicarsi a giochi di costruzione, di finzione, del rincorrersi e del prendersi», scrive Pauletto.
A ciò si aggiungono svariati dispositivi elettronici come Tv, telefonini, videogiochi, tablet che sempre più affermano il proprio predominio nella vita e nella mente dei bambini.
IL VALORE INSOSTITUIBILE DEL GIOCO LIBERO
«Si è perso completamente il senso dell’equilibrio, non tenendo conto del fatto essenziale che l’attività ludica non strutturata è essenziale per uno sviluppo armonico – afferma Pauletto – I bambini hanno bisogno di essere bambini, di poter giocare senza uno scopo predeterminato, “semplicemente” per poter seguire la propria curiosità e fantasia, per poter costruire le proprie relazioni, per sperimentare la frustrazione, la collaborazione, la competizione, la complicità».
Il gioco libero consente inoltre di acquisire abilità cognitive, di migliorare le abilità connesse all’uso del linguaggio e alla risoluzione dei problemi e di sviluppare altre funzioni esecutive come la capacità di pianificare, di prevedere e prevenire conseguenze nonché di adattarsi a eventi inaspettati. Il solo atto di giocare in libertà funge da fattore protettivo per la regolazione delle emozioni.
IL GIOCO LIBERO A SCUOLA
«Come insegnante di scuola primaria, ogni giorno sono tenuta a riportare sul registro elettronico le attività che svolgo con i miei alunni. Non trascuro mai di dare importanza al momento del gioco non strutturato, che alterno fra un’attività “cognitiva” e l’altra – racconta Pauletto, docente di scuola primaria – Credere che grammatica, produzione dei testi, scrittura creativa, lettura e comprensione siano più importanti, a questa età, del gioco libero sarebbe un grosso errore».
attenzione a non confondere gioco libero e attività motoria in palestra: il gioco libero non è il gioco con regole date dall’adulto, ma è quello che si svolge in quei momenti e a quegli spazi, meglio ancora se all’aria aperta, in cui i bambini possono fare esperienza autonoma di relazioni e libertà.
Per spiegare il grande valore cognitivo del gioco libero, da praticare sia a scuola che nel tempo libero (davvero) a casa, Sara Pauletto cita ad esempio gli studi di Alberto Oliviero
[…] il gioco contribuisce allo sviluppo delle strutture nervose, in particolare della corteccia frontale, che è al centro della valutazione delle conseguenze del nostro operato, del rispetto delle regole e dei rudimenti etici, della solidarietà e dell’amicizia.
Quando il gioco viene ridotto forzatamente, si riduce anche lo sviluppo della corteccia frontale, il che comporta una riduzione delle competenze sociali e quindi anche della comprensione dell’altro. La nostra società, con il passar del tempo, ha sempre più potenziato la scuola, l’apprendimento, la pratica precoce degli sport: ma il gioco è tutt’altra cosa, ha le sue esigenze, ha bisogno di spazi, di libertà, di regole diverse rispetto a quelle degli adulti.
Giocando i bambini imparano le regole di gruppo, si rendono conto della concretezza delle proprie azioni, del male che possono provocare con alcuni eccessi, della diplomazia necessaria a riallacciare relazioni che si sono raffreddate, anche se per breve tempo.
Un bambino che non gioca con altri bambini è un bambino a rischio, o meglio, è un adolescente a rischio.
Da “Le età della mente” di Alberto Oliverio e Anna Oliverio Ferraris
«Giocare non è perder tempo, è imparare a conoscere le proprie potenzialità. Giocare è una cosa seria! – afferma Pauletto – Scegliamo con consapevolezza cosa proponiamo ai bimbi, dato che loro non possono fare altro che adattarsi».
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