Il Pd a congresso, Fisco: “I militanti devono poter ritrovare il sogno di cambiare il mondo”
Fisco domenica, nei circoli del Pd, “sfida” Alice Bernardoni per l’incarico al vertice della macchina organizzativa provinciale

«Le persone oggi non riconoscono più i partiti come strumento per cambiare le cose. Si è persa quell’idea di sogno che dobbiamo ricostruire. Bisogna entrare in un partito con l’ambizione di cambiare il mondo». Giacomo Fisco ha 28 anni, è giovanissimo secondo i canoni della politica italiana ma ha un decennio di militanza alle spalle.
È Capogruppo in consiglio comunale a Varese, è stato consigliere provinciale, ha guidato e militato nei Giovani Democratici ed è proprio da quell’esperienza che sboccia la candidatura che lo vedrà sfidarsi con Alice Bernardoni alle elezioni congressuali di domenica 1 ottobre.
Siamo agli sgoccioli di questo confronto interno, come risponde la comunità Pd?
In queste settimane abbiamo girato tantissimo la provincia da cima a fondo, da Luino a Caronno Pertusella, e abbiamo riscoperto un partito radicato ma allo stesso tempo disomogeneo come del resto lo sono le esigenze dei singoli territori. Un partito che resiste nonostante tutto, che supera le difficoltà grazie a iscritti e segretari che resistono.
Nella vostra relazione non avete risparmiato critiche alla recente situazione del partito, in cosa proponete un forte cambio di passo?
Il tema di questi anni, detto comunque che c’è stata la parentesi del Covid che ha bloccato molte occasioni di aggregazione, è stata la mancanza di una proposta politica del territorio. Questa è stata delegata ai nostri rappresentanti istituzionali ma io sono convinto che debba essere costruita dal partito sul territorio, dai circoli, dagli iscritti. Noi vogliamo riportare l’entusiasmo in questa fase politica, dimostrare che si possono fare proposte politiche che interessano e coinvolgono le persone. I temi e i bisogni ci sono, penso la tema del lavoro, penso ai 6 mila lavoratori del comparto di Malpensa con stipendi da fame, penso alla sanità che non funziona. Noi ci dobbiamo essere.
La percezione del Pd è spesso quella di un partito diviso tra correnti e dissidi interni, che ripercussioni ha questo a Varese?
Le divisioni nazionali sul nostro territorio non hanno un effetto significativo. Io, ad esempio, ho sostenuto la mozione Bonaccini all’ultimo congresso e Anna Zambon, la persona che in caso di vittoria sarà vicesegretaria, ha sostenuto Schlein. L’unità del partito deve essere la priorità.
È contento della nuova segreteria Schlein?
Credo sia presto per dare una valutazione complessiva. Il nostro è un partito complicato che richiede i suoi tempi. Oggi lo sforzo è quello di compattare l’opposizione, si veda ad esempio sul salario minimo, e va bene. Abbiamo comunque delle difficoltà, l’errore primario è sempre quello che chi perde chiude baracca e burattini e se ne va, ed è la cosa peggiore che si possa fare. Dobbiamo imparare che anche le sconfitte servono se ognuno poi ci mette il suo e lavora.
La sua candidatura è arrivata dalla sezione giovanile del partito, che ambizione ha?
È importante dire che la mia candidatura parte dal gruppo dei giovani ma non è una candidatura generazionale. Abbiamo messo insieme una squadra che si distingue per competenze, ci tengo a dire che la fase della rottamazione nel nostro partito l’abbiamo chiusa e non ci deve più essere. Abbiamo agito per dare un contributo. Non abbiamo chiesto il permesso a nessuno per farlo: crediamo semplicemente di poter essere utili.
Con quale valore aggiunto?
Vede, oggi le persone oggi non riconoscono più il partito come lo strumento per cambiare le cose. Si è persa l’idea di sogno che stava alla base di quell’impegno. Ma le persone non è vero che non partecipano, semplicemente hanno trovato altre formule per farlo. Questo deve fare il partito: va ricomposta la rete che si è persa con le altre realtà del territorio, il Pd non è stato più punto di riferimento per sindacati, associazioni, movimenti e dobbiamo invece tornare ad esserne il perno. Noi proponiamo campagne di adesione su singoli temi che dovranno scegliere gli iscritti. Aggregando energie attorno a quelli che sono i bisogni delle persone torniamo ad essere credibili senza perdere nessuno.
Come conta di far partecipare i giovani?
È importante non lasciare indietro realtà che possono darci una grossa mano nell’elaborazione di una proposta politica. Penso alle realtà organizzate esterne al partito ma anche alle categorie come quella dei giovani. L’ho visto nell’esperienza di “Ghe Sem”, la realtà di volontari che ha dato una mano all’hub vaccinale alla Schiranna. Non è vero che i giovani pensano solo agli aperitivi, quando hanno avuto l’occasione di dare una mano lo hanno fatto in modo straordinario. Vanno intercettati.
Che cosa va assolutamente cambiato nel Pd provinciale?
La comunicazione. O meglio, la sua assenza. Oggi il Pd non c’è sulla “piazza digitale” e invece abbiamo un grande bisogno di tornare a comunicare le nostre politiche. Chiaramente la comunicazione deve andare di pari passo all’elaborazione di contenuti e proposte politiche.
Se eletto, cosa si aspetta come sfida più difficile?
So che saranno tante, a partire dall’anno prossimo con una tornata elettorale da più di 80 comuni e fino ai rinnovi delle città: a Varese con il “dopo Galimberti” e Busto e Gallarate da strappare alla destra. Io ho intenzione non solo di nominare un responsabile enti locali ma un vero e proprio piccolo dipartimento per coordinare tutte le sfide elettorali. Il tema vero, però, sarà ricostruire quel percorso di proposta politica che ci permetta di parlare con le persone e i loro veri bisogni.
Cosa succede il giorno dopo il congresso?
A prescindere da come vada il congresso bisogna lavorare insieme. Le divisioni sul territorio non hanno senso, si deve lavorare tutto insieme dal 2 ottobre. C’è la mia disponibilità a lavorare con l’altra squadra che vinca o che perda.
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