La Cgil di Varese attacca il Governo: “Riforma del reddito di cittadinanza, disastro annunciato”
Per Antonio Lenzi della Funzione pubblica Cgil "il Governo sta attuando una politica cinica nei confronti delle persone più fragili utilizzando scorciatoie propagandistiche invece di dotare il servizio pubblico di risposte e strumenti adeguati"
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La Cgil di Varese punta il dito contro il Governo Meloni sulla riforma del Reddito di Cittadinanza.
“Dopo una campagna mediatica andata avanti dal 2019, il Governo Meloni, come promesso in campagna elettorale, ha riformato il reddito di cittadinanza – scrive la FP Cgil in una nota diffusa oggi – Il Governo, in maniera arbitraria, ha deciso di dividere la platea dei beneficiari in due platee: chi ha nel proprio nucleo familiare un minore, un over 60 o un disabile al 67%, potrà continuare a fruire del sussidio fino alla fine del 2023 e, nel 2024, chiedere l’Assegno d’inclusione (un qualcosa di molto simile al RdC ma prevedendo percorsi con gli assistenti sociali); chi, invece, non possiede questi requisiti, si è visto recapitare dall’Inps un sms che comunicava la sospensione del beneficio. A settembre per queste persone è possibile richiedere il Supporto per la formazione e il lavoro, un’indennità di 350 euro se si frequentano dei corsi di formazione. Inoltre il Governo ha abbassato la soglia Isee per chiedere l’indennità a 6000 euro (invece dei 9360 del RdC) e ha messo a punto una complicata piattaforma informatica chiamata SIISL che dovrebbe aiutare gli ex beneficiari del Reddito di cittadinanza a trovare una nuova occupazione”.
«Tutti i dati, dall’Inps all’Istat, hanno dimostrato che la platea del Reddito di cittadinanza è composta principalmente da persone con la licenza media, competenze digitali estremamente basse e lontananza dal mondo del lavoro da più di 3 anni – spiega Antonio Lenzi, della Cgil Varese – Si tratta, dunque, di persone che difficilmente potranno rientrare nel mondo del lavoro. Al danno si è aggiunta la beffa perché la nuova piattaforma SIISL lascia piuttosto a desiderare quanto ad accessibilità e fruibilità, per cui difficilmente i nuovi beneficiari riusciranno a sfruttarla e il Governo, in maniera incomprensibile, non ha abilitato i Centri per l’Impiego pubblici ad accedervi. Per cui una volta inviata la domanda o in prima persona o attraverso l’aiuto di un patronato, il cittadino è completamente solo. Chi aiuterà i richiedenti la nuova misura nel proprio percorso che, ricordiamolo, è previsto che ogni 90 giorni sia aggiornato nella piattaforma? Chi assisterà persone che a malapena conoscono cosa sia una mail e non hanno un computer a casa? Chi li supporterà nella scelta di un percorso formativo adatto?».
«Ad oggi – aggiunge Lenzi – non si può che registrare una politica del Governo cinica nei confronti delle persone più fragili della nostra società utilizzando scorciatoie propagandistiche invece di dotare il servizio pubblico delle risposte e strumenti che queste persone meritano di avere. È qualcosa che la FP CGIL chiede con forza da tempo. Solo con una Pubblica Amministrazione forte, competente e adeguatamente finanziata si può costruire l’architrave volta ad eliminare le tante diseguaglianze presenti nella nostra società».
«Continua la battaglia ideologica e culturale portata avanti dal Governo verso la popolazione in difficoltà, colpevolizzata per la propria condizione – dice Pino Pizzo della Segreteria Cgil Varese – Il reddito minimo per le persone in condizione di bisogno è una misura indispensabile di welfare universale che è presente in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Le misure che si stanno realizzando sono insufficienti per la sussistenza economica delle persone che ne hanno bisogno, impossibili da sostenere per il ginepraio di adempimenti digitali e mal supportata dal sistema delle politiche attive e della formazione. Si conferma, quindi, l’inaccettabile retorica della povertà come colpa individuale e non come responsabilità collettiva della società che l’ha generata e cui spetta il dovere di mettere in campo un’azione integrata di politiche pubbliche per rimuoverla».
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