Valerio Braschi, dalla vittoria di Masterchef al ristorante “pop” di Milano: “Importante seguire i sogni e affrontarli con responsabilità”
Il più giovane vincitore di Masterchef a 26 anni ha già due esperienze come titolare di ristorante, e punta alla stella Michelin. Sarà ospite al cinema Castellani di Azzate mercoledì 27 settembre
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A soli 26 anni (è nato nel 1997) è già un imprenditore di alto livello nella ristorazione, con alle spalle un’esperienza romana – il ristorante “1978” – che gli ha permesso di accumulare nei suoi quattro anni di vita menzioni dalla guida Michelin e da quella del Gambero Rosso. E gli ha dato l’occasione di essere nominato nel 2021 “Giovane chef dell’anno“, lanciandolo in una nuova avventura, quella attuale: condurre un “ristorante pop” a Milano, il “Vibe”, aperto da soli due mesi e già a pieno regime, con il sogno di arrivare alla prima stella Michelin.
Forte di questa capacità imprenditoriale il più giovane vincitore di Masterchef, Valerio Braschi (vinse il titolo nell’edizione numero 6 andata in onda nel 2017) sarà protagonista di un apericinema speciale al Castellani di Azzate, mercoledì 27 settembre a partire dalle 19. Il suo ruolo sarà quello di raccontare, ai giovani studenti che riempiranno il grande cinema teatro nell’ambito del progetto Smart “Insieme!” e del bando “Estate+” finanziati da Regione Lombardia, qual è il vero segreto del successo professionale raggiunto: che non è stato quello di vincere Masterchef.
Il piu giovane vincitore di Masterchef parla a ragazzi che hanno pochi anni meno di lui. Cosa ha pensato quando è stato invitato?
«Mi ha fatto molto piacere quando hanno pensato a me: gli argomenti che si affronteranno sono estremamente delicati, è un incontro molto importante. Per questo rinuncio ad andare al lavoro, ne vale la pena: i giovani quando arrivano al bivio tra scuola e lavoro si ritrovano in una situazione difficile. Si parla tanto della difficoltà degli studi, ma in realtà la parte più difficile è quel momento in cui gli studi sono conclusi e ci si trova davanti alla vita lavorativa. Quando ero a scuola io invidiavo chi lavorava, ma i “grandi” mi dicevano “Guarda che lavorare è molto peggio…” ora che ne ho la responsabilità non posso che confermare che è vero».
Quali sono gli insegnamenti che ha tratto dalle sue esperienze? Cosa vorrai testimoniare ai ragazzi?
«Innanzitutto affrontare le cose con la testa. Poi farsi consigliare, e chiedere aiuto alla famiglia, che è una fonte di aiuto e non di ostacolo in questi casi. Siamo di fronte a un cambiamento difficile, è importante anche farsi un piano, mettere sulla bilancia cosa si vuol fare e come si ha intenzione di farlo. E’ importante avere dei sogni, e seguirli, ma è necessario usare la testa in maniera adulta per riuscire a raggiungerli».
Cosa significa “ragionare in maniera adulta”?
«Per esempio, se lavori nel mio settore non puoi dire “il sabato non voglio lavorare”: il sabato, la domenica, il weekend sono i giorni più importanti per un ristorante o un locale, pensare di non lavorare il sabato sera vuol dire non avere la maturità per affrontare questo lavoro. Ma è necessario anche cominciare a risparmiare fin da subito, pensare a quello che viene dopo, mettere da parte le somme per investire nel proprio futuro. Magari con i primi stipendi ci si toglie qualche sfizio, per carità: quelle scarpe che non ti permettevi, il nuovo smartphone, ma devi pensare anche al domani. Piccole cose che quando vai a scuola non capisci».
Come si passa dal vincere Masterchef a creare il proprio ristorante? Non è un percorso scontato.
«Ho perseguito questo obiettivo, io avevo in mente questo. Se quando esci da Masterchef ti butti sul social network, ti ritrovi a fare un lavoro diverso da quello del lavorare in cucina: hai bisogno di un cameramen, ma il cucinare è in secondo piano. Quando invece hai a che fare con clienti e loro ti danno soldi veri per quel che mangiano, è tutta un’altra cosa: quello che presenti non deve solo essere bello ma anche buono, perchè poi scatta il passaparola. Io ho scelto questa seconda via».
Una via che non gli ha impedito di avere un pubblico da quasi 126mila follower su TikTok e 220mila su Instagram, ma che è comunque molto concreta: «Nel progetto Vibe siamo in sei, tre dei quali in cucina». Prima di vincere Masterchef, Valerio Braschi stava facendo un percorso tutto diverso: «Io ho studiato al liceo scientifico, solo dopo il diploma ho fatto l’alberghiero, da privatista. Il liceo l’ho fatto senza un’idea precisa, ho semplicemente fatto la stessa strada di mio fratello. Poi ho preso una via completamente diversa, ma le basi di chimica e matematica mi sono servite. Senza contare che la cultura che ti dà la scuola superiore bisogna averla. Il cuoco non è un mero esecutore, è una persona che non usa solo le mani ma anche il cervello. E anche per questo lavoro è importante studiare tanto, per imparare non solo come si fanno le cose, ma anche perchè».
Quando ha vinto Masterchef è diventato famoso il suo “no” a Barbieri, che le aveva offerto un posto nei suoi ristoranti. Perchè?
«Avevo 18 anni, prima di tutto volevo finire gli studi: mi ero fatto per 5 anni il mazzo, volevo prenderlo questo pezzo di carta…. E poi non volevo iniziare a lavorare nella cucina di un giudice, avrei brillato della luce di un altro. Dovevo costruirmi una strada per i cavoli miei e l’ho fatto. Per me era importante cominciare così».
E ora puo’ esprimersi in maniera completamente autonoma, con piatti che più di una volta l’hanno portata sui giornali, come le lasagne in tubetto… C’è qualche piatto che le ha dato più soddisfazione di altri?
«A gennaio sono 5 anni che guido un ristorante, e non posso dire che ci sia un piatto che mi abbia dato soddisfazione più di altri. Noi li cambiamo sempre, e la soddisfazione non è tanto nel piatto in sé ma da quanto la gente lo capisce. Per questo chiedo a chi sta in sala un lavoro prima di approcciare piatti come i nostri: devono essere spiegati, raccontati, quasi romanzati per capire l’idea del piatto. Il gusto quando arriva in bocca deve essere solo una conferma di ciò che hanno ascoltato».
Noto che quando parla di lei usa sempre il termine cuoco e non chef, che va tanto di moda…
«Perchè sono un cuoco. Chef è semplicemente una parola alla moda. Ma alla fine il nostro compito è quello: abbiamo magari obiettivi diversi ma facciamo tutti da mangiare».
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