Il fascino senza tempo delle piccole aziende creative

Quelle che offrono stimoli così originali da sedurre anche chi arriva dalle multinazionali e magari con una carriera promettente già spalancata. Quella di Monica Vannucci dello Studio Volpi è una scelta di crescita, non solo professionale

studio volpi

«Qualunque sia la cosa che amiamo, è ciò che siamo» scriveva David Levitt nel libro “La lingua perduta delle gru”. Nella vita così come nel lavoro non si può negare la propria indole anche a costo di andare contro il sentire comune. Sono poche le persone che lascerebbero un posto garantito in una multinazionale, dove i percorsi di carriera sono molto simili a quelli di un ministero, per andare a lavorare in una piccola azienda dove non si dà nulla per scontato e la qualità più apprezzata è la capacità di mettersi in gioco su progetti sfidanti.

LA SCELTA DI MONICA
Monica Vannucci, ingegnere elettronico di 41 anni, lo ha fatto. Dopo molti anni passati in due grandi multinazionali, una italiana e l’altra americana, entrambe del settore dell’elettrodomestico, dove ricopriva il ruolo di algorithm leader e system integrator a livello globale, ha deciso di dire addio a tutte le zone di confort per fare il salto nell’ombelico del mondo, dove le idee diventano progetti e i progetti diventano prodotti e servizi.
Non stiamo parlando di New York ma di Carnago in provincia di Varese dove in un antico calzificio rigenerato ha sede da trent’anni lo Studio Volpi, una delle migliori aziende sul mercato in tema di design concepts, tecnologia e innovazione, branding e comunicazione.
«Cercavano una figura che facesse integrazione elettronica – racconta Monica Vannucci – e io ero affascinata dall’idea di poter lavorare su diversi progetti dall’inizio alla fine e con persone che avessero formazione e cultura diverse tra loro».
Lavorare in una multinazionale significa accettare una parcellizzazione, a volte esasperata, del lavoro. Si conosce bene il proprio tassello e si ignora tutto il resto. Inoltre nelle multinazionali la curva di apprendimento a un certo punto si stabilizza, proprio quello da cui fuggiva Vannucci. «Allo studio Volpi questa stabilità non si raggiunge mai – sottolinea la manager – perché c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Le persone che lavorano qui, anche da tanti anni, sono tutte accomunate da questa caratteristica. Inoltre, avere una visione il più possibile completa di un progetto ha anche una sua utilità intrinseca: prima si conoscono le criticità e più si accorciano i tempi di realizzazione».

PAROLA D’ORDINE: CONTAMINARE
Non basta un creativo per fare innovazione. Ciò che serve è invece un lavoro di squadra, fatto di competenze trasversali, condivisione e “soft skill”. È così che allo Studio Volpi di Carnago nascono e crescono le idee migliori . C’è una parola chiave che piace tanto a Vannucci e che rispecchia la filosofia dell’azienda di Carnago: “contaminazione”. «Il bello di questo lavoro è poter mettere le mani in pasta. Le mie competenze sono a disposizione del team e posso lavorare su tanti progetti di varia natura in diverse parti del mondo, dalla Cina all’Europa, passando dagli Usa, mantenendone la gestione globale. Sono progetti che vanno dal comparto medicale fino al piccolo elettrodomestico dove bisogna avere una conoscenza trasversale».

LA CREATIVITÀ NASCE DALLA CONDIVISIONE
Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’organizzazione anche degli spazi di lavoro. E in una società liquida, felice definizione del sociologo Zigmunt Bauman, dove regna la condivisione a tutti i livelli, non si può lavorare a compartimenti stagni. Nella sede di via Matteotti si lavora in un grande open space modulabile, che viene riorganizzato a seconda dei vari progetti e dei team impegnati. Per esempio, per analizzare un prototipo, ricercatori, designer, meccanici, elettronici ed esperti di user experience lavorano gomito a gomito. «Questa modalità – spiega Vannucci – stimola la creatività di ognuno. Le persone con cui lavoro non hanno la tendenza a tenere le cose per sé ma condividono ogni informazione perché è con l’aiuto degli altri componenti del team che si può arrivare prima alla soluzione».
Il laboratorio interno alla struttura è la sintesi di tutto questo perché lì convergono, per unirsi insieme ai tre ricercatori che vi lavorano stabilmente per fare analisi funzionali e strutturali del prodotto, prototipi e proof of concept (prove di fattibilità di un’idea), tutte le menti che partecipano ai vari progetti.
Si tende a riprodurre all’interno dello Studio un ecosistema dell’innovazione a partire dalle collaborazioni con le università, in particolare con il Politecnico di Milano, fino alle reti di startup esistenti sul territorio.

NOI SIAMO CIÒ CHE AMIAMO
Questa impostazione spiega l’importanza che hanno nella selezione del personale le cosiddette soft skill, cioè quelle caratteristiche che appartengono alla personalità del lavoratore e che, a differenza delle altre, non si possono comprare sul mercato. Monica Vannucci in gioventù è stata una pallavolista, uno sport che le ha insegnato a lavorare in team. Lei era una schiacciatrice e per andare a punto aveva bisogno di una brava alzatrice. Oggi quello stesso spirito lo ha ritrovato allo Studio Volpi.

LA CONTAMINAZIONE TRA AZIENDE

Lo sguardo di una marchigiana cresciuta a Roma e trasferitasi in terra di Lombardia per lavoro può essere interessante per tanti motivi. Ce n’è uno però che emerge più di altri ed è quello relativo alla visione di una provincia che dal punto di vista industriale sta attraversando una fase critica. «Sono rimasta letteralmente scioccata dalle possibilità che ci sono in questo territorio – dice la manager -. Quando lavoravo nelle multinazionali c’era la tendenza a servirsi di fornitori esterni che stavano in Polonia o in Cina. Non avevo la minima idea che nel Varesotto ci fosse una tale ricchezza di potenziali fornitori».
Con lo Studio Volpi l’80% delle scelte di fornitura sono dislocate tra Lombardia e Piemonte, e qualcosa anche nelle Marche. «Considerando i progetti che seguiamo – conclude Vannucci – riusciamo a trovare sempre un supporto per realizzare tecnologie diverse tra loro. Ci sono aziende che potrebbero fare innovazione ascoltando il piccolo imprenditore della zona, ottenendo molti benefici tra cui anche una riduzione dei costi.  Oggi mi sento “ambasciatrice” di questa ricchezza presso i nostri grandi clienti».

Nel laboratorio dello Studio Volpi a Carnago, dove le “scintille” fanno nascere le idee

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 21 Ottobre 2023
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