Non esaltiamo Marchionne. La Fiat oggi è solo un brand di una società a guida francese

Francesco Varanini autore di “Marchionne non è il migliore dei manager possibili” (GueriniNext) è intervenuto alla Liuc

«In Italia si parla poco degli imprenditori, si parla di Adriano Olivetti e pochi altri grandi, e ancor meno si parla dei manager. Uno di questi è Sergio Marchionne che ha fatto cose che altri non avevano mai fatto». A parlare è Alberto Bubbio, docente dell’università Liuc di Castellanza. Al suo fianco c’è Francesco Varanini autore del libro “Marchionne non è il migliore dei manager possibili” (GueriniNext).

La figura di Sergio Marchionne in Italia oscilla sempre tra demonio e santità. Forse a polarizzare il giudizio è il destino ineluttabile dei grandi. Bubbio cita lo sbarco del manager Fiat sul mercato americano e la rivoluzione operata dallo stesso sul mercato automobilistico del Belpaese, oggi colonizzato da jeep. «Forse sarebbe stato meglio chiamarla campagnola» osserva l’economista.

MARCHIONNE COME NAPOLEONE
Varanini, che è a sua volta manager e giornalista, parla di Marchionne come l’uomo che «ha perso l’ultima battaglia», quella decisiva, proprio come Napoleone.
L’ex amministratore delegato Fiat per molti aspiranti manager, come gli studenti della Liuc che hanno affollato l’aula dove è stato presentato il libro, rappresenta un modello, spesso frutto di una narrazione epica che ha amplificato la vittoria di alcune battaglie che sembravano già perse in partenza e considerate dagli italiani un vero tabù.
Si pensi solo allo strappo con Confindustria, allo scontro frontale con la Fiom Cgil e alla lotta contro una classe dirigente incline alla corruzione.
«Una cosa eccezionale che ha fatto Marchionne – spiega Varanini – è stata portare le ruberie al di sotto del livello di guardia. Ha messo ordine nell’organizzazione, facendo chiarezza e pulizia, dando alla Fiat una prospettiva di successo e di crescita».

LA FIAT ERA FALLITA
Il contesto in cui operò il manager italo-canadese, secondo il rettore della Liuc Federico Visconti, è determinante per inquadrarne l’operato. «Quando Marchionne arriva a Torino – dice Visconti – la Fiat era tecnicamente fallita: nel triennio 2002-2004 aveva perso circa 7,7 miliardi di euro. Il manager deve fare delle scelte e lui le ha fatte».
Tra le scelte fatte da Marchionne ci fu quella determinante di far valere una clausola di vendita, risalente a un precedente contratto, nei confronti della General Motors che, a sua volta, rinuncerà all’acquisto di Fiat, pagando così una penale alla casa automobilistica italiana. L’operazione porterà nelle casse dell’azienda torinese un miliardo e mezzo di euro, quanto basta per ripartire e dare un segnale positivo alle banche.

LA BMW C’È ANCORA LA FIAT NO
Era il massimo che poteva fare Marchionne per la Fiat, tenuto conto anche dei vincoli posti dalla proprietà e i relativi margini di autonomia? Varanini scuote la testa come a dire di no. La ragione di questa negazione sta in una domanda che Italia si dà per scontata: per chi lavorava Marchionne? «Era un cfo e veniva dal mondo finanziario – sottolinea lo scrittore – e per lui fare automobili era un aspetto marginale. Lavorava per una famiglia azionista e il suo scopo era remunerarne bene il capitale, tenendo alto il valore del titolo per i fondi di investimento».
Per Varanini, quindi, Marchionne non è il salvatore della patria automobilistica italiana, ma il custode dell’interesse della famiglia Agnelli-Elkann, interessato pertanto solo al rendimento e non allo scopo dell’azienda.
«Marchionne allora diceva che la Bmw era troppo piccola per rimanere sul mercato – conclude Varanini – . È stata distrutta una tradizione automobilistica importante. La Fiat oggi non esiste più, è solo un brand di una società a guida francese, mentre la Bmw c’è ancora».

Quel gran genio di Sergio Marchionne. Federico Visconti ne parla al Meeting di Rimini

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 31 Ottobre 2023
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  1. Avatar
    Scritto da Felice

    Sottoscrivo ogni parola. Marchionne stupefacente ragioniere che ha tenuto a galla una azienda soddisfando i palati degli azionisti per poi consegnarla a piene mani ai francesi.
    Marchionne avrebbe potuto essere a capo di una azienda di auto come di rubinetteria, l’interesse e la passione che avrebbe profuso sarebbe stata la stessa.
    Colui che al debutto della Giulia arrivà piazza del Quirinale ed a motore ancora caldo le sue prime parole furono “in città si guida malissimo”. Eh beh…come si dice…quando si guida con la passione nel cuore.
    Ma la cosa più sconvolgente è l’history commercial che circola in questi giorni su quell’aborto di “auto” chiamata Topolino. In questo video si parte con la storia della Topolino storica e tutte le sue edizioni, l’auto del popolo voluta e commissionata dal Duce per motorizzare l’Italia. Si mostrano i vari modelli dell’epoca nell’ambientazione del Lingotto a Torino oramai svuotata di macchinari e diventata playground di stilisti e designer.
    Si mostra la storia con la solita prosopopea di orgoglio e fierezza, ancorandoci al passato per dire che ancora siamo capaci di fare le cose e rivoluzionare. Le qualità italiche svaniscono miseramente appena si introduce la nuova Topolino. Una Citroen AMI ridipinta. Nemmno più un’auto ma un indegno ed osceno quadriciclo leggero con ben 75 stimati km di autonomia elettrica (credeteci). La Topolino del passato progettata nel 1934 da Giacosa faceva muovere gli italiani, questa fa muovere urban hipster e markettari.
    Sedili ridotti a scranni con imbottiture “selezionate” le chiamano loro, la versione estiva senza manco portiere e con una qualità complessiva degna di una scatola del tonno.
    I designer nello spot sorridono compiacenti dela loro creatura…sembra di vedere la stilista del film Pixar “Gli Incredibili” da quanto tutto appare costruito da un guerrillia marketing osceno.
    Vorrei aver potuto incollare la fonte del video in questo commento così vi facevate qualche amara risata facendomi compagnia. Purtroppo non l’ho trovato ma su Stellantis Media Archive ho trovato questo. E ad una prima occhiata è anche peggio di quello che vi ho descritto. Questa è la FIAT nel 2023….(s)fortunatamente Dante Giacosa non è più tra noi per assistere a questo scempio ideologico.
    https://www.media.stellantis.com/it-it/fiat/media-library/video/2193603/546042

  2. Gigi Carenzo
    Scritto da Gigi Carenzo

    Basterebbe questa “impresa” per giustificare il suo ingaggio”…. portare le ruberie al di sotto del livello di guardia. Ha messo ordine nell’organizzazione, facendo chiarezza e pulizia, dando alla Fiat una prospettiva di successo e di crescita». Vorrei sapere quale manager a quell’epoca avrebbe avuto lo stesso suo coraggio. Indagate tutti quelli che l’hanno preceduto e poi ne riparliamo.

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