Palafitte alla Lagozza di Besnate, dopo settant’anni riprendono le ricerche archeologiche

Gli archeologi della Soprintendenza al lavoro per verificare l’estensione della palafitta. Gli scavi sono solo il primo tassello di un ambizioso e articolato progetto di ricerca che la Soprintendenza ha elaborato

Palafitte alla Lagozza di Besnate, dopo settant’anni riprendono le ricerche archeologiche

Dopo settant’anni riprendono le ricerche archeologiche alla Lagozza di Besnate. Gli archeologi della Soprintendenza al lavoro per verificare l’estensione della palafitta.

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UN PO’ DI STORIA – Il bacino della Lagozza, un tempo occupato da un piccolo lago inframorenico, fu quasi totalmente prosciugato verso la fine dell’Ottocento per consentire l’estrazione della torba. Proprio tale attività portò, a partire dal 1877, alla scoperta di un sito palafitticolo risalente alla fine del Neolitico, all’incirca tra 6.000 e 5.500 anni fa. Negli anni successivi, molti studiosi visitarono il sito facendo osservazioni e recuperando un numero notevole di reperti; di questi una parte cospicua fu donata dal proprietario, il conte Carlo O. Cornaggia Castiglioni, al Civico Museo Archeologico di Como, dove sono esposti ancora oggi. Le ricerche proseguirono intense per una ventina d’anni in concomitanza dell’estrazione della torba al punto che uno dei protagonisti delle ricerche, Innocenzo Regazzoni, nel 1887 scriveva che il sito era stato “rovistato in ogni sua parte” e che quindi era probabile che il deposito archeologico fosse ormai esaurito. Nel 1953, OttavioCornaggia Castiglioni, archeologo e nipote di Carlo, intraprese nuovi scavi archeologici, che consentirono di indagare la palafitta su un’area di 16 m 2 dimostrando che il deposito archeologico non era affatto esaurito.

NUOVE RICERCHE – Dopo questi scavi, le ricerche s’interruppero totalmente, se si escludono alcuni recuperi svolti in occasione della pulizia dei canali. L’assenza di dati recenti e di un programma di ricerche è stata tra i motivi che hanno portato all’esclusione della Lagozza dal novero definitivo dei siti palafitticoli preistorici delle Alpi riconosciuti dall’UNESCO. Per ovviare a questa situazione e comprendere l’effettivo potenziale archeologico del sito, la Soprintendenza ha programmato una serie di indagini archeologiche, che si sono concluse nei giorni scorsi. Dopo aver vigilato sulla rimozione dello strato di riporto con mezzo meccanico, gli archeologi hanno potuto verificare l’estensione della palafitta individuando alcuni pali, ancora infissi nel limo lacustre, e riconoscendo il deposito corrispondente al crollo dell’impalcato ligneo, probabilmente in seguito a un incendio. Dopo aver effettuato prelievi e campionamenti le trincee sono state richiuse. Gli scavi sono, infatti, solo il primo tassello di un ambizioso e articolato progetto di ricerca che la Soprintendenza ha elaborato per promuovere la conoscenza e la valorizzazione del sito della Lagozza e che si svilupperà nei prossimi anni.

LE DICHIARAZIONI –  Daniela Locatelli, funzionario archeologo della Soprintendenza: «La ripresa delle indagini archeologiche nell’area della Lagozza, pur tra le grandi difficoltà di approccio che un sito umido pone quanto alle concrete operazioni di scavo, rappresenta in un certo senso un atto dovuto verso le necessità di approfondimento delle informazioni sul sito stesso, finora noto quasi esclusivamente per la gran mole di materiali recuperati e non per le sue caratteristiche strutturali. La possibilità di condurre ricerche secondo i moderni metodi stratigrafici e con l’ausilio delle più avanzate analisi archeometriche sui materiali organici consentirà certamente un significativo passo in avanti delle conoscenze».

Stefano Rossi, funzionario archeologo della Soprintendenza: «Il complesso di materiali neolitici rinvenuti in questo sito a partire dall’Ottocento si è rivelato talmente caratteristico da aver dato il nome a una delle ultime manifestazioni del Neolitico dell’Italia Settentrionale, la Cultura della Lagozza, appunto. Parliamo di un periodo compreso tra circa 6000 e 5500 anni fa, alcune generazioni prima di Ötzi e dell’inizio dell’età del Rame. Vista l’importanza scientifica del contesto, la Soprintendenza intende quindi promuovere delle ricerche in grado di aggiornare lo stato delle conoscenze a 70 anni dall’ultimo scavo di Cornaggia Castiglioni».

Sabrina Luglietti, archeologa, Archeo Solutions: «I sondaggi preliminari svolti al sito della Lagozza hanno messo in luce parte del deposito archeologico e alcune strutture lignee perfettamente conservate. Durante gli scavi sono stati raccolti i primi campioni di legni e di semi da sottoporre alle analisi scientifiche. L’area archeologica è localizzata in una zona umida e durante gli scavi sono stati riscontrati problemi dovuti alla risalita dell’acqua, con il continuo allagamento delle trincee. In queste fasi è stato fondamentale il supporto dei volontari del Gruppo Comunale di Protezione Civile di Besnate che hanno messo in funzione un sistema di pompe per permettere agli archeologi di lavorare».

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Pubblicato il 09 Ottobre 2023
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