Tentato omicidio di Cittiglio con l’ammoniaca: “Ho sentito le urla della donna”, la vicina racconta

Parla l’inquilina del piano inferiore che quella mattina di marzo ha notato l’insolito trambusto provenire dall’appartamento. In aula la ex dell’imputato: “L’ho buttato fuori casa perché si drogava e beveva”

tribunale di varese

Ci sono i contorni della dipendenza da cocaina, e di eccessi da consumo di alcool a comporre il quadro personale dell’imputato per il tentato omicidio consumatosi il 10 marzo scorso a Cittiglio, quando una donna di 63 anni vicina di casa della vittima ha sentito all’alba trambusto venire dal piano superiore e la frase nitida, secca, inequivocabile: «Cristian ma che ca… stai facendo?».

Poi la telefonata ricevuta dall’inquilina amica che appunto abita nella stessa palazzina: «Vieni su subito». Superato lo sbarramento di una porta chiusa al chiavistello, e poi aperta, davanti la vittima, una quarantenne “zia“ acquisita dell’uomo che aveva passato la notte da lei, la spiegazione di quella chiamata di aiuto: «Mi ha messo in faccia uno straccio imbevuto di qualcosa di forte». Gli accertamenti stabiliranno che si trattava di ammoniaca. Nel frattempo lui, accusato del tentato omicidio «era fuori sul balcone che fumava. Mi ha salutata, poi è uscito». Nella camera da letto, dove sarebbero avvenuti i fatti, due bambini, di cui uno in tenerissima età, mentre il compagno della donna aggredita mentre stava a letto era fuori casa per lavoro.

La testimone sentita in aula martedì dinanzi al Collegio di Varese ha ricostruito proprio quel mattino di fine inverno 2023 nel caseggiato di Cittiglio dove i carabinieri del reparto investigativo hanno trovato una pezza imbevuta di ammoniaca probabilmente impiegata per un tentativo di soffocamento da parte dell’imputato, un ragazzo oggi in carcere e per il quale i difensori hanno due volte chiesto il passaggio ai domiciliari, affievolimento della misura cautelare negato poiché sussisterebbe il pericolo di reiterazione del reato. Oltre alla testimone di quanto sentito quella mattina, come teste dell’accusa è stata escussa pure l’ex compagna dell’imputato.

La donna aveva presentato richiesta di ammonimento al questore (provvedimento che anticipa la misura dell’allontanamento dalla casa famigliare) in quanto il suo compagno era solito ad abusare di alcool e droga, situazione che a breve ha interrotto la relazione fra i due, sebbene non risultino denunce: «Dal 28 di febbraio non è più rincasato. Troppe uscite per fare le serate a base di coca e alcool. Allora ho deciso di buttarlo fuori casa». Poche settimane dopo si consumarono i fatti per i quali il trentenne è a giudizio: l’appartamento dello zio usato come base di appoggio per trovare una sistemazione. E poi quella notte. L’imputato aveva un lavoro ed è stato descritto come impeccabile nel gestire il rapporto col primo figlio della convivente (avuto da un precedente rapporto, mentre la figlia dei due è nata a nello scorso aprile, quando l’imputato era già in carcere), ma che si trasformava, diventava un altro, al momento di fare “le serate” con alcool e cocaina, in alcuni casi con amici. «E così, dopo l’ultima volta che abbandonò casa nostra, decisi di non farlo più entrare nell’appartamento».

Questa temperie si arricchisce anche della segnalazione in questura. Una richiesta ritirata però il giorno successivo (e presentata quasi per vendetta, per sfogo: «Volevo fargliela pagare») sebbene nel corso del processo è stato letto il contenuto di quanto messo nero su bianco dalla polizia: l’indole violenta, le continue minacce, anche di morte, che il trentenne rivolgeva all’ex compagna; «ma è stata un’esagerazione». Come testimone è stata ascoltata in aula anche la madre della donna che ha ammesso di aver più volte spiegato alla figlia che quel compagno di vita non era adatto a lei, di averla consigliata di lasciarlo. Ma, al momento di lasciare l’aula, la donna, per due volte, ha mandato un bacio all’imputato, che sedeva in gabbia.

Dunque un procedimento penale che si arricchisce di molti particolari, a prima vista anche contrastanti, ma che deve rispondere all’unica domanda, cioè legata alla ricerca della prova del reato per il quale si celebra il processo.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 03 Ottobre 2023
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