COP28, i bracconieri diventano guardiaparchi?
Inizia negli Emirati Arabi Uniti, il 30 novembre, il rito annuale della Conference of the Parties. Facciamo un minuto di respirazione profonda per prepararci e vediamo che cosa bolle in pentola, oltre a noi stessi

Inizia negli Emirati Arabi Uniti il 30 novembre il rito annuale della Conference of the Parties. Facciamo un minuto di respirazione profonda per prepararci e vediamo che cosa bolle in pentola, oltre a noi stessi. Tra i circa 70 mila partecipanti, spiccano alcuni pesi massimi, tra cui Papa Francesco (personaggio “Voce di Dio nel Deserto”), Ursula von der Leyen (personaggio “La Regina è Nuda”), Re Carlo e Rishi Sunak (personaggi “Pierino e il Maestro”; l’anno scorso il neo-re era stato tenuto a casa dal neo primo ministro di origine indiana; quest’anno sarà a spasso col guinzaglio). Tra gli assenti ingiustificati ci sono Joe Biden, detto lo Zio Paperone, il suo collega Xi Jinping, detto il Grande Timoniere, cioè i capi dei due maggiori emettitori globali. Manca ovviamente anche Vladimir Putin, detto il “Cucciolo” da Jinping, che ha ben altre priorità.
È come andare a teatro a vedere “Romeo e Giulietta”, sapendo che oggi i due attori protagonisti non ci saranno. Il menù di argomenti preparato dal Sultano Ahmed Al Jaber è tanto sostanziale quanto il suo ruolo nella produzione mondiale di petrolio. L’UAE è il terzo principale produttore tra i membri OPEC+ e ha appena avuto l’autorizzazione in deroga ad aumentare la sua estrazione giornaliera di 200 mila barili per il 2024. Lui, però, afferma che, essendo un super esperto del settore, può sapere come trovare una mediazione con i suoi colleghi degli altri paesi produttori e con le grandi multinazionali dell’energia fossile, che sono suoi clienti e partner. È come dire che, a trattare con la mafia è meglio che siano quelli che ci lavorano insieme. Vedremo.
Antipasto: transizione energetica.
Una coalizione di oltre sessanta paesi, guidata dagli Stati Uniti e dall’UE, cerca di promuovere un impegno che triplicherebbe la capacità globale di energia rinnovabile entro il 2030. Ciò include la collaborazione con settori ad alto impatto ambientale per intensificare la tecnologia di decarbonizzazione. Questo implica l’espansione dell’idrogeno a basso tenore di carbonio, l’accelerazione dello sviluppo di cattura e stoccaggio di carbonio (CCS) e l’azzeramento delle emissioni di metano. Ma c’è chi pensa che alcuni paesi vogliano continuare il festino dei combustibili fossili usando tecnologie come la CCS. Infatti, gli scienziati avvertono che è come cercare unicorni: dopo due decenni di sviluppo, nessuna di queste tecnologie è in uso su scala commerciale, perché sono estremamente costose e fattibili solo in alcune geologie. Infine, alcuni paesi produttori di petrolio, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, potrebbero usarla come una cortina fumogena per proteggere la loro economia a base di combustibili fossili.
Primo piatto: finanza climatica.
La mancanza di investimenti critici continua a essere un ostacolo significativo per l’azione climatica. L’obiettivo di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 richiederebbe, secondo le Nazioni Unite, tra 4 e 6 trilioni di dollari all’anno in investimenti in energie rinnovabili e infrastrutture fino al 2030. L’aumento del 22% degli investimenti nelle energie rinnovabili nella prima metà del ’23 rispetto al ’22, è solo una frazione di quanto necessario. Quando eventi climatici estremi colpiscono i paesi più poveri, possono mandare a gambe all’aria lo sviluppo di anni e cancellare conquiste faticosamente raggiunte in termini di prosperità. Dopo interminabili discussioni, l’anno scorso i paesi ricchi hanno concordato per la prima volta la creazione di un fondo per soccorrere e riabilitare le comunità colpite. Dopo mesi di trattative, è stato stilato un piano di compromesso poche settimane fa, ma mancano ancora i fondi effettivi. Si spera che i paesi sviluppati contribuiscano, insieme alle nazioni in via di sviluppo più grandi e ai governi ricchi di petrolio. Fonti innovative di finanziamento, come tasse straordinarie sui profitti del petrolio e del gas, tasse sul trasporto marittimo e balzelli per chi viaggia molto in aereo, sono le idee in discussione. In altre parole, si parla di mettere il clima sul “conto”, ma con tanti interessi opposti all’orizzonte!
Secondo piatto: adattamento e resilienza climatica.
Costruire resilienza climatica e sviluppo sostenibile nei paesi a basso reddito, inclusi impegni per contrastare la perdita di biodiversità e adottare agricoltura sostenibile, sarà un altro argomento fondamentale alla COP28. L’obiettivo è anche operazionalizzare l’Obiettivo Globale sull’Adattamento, che è stato stabilito durante l’Accordo di Parigi per misurare il progresso dei paesi nell’adattarsi ai cambiamenti climatici. Se le temperature continuano a salire, un terzo della produzione alimentare mondiale è a rischio. L’agricoltura, che contribuisce in modo significativo a questa crisi, sembra essere il vero piatto forte del problema climatico: il metano, un potente gas serra, proviene dal bestiame; l’ossido nitroso, un altro gas serra, proviene dall’uso di fertilizzanti; ed enormi riserve di carbonio vengono perse quando foreste, zone umide e torbiere vengono convertite in coltivazioni. Ma sorprendentemente, il cibo è sempre stato l’anello debole nelle precedenti conferenze sul clima. Questa volta, chiederanno ai leader di firmare una dichiarazione alimentare speciale, che verrà rilasciata all’inizio della conferenza; e qualche giorno dopo, per la prima volta, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) presenterà la sua roadmap su come il mondo può sfamare una popolazione in crescita rimanendo entro il limite di temperatura di 1,5°C. Che sia la volta buona!
Dessert: inclusività. Per amplificare le voci dei giovani nei dibattiti climatici, la conferenza di quest’anno inviterà giovani delegati da nazioni insulari e paesi a basso reddito. Le persone giovani, i leader indigeni e locali, le donne e altre minoranze sono spesso sottorappresentati nelle organizzazioni multilaterali, ma sono i più vulnerabili e marginalizzati dagli effetti dei cambiamenti climatici. Le speranze sono, come spesso in questi casi, tendenti allo zero (non emissioni, ma concretezza). I dati recenti dello Stocktaking globale, primo check previsto dall’accordo di Parigi del 2015, sono un bicchiere così vuoto che bisogna avere molta immaginazione per vedere che 30 anni di lavoro sul clima ci hanno solo permesso di evitare che entro la fine del secolo le temperature non si alzino di 4-6 gradi, come temevano allora nello scenario peggiore. Adesso siamo ragionevolmente certi che non arriveremo a quel livello e anche dannatamente certi che non rimarremo entro i 1,5 gradi che ci eravamo dati come obiettivo. Incidentalmente, quest’anno le temperature mondiali di settembre sono state 1,8 gradi più alte dei livelli pre-industriali, il peggior balzo mai registrato. Insomma, la COP28 è forse necessaria, e certamente insufficiente.
Storiella. Un bracconiere sta tornando a casa con un cervo caricato sulla spalla. A questo punto incrocia una guardiacaccia che lo ferma e gli dice: Ma lei lo sa che non si può cacciare qui? Il bracconiere: Certo che lo so! La guardiacaccia: Ok, e allora cosa ci fa con un cervo sulla spalla? E il bracconiere, guardandosi inorridito la spalla e scrollandosi via la preda con una mano: Un cervo? Ma che schifooo!
Foto di Markus Kammermann da Pixabay
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