Curare un bambino vuol dire prendersi cura della sua famiglia: l’umanizzazione al centro del congresso di neonatologia
La quinta edizione del Congresso Insubrico organizzato dal professor Massimo Agisti ha affrontato la presa in carico dal neonato all'adolescente tra innovazione e umanizzazione
Curare non la malattia ma la persona. E, nel caso di neonato o bambino, della sua famiglia. È il messaggio che è risuonato forte e chiaro sin dalle prime battute della quinta edizione del Convegno Insubri di neonatologia e pediatria che si è svolto al centro congressi delle Ville Ponti.
Organizzato dal professor Massimo Agosti, Direttore del Dipartimento materno-infantile di ASST Sette Laghi e Professore ordinario all’Università dell’Insubria di Varese, l’incontro ha visto contributi focalizzati sulla centralità del rapporto bambino genitori nella cura di ogni differente patologia dell’area infantile e adolescenziale.
Nel portare i suoi saluti, il prof. Fabio Mosca, direttore del Dipartimento materno infantile della Mangiagalli nonché presidente della Società Italiana di Nutrizione Pediatrica, ha ricordato la volontà del professor Agosti di promuovere l’umanizzazione delle cure, anche in un tempo in cui non se ne aveva né attenzione né percezione: « Ha sempre creduto nella tecnologia ma affiancata dall’umanizzazione. Oggi si candida a diventare presidente della Società scientifica di neonatologia e credo che la sua visione farà il bene di tutti, a iniziare dai bambini e dalle loro famiglie».
Il professor Mosca ha ricordato la particolare organizzazione della terapia intensiva neonatale all’ospedale Del Ponte, realizzata con box indipendenti per accogliere la famiglia e non solo il neonato.
E della visione che lo stesso professor Agosti ha definito “olistica”, ha parlato nella sua lectio magistralis il professor Vassilios Fanos: « Nel silenzio di questa sala si sente lo scricchiolio del modello “Evidence based Medicine” perchè abbiamo compreso l’importanza di una visione globale del paziente che non è una patologia, non è un organo ma una persona, con una famiglia». La lectio ha puntato sull’importanza di avere una visione globale della situazione, accogliendo anche i bisogni dei genitori, soprattutto della madre: «Potremmo definirli “Mille giorni di te e di me” – ha raccontato il medico ricordando un brano di Claudio Baglioni – Perchè è nel rapporto feto/madre, neonato/madre, bambino/madre che si forma la persona e si determina il suo sviluppo. Ogni stress vissuto lascia un segno indelebile».
La stessa attenzione va riservata alla donna, nella sua fragilità post partum: « Una donna su sei soffre di depressione dopo la nascita. E non si tratta di Baby blues, fenomeno circoscritto e passeggero, è una condizione che va affrontata con il supporto degli specialisti».
I lavori del congresso sono proseguiti con focus precisi su diverse tematiche dal neonato al bambino fino all’adolescente e a disagio giovanile.
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