I “cold case” del Medioevo: un percorso di visita per scoprire i siti archeologici della Valcuvia

Le chiese di San Biagio a Cittiglio, Sant’Agostino a Caravate e dei Santi Eusebio e Antonio ad Azzio collegate e valorizzate grazie a uno studio del gruppo di ricerca in antropologia dell'Insubria.  L’inaugurazione aperta al pubblico sabato 11 novembre

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Omicidi medievali, “cold case” che riposano sottoterra da secoli: c’è anche un po’ di mistero, dentro le tombe indagate dagli archeologi e dagli antropologi negli ultimi anni nella zona sotto il Campo dei Fiori, vicino a Varese. Un lavoro su tre siti – in tre chiese di Cittiglio, Azzio e Caravate – che ora diventa un percorso fruibile all’intera comunità, un’occasione per conoscere la storia, capire come il passato viene tramandato dai ritrovamenti.

L’inaugurazione del nuovo percorso è prevista per sabato 11 novembre alle ore 10.30 con partenza dalla Chiesa di San Biagio a Cittiglio, per poi proseguire verso gli altri siti coinvolti nel progetto, ovvero Azzio e Caravate. Accompagnati dagli antropologi dell’Università degli Studi dell’Insubria, dai partner e dai sostenitori del progetto, i visitatori hanno l’occasione di esplorare le chiese, le aree archeologiche circostanti el’Archivio Biologico, osteoteca, dove potranno osservare i reperti e ascoltare le presentazioni dei ricercatori. Per partecipare all’evento è necessario prenotarsi inviando una e-mail a: info@bioarcheo.it.

L’indagine dei resti umani antichi in Valcuvia è stata curata dal gruppo di ricerca di antropologia dell’Università dell’Insubria, Dipartimento di Biotecnologie e scienze della vita diretto dal professor Luigi Valdatta, ha realizzato un percorso di visita intorno a tre siti archeologici, grazie al finanziamento ottenuto all’interno del bando Emblematici Provinciali 2019 di Fondazione Cariplo e Fondazione Comunitaria del Varesotto. Trasformati in campus di ricerca bioarcheologica ed oggi riconosciuti come siti-museo, le chiese di San Biagio a Cittiglio, Sant’Agostino a Caravate e dei Santi Eusebio e Antonio ad Azzio possono ora considerarsi valorizzate nel pieno della loro peculiarità biostorica.

Il progetto «I paesaggi della Valcuvia. Riqualificazione ambientale attraverso un percorso archeologico: valorizzazione, tutela e fruizione» ha come ente capofila l’Università degli Studi dell’Insubria e responsabile scientifico Marta Licata, partner sono il Comune di Caravate, il Comune di Cittiglio e la Parrocchia di San Giulio Prete.

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Tomba medievale sito San Biagio a Cittiglio

L’obiettivo era concludere le indagini bioarcheologiche sui siti, dove per anni hanno partecipato gli studenti universitari di Biotecnologie e Scienze biologiche, e rendere fruibili le scoperte attraverso la messa in opera di un piano di valorizzazione.

Dal Medioevo all’Età Moderna, il nuovo percorso permette di visitare contesti sepolcrali unici raccontati attraverso le evidenze funerarie nonché i resti umani degli antichi abitanti della Valcuvia. Sono molte le scoperte bioarcheologiche che tornano così ad essere fruibili attraverso l’esposizione sia fisica che virtuale dei reperti.

Tra i casi più interessanti, l’omicidio medievale della Tomba 13 di Cittiglio, la cui ricostruzione è stata possibile grazie al lavoro dei nostri antropologi. Questo particolare contesto è stato musealizzato grazie all’impegno costante dell’Associazione Amici di San Biagio a Cittiglio.

Anche i “cold case” e le sepolture dei frati francescani di Azzio, scoperti all’interno di una cripta seicentesca, sono nuovamente disponibili attraverso la visita delle strutture funerarie, dei pannelli esplicativi e dei sistemi digitali per la raccolta delle immagini ottenute durante le indagini scientifiche.

Inoltre, nel sito medievale di Caravate è documentato un caso unico di osteomielite oculare, il cui studio è esposto nel sito di Sant’Agostino. Questo caso permette di comprendere la sofferenza dell’individuo e il sistema di cure sviluppato attorno a lui dai suoi familiari. Da questo sito provengono anche numerosi casi di traumi cranici su individui di sesso femminile.

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Archivio Biologico sito di Sant’Agostino a Caravate, foto Claudia Bressan

Attualmente questi reperti, insieme ad altri provenienti da diversi siti della Provincia di Varese, sono custoditi nell’Archivio Biologico di Caravate, uno spazio dedicato alla raccolta dei resti umani archeologici. La creazione di questa “osteoteca” è stata possibile grazie all’amministrazione comunale che ha messo a disposizione l’edificio dell’ex biblioteca adiacente al sito necropolare di Sant’Agostino.

I risultati ottenuti all’interno di questo progetto, sia dal punto di vista investigativo che dalla prospettiva museale e di valorizzazione, sono stati pubblicati sul Journal of Bioarchaeological Research, consentendo un confronto immediato con la comunità scientifica di riferimento.

Fondamentale per il progetto è stato il supporto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, con Daniela Locatelli, Sara Matilde Masseroli e Roberto Nessi. Anche la Diocesi di Como ha fornito sostegno alle iniziative relative ai beni ecclesiastici.

Per ulteriori informazioni: www.bioarcheo.it.

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Pubblicato il 08 Novembre 2023
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