Un quintale di coca nel furgone: il sospettato caduto nella “rete“ dei pusher dei boschi della provincia di Varese
Non era la prima volta che l’uomo arrestato il 7 novembre trasportava cocaina: “Non sapevo che ce ne fosse a bordo così tanta”
La dipendenza dalla coca, la necessità di pagarsi sfizi che costano il doppio dello stipendio, e la decisione di prestarsi ai “trasporti” che rendono bene: 1000 euro a botta per spostare mezzi chili di cocaina.
Ma quando poi i pusher chiedono di più, capita che invece si avere nel baule un solo pacchetto di quella droga, i finanzieri ne trovino 220, per un peso complessivo di 115 chili e passa. È la storia dell’uomo sessantenne di origini piemontesi arrestato il 7 novembre a Cantello, località dove i finanzieri di Varese l’hanno scortato dopo averlo fermato in un’area di servizio sulla A4 ad Agrate Brianza nel corso di un controllo.
Le Fiamme gialle hanno sentito puzza di bruciato per quella persone fuori zona rispetto al suo lavoro (nel Comasco) e che doveva trasportare mobili in giro per la Lombardia. Così son scattati i controlli che hanno portato al ritrovamento prima di droga addosso (ma un grammo, nella tasca della giacca) e poi il resto della cocaina, una montagna di droga, nascosta nel mobilio trasportato dal grosso furgone Renault preso in affitto.
Nel corso all’interrogatorio di garanzia sono emersi i particolari della vicenda: il sessantenne fermato ha dichiarato di essere tossicodipendente e di rifornirsi di droga nei boschi fra Varesotto e Comasco e che lì ha incontrato alcuni pusher che gli hanno proposto un modo facile per farsi due soldi in più coi quali integrare il già alto stipendio come dipendente, cioè il trasporto di cocaina per il Nord Italia, avvenuto in due distinte occasioni fra Lombardia e Veneto per un totale di un chilo di sostanza trasportata e il pagamento di 2 mila euro complessivi.
Il carico su cui si sono soffermati i finanzieri, però, era diverso. Trasportava mobili. «Sapevo che non c’erano solo mobili sul camion ma che c’era anche cocaina, ma non pensavo così tanta», ha spiegato l’indagato al giudice per le indagini preliminari di Varese Stefania Pepe alla presenza del suo difensore, Francesca Binaghi. La cifra pattuita, infatti, era di 3 mila euro per quel “trasporto di mobili“, che custodivano un tesoro in termini di valore della sostanza recuperata dai finanzieri.
Dalla Procura di Varese non escludono che da questa storia, che rappresenta uno spaccato di come avvenga il rifornimento della coca nelle principali piazze dispaccio che come si evince smerciano quintali di cocaina, possano emergere ulteriori proiezioni investigative legate sempre al fenomeno che negli ultimi anni è esploso in diverse aree boschive nel Nord della provincia.
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