Una storia raccontata bene non morirà mai, al Festival Glocal di Varese la cronaca fa scuola
Le firme del giornalismo si confrontano con un mestiere sempre più difficili e, fra regole auree della professione e nuova tecnologia
Tantissima gavetta, non mollare mai, e rincorrere sempre il gusto di una notizia ben scritta e capace di trasmettere emozioni. I cronisti invitati a Glocal, la tredicesima edizione del festival del giornalismo digitale promossa e organizzata da Varesenews che hanno affrontato uno dei panel “operativi” legati alla professione, non hanno dubbi: c’è si’ la scommessa delle intelligenze artificiali e della eterna formazione e riformazione tecnologica, ma le basi rimangono sempre le stesse, cioè le regole di un mestiere che va fatto sul campo, seguendo una deontologia e un rapporto privilegiato con le fonti e soprattutto con i lettori che oltre a fruire della cronaca, attraverso i social sono anche sempre più spesso antenne sul territorio che possono offrire spunti e informazioni per le notizie.
All’incontro hanno partecipato Silvestro Pascarella, direttore della Prealpina, Claudio del Frate e Roberto Rotondo capiservizio rispettivamente di Corriere.it e Tgr Rai Lombardia, e Luca Rinaldi giornalista d’inchiesta di Milanotoday. L’incontro è stato introdotto e moderato da Orlando Mastrillo, giornalista di Varesenews.
Dunque la cronaca. Argomento che nei giornali è la madre di tutte le specialità, quell’albero, quel tronco da cui si dipanano le strade di una professione che tocca la vita e la morte, le istituzioni, l’economia e i fatti di strada. Come quelli ricordato da un giovane Pascarella cronista locale agli esordi alle prese con l’omicidio del figlio dei gestori di una tabaccheria di Gallarate, fatto scoperto grazie al contatto con le fonti: da qui parte il mestiere, una bussola da seguire anche nei momenti in cui, come oggi accade, redazioni e cronisti vivono una “stretta” imposta dalle recenti riforme (vedi Cartabia): “Non c’è altra alternativa delle fonti per avere un buon giornale”, ha spiegato il direttore del quotidiano di via Tamagno.
La vera frattura fra passato e presente, è secondo Claudio del Frate, la «dieta dell’informazione» che «prima dell’avvento della rete cominciava con la colazione a base di carta stampata e la cena serale col tg» mentre ora è un’abbuffata H24, con le reti all-news e con la stampa online che ha molto cambiato anche il modo di scrivere un pezzo, che deve essere molto più diretto e senza fronzoli o “attacchi” (la parte iniziale del pezzo) verbosi è troppo iperbolici; in pratica: un giornalismo pulito e privo di aggettivi.
Per Roberto Rotondo la cronaca va sviluppata con tutti gli strumenti a disposizione e nel tempo è cambiato l’atteggiamento dei media. specialmente quelli televisivi, che anche nel solco dell’info-tainement cercano di rincorrere molto la cronaca nera e giudiziaria. «L’importante», spiega Rotondo, «è non mollare, insistere nell’approfondire una notizia anche se le fonti istituzionali nicchiano e sentire fino in fondo l’emozione di una notizia. Perché una bella storia non muore mai».
Convitata di pietra nei ragionamenti è l’intelligenza artificiale. Sul punto non c’è una preclusione tour court, come ha spiegato Luca Rinaldi, a patto che si seguano sempre le regole auree della verifica e del lavoro svolto dalla macchina, soprattutto per quanto riguarda l’ipertrofia della IA applicata al giornalismo, fatto che spesso si traduce nella gestione del «superfluo» che viene prodotto. La cronaca ha le sue regole, dunque, e quando le si seguono si sta facendo un buon lavoro: è la regola aurea di base, internet, radio, stamp o tv è sempre la stessa: «Quando una notizia c’è, va data».
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