“Vengo giù e vi taglio la gola” le liti per il parcheggio a Cocquio Trevisago arrivano in tribunale

I fatti tre anni fa in una zona lungo la statale che taglia in due il paese: una donna strattonata e finita a terra, poi la denuncia

tribunale varese

“Vicini da morire“: un titolo di un libro che si riferiva qualche anno fa ad uno dei più gravi fatti di cronaca nera del Dopoguerra (la strage di Erba) e che è sempre valido per le decine e decine di liti più o meno gravi – così come le minacce in esse proferite – che affollano i tribunali, in particolare ogni volta che si entra in uno degli argomenti “caldi“ del convivere modero, vale a dire la questione dei parcheggi.

E così verso l’ora di pranzo del 19 maggio 2020 a Cocquio Trevisago, in piena pandemia, un gruppo di persone si è fronteggiato per le rivendicazioni di un parcheggio fuori da un alimentari, spazio che convive con un condominio e un bar.

I “disegni“ degli stalli sono stati mostrati al giudice monocratico di Varese nell’udienza di martedì durante la quale sono stati ascoltati alcuni testi che hanno raccontato cosa accadde verso le 12.30 di quel giorno, un lunedì. I soliti bisticci per le auto parcheggiate, la parola di troppo, la goccia che fa traboccare il vaso pieno dopo un periodo di tensioni quando gli equilibri dei condomìni cambiano col cambiare delle persone che li occupano ed ecco che in battibaleno la consuetudine di una vita va difesa coi denti.

E così sembra essere andata quel giorno con una persona, una donna che ha oggi testimoniato in aula, finita prima a terra, e poi su di una barella al pronto soccorso dell’ospedale di Varese nel corso dei bisticci sul parcheggio. È tuttavia un uomo a finire a processo con l’accusa di minaccia aggravata: secondo l’accusa il residente, alla vista del caos per i parcheggi sarebbe sceso dall’appartamento dove vive brandendo un coltello, non prima di avvertire con una frase poco rassicurante: «Vengo giù e vi taglio la gola».

E all’arrivo al pianterreno, oltre alla lama, l’armamentario si sarebbe arricchito pure di un’ulteriore arma impropria, un sasso. Nel frattempo un commerciante presente nei paraggi ha chiamato il 112 e di lì a poco le forze dell’ordine sono arrivate sul posto, ma da quanto appreso in aula non avrebbero trovato né coltello, né sasso, come sostiene il difensore dell’imputato. Il punto è che da minacce “semplici” la sospetta presenza dell’arma ha trasformato la fattispecie delittuosa in “minacce aggravate“, di conseguenza reato di rango superiore a quello di competenza del giudice di Pace, dove peraltro sono fioccate denunce incrociate per altri litigi condominiali della medesima natura. Ora vi sarà da sentire un altro testimone nella prossima udienza per cercare di ricostruire con precisione l’accaduto: se ne riparlerà in primavera.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Novembre 2023
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