Addio elefantino: se ne va lo stemma della Cagiva durante le demolizioni nell’ex Aermacchi di Varese

Le grandi pale meccaniche rimuovono nell'area cantiere le macerie degli abbattimenti. C'è chi si ferma lungo la strada per osservare, fotografare e girare video ad un pezzo della città che cambia volto

A Varese anche gli elefanti hanno imparato a volare. O almeno è quello che è accaduto all’interno del grande cantiere che sta interessando l’area ex Aermacchi dove sono in corso smantellamenti e demolizioni che permetteranno poi l’edificazione di un nuovo centro sportivo con parco e aree commerciali.

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L’elefante che vola , anzi l’elefantino, non è in carne ed ossa ovviamente: si tratta dello storico marchio della Cagiva (e successivamente del Casti Group) che per decenni ha ornato la “torre dell’acqua”, una delle strutture interne all’ex Aermacchi che sarà risparmiata dalla rigenerazione urbana. Lo stemma era stato posizionato quando la vasta area industriale era stata acquisita dalla famiglia Castiglioni: Gianfranco Castiglioni in particolare aveva spostato lì la sede delle proprie attività, compresa quella della Pallacanestro Varese che aveva gli uffici a sinistra dell’ingresso principale sul lato di via Sanvito.

Curiosamente fu proprio Cagiva a ereditare anche l’attività motociclistica di Aermacchi: il marchio inventato dai fratelli Castiglioni (Claudio e Gianfrancò) permise di dare seguito alla tradizione delle moto made in Varese. Nel 1978 l’azienda acquisì infatti lo stabilimento della Schiranna (oggi MV Agusta) dove in precedenza venivano prodotte le moto Aermacchi e quindi le AMF-Harley Davidson. Oggi il marchio dell’elefantino non è più utilizzato tra le due ruote (nel logo Cagiva era presente anche un numero “1” tricolore) ma era rimasto ben aggrappato alla torre di via Sanvito, testimone di una storia sportiva e industriale rilevante. Tra le più grandi imprese si ricordano le due vittorie assolute alla Parigi-Dakar con Edi Orioli (1990 e 1994) e i tre successi nella classe regina del Motomondiale, la “500” tra il 1992 e il 1994 con Eddie Lawson e John Kocinski.

L’area si trova in una delle arterie che permettono di navigare verso il cuore di Varese, lungo la via Sanvito Silvestro, in ingresso della città arrivando dalla zona a Nord Ovest del capoluogo: da giorni sono ben visibili i lavori di demolizione dei fabbricati che erano della grande area industriale sulla quale oggi sono all’opera grandi mezzi da cantiere, almeno due bracci meccanici che senza sosta rimuovono le macerie degli abbattimenti in una superficie che si trova proprio a ridosso della sede stradale.

Complice la presenza di muri e muretti, sopralzi, e dell’apertura a bordo strada su di un fondo verde dotato di scalette, a metà mattina di una giornata piuttosto tersa, un lento viavai di curiosi assiste alla demolizione, alla scomparsa alla vista di un pezzo di storia industriale della città, che scompare. C’è chi passa col cane e si ferma ad osservare, e chi invece immortala uno dei tanti momenti a testimonianza dell’incedere dei lavori. Si tratta di opere che consistono in questa fase nella rimozione di macerie, e dove sono all’opera diverse maestranze nell’area di lavoro monitorata dal servizio di prevenzione sicurezza ambienti di lavoro di Ats insubria, naturalmente a conoscenza dell’attività lavorativa specifica e per la quale sono state adottate precauzioni quali nebulizzatori per abbassare il livello delle polveri.

Sempre per via delle grandi dimensioni dei mezzi da cantiere, parte della carreggiata adibita al transito veicolare risulta impegnata e dunque le auto impegnano il punto corrispondente all’area di lavoro in un tratto a senso unico alternato regolato da impianto semaforico. Il rosso, il capo che si volta in direzione dei lavori, e le grandi pale meccaniche rimuovono un altro pezzo dell’area industriale che fu. Al verde lo sguardo torna sulla strada; l’auto riparte; un passo ulteriore verso un nuovo quartiere è compiuto.

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Pubblicato il 14 Dicembre 2023
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