Al Circolo di Varese la prima donazione a cuore fermo: il trapianto al Niguarda di Milano
Nella terapia intensiva del Circolo è stata applicata la tecnica “Ecmo veno arterioso” che permette il trapianto anche in caso di elettrocardiogramma piatto. I chirurghi di Milano hanno seguito le fasi di preparazione per poi portare gli organi a Niguarda
Anche un cuore fermo da 20 minuti può salvare una vita. Dopo il primo caso italiano al sant’Orsola di Bologna, all’ospedale Niguarda di Milano è stato trapiantato un cuore che aveva smesso di battere. La donazione è avvenuta al Circolo di Varese e ha visto impegnate l’equipe della Terapia Intensiva Generale e quella della Cardiorianimazione dirette rispettivamente dai professori Luca Cabrini e Paolo Severgnini, con il Coordinamento Ospedaliero di Procurement diretto da Federica De Min. Il prelievo ed il trapianto di cuore, oltre che di fegato e reni, sono stati effettuati dall’equipe della Cardiochirurgia e del Trapianto del Cuore dell’Ospedale Niguarda di Milano diretta da Claudio Russo.
LA NORMATIVA ITALIANA CONSENTE IL PRELIEVO IN CASO DI ASSENZA DI BATTITO PER MASSIMO 20 MINUTI
La donazione a cuore fermo e il trapianto sono possibili perchè il cuore viene fatto ripartire grazie a tecniche di circolazione extracorporea, messe in atto dopo la morte di soggetti in cui i trattamenti intensivi vengono sospesi in seguito a neurolesioni gravissime. La normativa italiana prevede venti minuti di assenza di attività cardiaca per la determinazione della morte del soggetto. Fino ad un anno fa, questo tempo era ritenuto non compatibile con la ripresa dell’attività del cuore. Le procedure messe in atto in questo caso ne hanno consentito invece il trapianto e la ripresa funzionale.
IL METODO APPLICATO E’ L’ECMO VENO-ARTERIOSO
« Abbiamo individuato un caso potenziale che ci ha permesso di realizzare una cosa molto particolare e alzare l’asticella in modo importante» spiegano i medici dell’ospedale varesino. La tecnica applicata si chiama “Ecmo veno arterioso”.
La particolarità di questa metodica, applicata nella terapia intensiva cardiochirurgica, è che permette di donare organi non solo in caso di morte cerebrale, quando è il cervello a non dare più segnali dopo un tempo di osservazione di sei ore, ma anche, grazie alla legge che norma i casi a cuore fermo, quando l’elettrocardiogramma è piatto per un tempo massimo di 20 minuti.
Quando all’ospedale di Varese si è presentato il caso, sono stati allertati i colleghi di Niguarda che sono venuti a Varese per seguire le fasi di preparazione e valutazione. Alla fine dei 20 minuti, è stata riattivata la circolazione extra corporea con il team delle sale operatorie che hanno rivascolarizzato cuore e tessuti. Così il cuore è ripartito, il personale ha monitorato la situazione per alcune ore, poi, con l’assenso cardiochirurughi Niguarda, lo ha fermato nuovamente così da permettere il prelievo e il trasporto a Niguarda dove è stato trapiantato su un paziente in attesa.
La complessa organizzazione del prelievo è stata gestita dal Responsabile del Programma Regionale di donazione organi e tessuti, Marco Sacchi, che grazie alla sinergia con AREU è oggi in grado di rivestire un ruolo operativo a supporto dei processi di donazione complessi.
«Questo risultato – ha detto l’assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso – consentirà di aumentare il numero dei potenziali donatori ed è stato possibile certamente grazie alla capacità di tutti gli operatori coinvolti di agire in sinergia con professionalità e umanità per il bene dei malati. Ma soprattutto grazie alla solidarietà dei familiari del donatore, manifestata attraverso il gesto del dono, nel rispetto della volontà espressa in vita dal proprio caro. La donazione e il trapianto di organi e tessuti stanno crescendo in Lombardia grazie alle azioni di miglioramento adottate nelle strutture sanitarie».
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