Morì schiacciato dalla funivia di Monteviasco, sei condanne
Un processo per omicidio colposo lungo e puntiglioso nel corso del quale sono state esaminate le caratteristiche tecniche dell'impianto al momento della morte dello storico manutentore Silvano Dellea, avvenuta nel novembre del 2018. Nove gli imputati

Cinque anni sono passati da quel doloroso novembre del 2018: era un lunedì quando la notizia della morte di Silvano Dellea, vigile a Maccagno con Pino e Veddasca e storico manutentore della funivia Ponte di Piero – Monteviasco fece rapidamente il giro della valle: oggi, dopo il sequestro dell’impianto, la sua messa in sicurezza e un lungo processo, è arrivato il giorno della verità.
Dopo due ore di camera di consiglio il giudice monocratico di Varese Marcello Buffa ha condannato i consiglieri di amministrazione della cooperativa di gestione della funivia a pene comprese fra un anno e un anno e 8 mesi, e il direttore di esercizio a un anno e 4 mesi, oltre ad una provvisionale di 50 mila euro per ciascuna delle 4 parti civili.
Come si accennava i profili penalistici di questa vicenda partirono dal sequestro dell’impianto, un atto in sè durato non oltre qualche settimana, ma di fatto anche in seguito alla rimozione dei sigilli il precetto della Procura era rappresentato dalla richiesta di messa in sicurezza della struttura, per una sua futura riattivazione.
Dieci in origine i rinviati a giudizio (inizialmente gli indagati erano 11: uno è uscito dal procedimento, prosciolto poiché dimessosi dal suo ruolo prima dei fatti; uno, rinviato a giudizio e imputato invece nel frattempo è deceduto), fra componenti il consiglio di amministrazione della cooperativa che gestiva l’impianto di proprietà comunale, i tecnici dell’allora “Ustif”, il soggetto pubblico periferico in campo al ministero dei Trasporti che opera sugli impianti a fune, oltre ai responsabili tecnici dell’impianto e al progettista.
Nel corso del procedimento penale venne effettuato un incidente probatorio sull’impianto stesso, perizie delle parti che sono state poi l’oggetto del dibattimento con l’obiettivo di dirimere il quesito di fondo: l’impianto era sicuro? E le condotte che hanno portato alla morte dell’operatore rispondevano a prassi che ne avrebbero escluso i rischi? In ultimo, la domanda: siamo presenza o meno di responsabilità penali colpose di terzi nella vicenda?
L’accusa aveva chiesto la condanna per tutti e nove gli imputati invocando pene dai 2 ai 3 anni sostenendo gravi mancanze nell’impianto reputato non sicuro (tecnicamente sarebbe mancato il terrazzino d’ispezione fisso che avrebbe evitato rischi per le ispezioni delle linea), mentre le difese, facendo leva sulla condotta della vittima e le caratteristiche dell’impianto avevano invece invocato l’assoluzione per tutti gli imputati invocando l’assenza di nesso di causalità che portò alla morte di Silvano Dellea.
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