Nico Mannion: “A Varese per giocare tanto. Dai tifosi un’accoglienza pazzesca”
Il play si presenta dopo l'eccezionale esordio di Pesaro: "La trattativa? In 36 ore si abbiamo fatto tutto. Con Pozzecco e la Nazionale il rapporto è aperto, di Bialaszewski apprezzo la tranquillità"
Un ragazzo semplice, a vederlo e a sentire la sua descrizione autobiografica, ma già capace di fare sognare una città. Nico Mannion si è materializzato al palasport di Masnago dopo la “toccata e fuga” dei giorni scorsi che ha preceduto la trasferta trionfale di Pesaro. E si è presentato con il suo atteggiamento, non certo da sbruffone ma di ragazzo con le idee chiare.
«Cosa mi ha spinto verso Varese? La voglia di giocare, perché in questi due anni ho giocato poco. Perché non lo so, non è cosa dipesa da me ma dagli allenatori e dalle altre squadre: io mi voglio far trovare sempre pronto per scendere in campo. Anche qui: non sono ancora al 100% ma i primi allenamenti sono andati bene, mi sento bene; mi manca ancora qualcosina nelle gambe ma sono pronto».
A questo punto l’esordio di venerdì sera alla Itelyum Arena contro Reggio Emilia è già diventato un evento, in questo fine anno varesino. La società ha già annunciato il tutto esaurito e il fermento è palpabile anche per Nico che non ha ancora “assaggiato” l’abbraccio ufficiale del pubblico ma lo ha avvertito chiaramente. «Sui social il benvenuto è stato eccezionale ma non solo. Mi è bastato andare al supermercato o camminare all’aeroporto per incontrare tanta gente, per fare le foto: si vede che è una città che tiene tanto alla Pallacanestro e sono contento di poter giocare subito qui, al palazzetto».
Tutto per un ragazzo il cui papà, Pace, è stato un idolo degli acerrimi rivali di Cantù: «Lo so, il derby è sempre molto acceso – ride – però devo dire che anche da Cantù mi hanno scritto diverse persone comunque contente del mio ritorno in Italia».
Italia che ha gli occhi su di lui in chiave Nazionale: nel 2021 il suo Preolimpico azzurro a Belgrado fu trionfale e all’orizzonte c’è un altro impegno simile, che qualifica ai Giochi di Parigi. «Anzitutto qui ritrovo due ragazzi come Tomas Woldetensae e Davide Moretti che ho avuto modo di incontrare nelle scorse esperienze con la Nazionale. Sono i due compagni che conosco e con cui ho già giocato. E poi con Pozzecco il rapporto è buono e sempre aperto anche se – confessa – non c’è mai stata una trattativa perché io andassi all’Asvel. Non era un’ipotesi. Piuttosto è stata un lampo quella con Varese: dalla prima chiamata di Luis alla mia firma sono passate 36 ore nelle quali sono stato in Spagna, Serbia e Italia».
Cresciuto al college in Arizona, passato dalla NBA a Golden State, Nico apprezza in modo particolare l’impostazione societaria voluta in casa Openjobmetis. «Sembra quasi una struttura americana, di certo diversa da quasi tutte le altre del basket europeo: qui per esempio c’è Scola, il CEO della società, che in allenamento viene a prendere rimbalzi e a passarci la palla durante il riscaldamento. Anche con Bialaszewski il rapporto è buono: ci parliamo spesso, soprattutto per quanto riguarda i giochi e le situazioni. Apprezzo la sua tranquillità, mi ha dato subito fiducia e a Pesaro mi ha abbracciato dopo la partita».
Infine la piccola autobiografia: «Fuori dal campo sono un ragazzo tranquillo, sto tanto a casa con famiglia e amici, mangio e dormo come tutti. Mi piace la vita semplice». Semplice come il suo primo “pranzo” in biancorosso: un paio di panini imbottiti di prosciutto all’uscita autostradale di Fidenza, sulla strada verso Varese. Su un pullmino della società, poche ore dopo un blitz d’altri tempi per arrivare in tempo utile nella sala riunioni di Legabasket per depositare il contratto in tempo utile. La prima magia, replicata due giorni dopo a Pesaro dove Nico ha rimesso in piedi la Openjobmetis.
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