Calogero Marrone, un eroe varesino nel giorno della memoria nazionale

C'è grande soddisfazione tra chi da tanti anni sta lavorando per consolidare la memoria di un "eroe dimenticato", ora non più tale: ecco la sua storia, e il lavoro di chi non vuole perderne la memoria

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C’è grande soddisfazione tra chi da tanti anni sta lavorando per consolidare la memoria di un eroe dell’antifascismo che rischiava di essere dimenticato, dopo la citazione di Calogero Marrone da parte del presidente della repubblica Sergio Mattarella nella cerimonia in occasione del Giorno della Memoria 2024.

«Siamo contenti non solo perché il suo nome è stato ricordato dal Presidente della Repubblica, ma perché la figura di Marrone esce finalmente dal chiuso di Varese, luogo che l’ha portato alla morte, e acquista come merita una dimensione nazionale». ha commentato Margherita Giromini, presidente della sezione di Varese dell’Istituto Studi e Ricerca Calogero Marrone per lo studio della storia contemporanea, dell’antifascismo e della Resistenza, la cui sede nazionale è ubicata nel comune di Favara.

«Per noi che lavoriamo da anni con il nostro Istituto e da qualche mese con la fondazione Calogero Marrone, costituita recentemente, è un grande onore – ha commentato Rosario Manganella, presidente nazionale del Istituto di studi Calogero Marrone – Vuol dire che Calogero Marrone sta uscendo dal silenzio: negli ultimi anni c’è stato un gran lavoro e molte persone sono venute a conoscenza della sua storia. Ma il fatto che il Presidente della Repubblica, dopo avere concesso l’onorificenza della medaglia d’oro, lo cita in un incontro come quello di oggi, vuol dire che l’attenzione è davvero cresciuta, insieme al desiderio di parlarne e farlo conoscere».

LA STORIA DI CALOGERO MARRONE, EROE VARESINO E SICILIANO

Calogero Marrone, nato a Favara, in provincia di Agrigento, nel 1889, e morto nel campo di concentramento di Dachau il 15 febbraio 1945 è stato “un funzionario e antifascista italiano” come recita asciuttamente Wikipedia, che gli ha dedicato una voce. Rifiutò di iscriversi al Partito Nazionale Fascista e per questo scontò alcuni mesi di prigione, attirandosi inoltre le ire dei notabili del suo paese di nascita.

A Varese si trasferì nel 1931, quando vinse un concorso come applicato comunale e ne approfittò per andarsene da Favara con la moglie Giuseppina e i suoi quattro figli. Divenne Capo dell’Ufficio Anagrafe ma non perse il suo animo antifascista, legandosi a un gruppo di varesini con i quali per diversi anni si adoperò per salvare cittadini ebrei dalle persecuzioni. Calogero Marrone, dalla sua posizione rilasciò centinaia di documenti di identità falsi a ebrei e anti-fascisti, permettendo loro di salvarsi dalle persecuzioni. Con lui collaborava, tra gli altri, Alfredo Brusa Pasquè“ Capitano del Genio” con medaglia al valore per meriti riportati nella prima guerra mondiale, e per questo era rispettato anche durante il fascismo, nonostante fosse socialista e deputato dal 1919 per la provincia di Como. Calogero Marrone procurava i documenti falsi –veri (poichè provenivano dall’Ufficio anagrafe) e Alfredo ospitava in casa sua, in Piazza XX Settembre, gli ebrei e i fuggitivi, con l’aiuto dei giovani figli, Sergio ed Elda, e della moglie Santina, maestra elementare di Casbeno. I due erano strettamente legati anche a don Franco Rimoldi chiamato da loro, per la sua mole, Don Carnera, che era parroco dell’oratorio di Varese in Via San Francesco e fondatore di una Organizzazione Soccorsi Cattolici Antifascisti Ricercati (OSCAR).

Contrariamente ai suoi compagni, Marrone decise di non fuggire in Svizzera: già sospeso cautelativamente dal servizio il 1º gennaio 1944, era stato avvertito il 4 gennaio dello stesso anno da don Luigi Locatelli, canonico della Basilica di San Vittore in contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale, che le SS erano oramai prossime a procedere al suo arresto. Nonostante questo il funzionario non cercò di fuggire, per proteggere da ritorsioni la sua famiglia.  Scoperto a causa di una segnalazione anonima venne imprigionato e morì nel campo di concentramento di Dachau.

Una storia, la sua, che per molti anni è stata sconosciuta, persino ai parenti più stretti, ma che aveva una valenza simbolica straordinaria: a renderla pubblica è stato il libro “Calogero Marrone, una storia dimenticata” «Dobbiamo ringraziare il lavoro certosino di Franco Giannantoni e Ibio Paolucci, che hanno riportato alla memoria che rischiava di essere totalmente dimenticata» ha spiegato Rosario Manganella, presidente nazionale del Istituto di studi Calogero Marrone.

Il libro, pubblicato nella sua prima edizione nel 2002 per Arterigere, ha fatto scoprire la sua storia a tutta Varese ma anche a Favara, che ignorava le gesta del loro illustre concittadino. Non solo: il primo libro di Giannantoni e Paolucci fu determinante per iniziare il processo di riconoscimento di Marrone quale “Giusto fra le nazioni”. I vertici dello Yad Vashem di Gerusalemme, l’unica istituzione deputata a vagliare le posizioni dei “Giusti”, presero infatti subito contatto con i due autori  per avere i documenti storici necessari ad avviare la pratica per il titolo di “Giusto tra le Nazioni“, che si concluse positivamente nel 2013. Nel 2023 è poi arrivata anche la medaglia d’oro al merito civile della Repubblica, consegnata in memoria alla sua famiglia.

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 26 Gennaio 2024
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