Un medico ospedaliero su 2 pensa alla pensione anticipata: preoccupa il sondaggio della società scientifica Fadoi
L'inchiesta, che ha riguardato molti camici bianchi del servizio pubblico, indica una condizione di grave disaffezione ma coglie anche spunti per rivitalizzare il SSN
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“Un Servizio sanitario nazionale che torni a garantire a tutti il diritto alla salute, apponendo le esigenze assistenziali davanti a quelle economiche” è quanto invocano i medici che lavorano all’interno del servizio sanitario nazionale. A raccogliere la domanda è stata la Federazione dei medici internisti ospedalieri Fadoi che ha intervistato diversi specialisti in diverse regione italiane. Medici d’esperienza, con alle spalle in oltre la metà dei casi molti anni di carriera, mentre il 30% del campione che lavora da meno di 10 anni nel Ssn.
QUASI UN MEDICO OSPEDALIERO SU 2 PENSA ALLA PENSIONE ANTICIPATA
II sondaggio mette nero su bianco la stanchezza del comparto medico e, soprattutto, il pessimismo diffuso tra i camici bianchi. Le risposte ottenute indicano che il 46% dei medici pensa alla pensione anticipata e il 38,7% dei non pensionabili di lasciare il pubblico mentre uno su dieci vuole cambiare mestiere.
Quasi la metà pensa di appendere in anticipo il camice bianco al chiodo sopratutto per evitare presenti e futuri tagli alle loro pensioni, ma anche per i carichi di lavoro eccessivi. Una percentuale così alta che se pure nel 10% dei casi si trasformasse in realtà significherebbe la fuoriuscita anticipata dai nostri ospedali di decine di migliaia di professionisti.
IL 31% DEI MEDICI LAMENTA CARICHI DI LAVORO ECCESSIVI
Per il 30,95% la causa sarebbero gli eccessivi carichi di lavoro, mentre la bassa retribuzione motiva solo il 2,38% e la voglia di chiudere la carriera all’estero il 9,53%. Anche chi non è in età di pensione, nel 38,71% dei casi. sta pensando di lasciare il servizio pubblico. Il 21,82 % per andare nel privato, il 4,55% all’estero, mentre un preoccupante 12,33% di scoraggiati pensa di cambiare del tutto attività. Uno scoramento che trova conferma nel 36,43% che, alle condizioni attuali, tornando indietro nel tempo non sceglierebbe più di fare il medico.
GARANTIRE LA SALUTE DI TUTTI RIMANE UN VALORE FONDAMENTALE
Le motivazioni di chi si sente ancora legato al servizio pubblico restano forti: il 59,2% motiva la sua scelta con la coscienza di voler garantire a tutti il diritto alla salute, seguito dal 17,46% che percepisce ancora come un valore la sicurezza del posto di lavoro, mentre per il 13,66% a non sciogliere il legame con il Ssn è il fatto che le esigenze assistenziali nel pubblico vengano prima delle ragioni economiche. Un altro 9,68% dà invece come motivazione la qualità dei nostri ospedali, che resta ancora alta.
L’indagine punta poi ad analizzare le criticità nei reparti di medicina interna, quelli che in media assorbono circa il 50% di tutti i ricoveri ospedalieri. Per il 52,55% il problema numero uno resta la carenza di personale medico e infermieristico, sopratutto se rapportato alla intensità di cura medio-alta dei reparti di medicina interna, ancora classificati come reparti a bassa intensità di cura.
La scarsa valorizzazione del medico di medicina interna nell’organizzazione del lavoro ospedaliero è invece segnalata dal 30,91%. La scarsa o mancata integrazione tra ospedale e servizi territoriali è indicata da un altro 9,27%, mentre per il 7,27% l’elemento di maggiore criticità è la carenza di posti letto nei reparti di medicina.
POSITIVO L’UTILIZZO DEGLI SPECIALIZZANDI I CORSIA
Quasi un plebiscito per l’utilizzo degli specializzandi a copertura dei vuoti in pianta organica con solo il 21,25% che pensa possano mettere a rischio la qualità dell’assistenza.
Per il 56,36% è invece utile purché svolgano le loro attività affiancati da un tutor, mentre per il 22,39% servono, ma sarebbe utile semplificare la burocrazia che ancora vincola il loro utilizzo negli ospedali al parere delle Università.
Non convince infine la formula straordinari meglio pagati uguale meno liste di attesa, contenuta nella manovra economica, giudicata efficace solo dal 9,87% degli intervistati, mentre per il 41,18% serve assumere personale, per il 19,92% organizzare meglio le attività in modo da garantire un utilizzo più esteso sia delle apparecchiature diagnostiche che delle risorse umane. A parere del 27,70% andrebbe invece ridotta l’inappropriatezza prescrittiva, mentre appena l’1,33% ricorrerebbe al privato convenzionato per tagliare le liste di attesa.
COME CAMBIARE: L’OPINIONE DEL PRESIDENTE DI FADOI FRANCESCO DENTALI
«L’indagine rivela, forse a sorpresa per chi non conosce a fondo la realtà medica, che per continuare a tenere legati i medici al servizio pubblico non sono tanto le più alte retribuzioni, che pur andrebbero almeno avvicinate a quelle europee, quanto piuttosto il miglioramento delle condizioni di lavoro e di carriera, oltre che la garanzia del rispetto dei diritti pensionistici acquisiti – afferma il Presidente di Fadoi, Francesco Dentali – Certo, preoccupa quel 40% che pensa di lasciare il servizio pubblico, ma sono gli stessi medici nelle loro risposte a indicare la via della rinascita: un Ssn che torni a garantire a tutti il diritto alla salute, apponendo le esigenze assistenziali davanti a quelle economiche, indicate da oltre il 70% dei medici come elemento che ancora li lega al pubblico».
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