Ogni obeso ci costa 100 mila euro in più di un normopeso

Il tema della salute riguarda tutti, sempre, sia in chiave di prevenzione che di cura. L’epidemia di Covid-19, ci ha portato a comprendere che è un bene di tutti e solo insieme possiamo affrontare le sfide dei prossimi anni. In questo vasto panorama, un tema che non smette di catturare l'attenzione è quello dei disturbi alimentari

obesità infantile

Il tema della salute riguarda tutti, sempre, sia in chiave di prevenzione che di cura. Pervade in profondità la vita privata e il sistema paese nel suo complesso. L’epidemia di Covid-19, ci ha portato a comprendere che è un bene di tutti e solo insieme possiamo affrontare le sfide dei prossimi anni. In questo vasto panorama, un tema che non smette di catturare l’attenzione è quello dei disturbi alimentari. Per affrontarlo, cogliendo prospettive diverse, ascoltiamo la voce di tre esperti.

L’economista: Rosanna Tarricone, Preside Associato della SDA Bocconi e Professoressa Associata al Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Bocconi.

Intervista a Rai Radio 1: “Un fenomeno che è strettamente legato agli stili di vita è l’obesità. L’obesità è responsabile del 40% delle malattie cardiovascolari e del 35% di alcuni tumori. Negli ultimi vent’anni è cresciuta di oltre il 40%, soltanto in Lombardia il 32% della popolazione è in sovrappeso, e oltre il 10% della popolazione è obesa. Un cittadino obeso costa al nostro sistema sanitario lombardo esattamente il doppio di un cittadino normopeso: un ragazzo o ragazza diciottenne con un’aspettativa di vita media di 75 anni costa 100.000 € in più rispetto a un coetaneo diciottenne normopeso. L’obiettivo dell’analisi economica non è risparmiare, ma aiutare ad allocare le risorse pubbliche, che per definizione sono risorse scarse e sono i contributi fiscali di ciascuno di noi, in maniera efficiente; per fare questo c’è bisogno, tra le tante azioni, anche di responsabilizzare il singolo cittadino sul fatto che se noi adottiamo stili di vita che non sono corretti e di conseguenza non otteniamo una buona salute, questo va a detrimento innanzitutto dei familiari, perché comunque c’è un impatto anche su chi ci sta intorno, ma va a detrimento anche dell’allocazione ottimale delle risorse, perché va a drenare fondi che potremmo invece allocare su altri interventi e su altri cittadini”.

Il medico: Piernicola Garofalo, medico endocrinologo specializzato in malattie del ricambio, nonché a capo della Commissione endocrinologia pediatrica Ame (Associazione medici endocrinologi).

Intervistato dal Sole24Ore: “Circa 1 bambino in età scolare su 3 in Europa convive con l’obesità o il sovrappeso. Pregiudizi e una narrativa fondata sullo stigma del peso guidano ancora troppo spesso l’approccio all’obesità ed al sovrappeso, specie in età evolutiva. Ciò paradossalmente contribuisce a far crescere i casi di obesità, alimentando un disagio personale e relazionale specie fra i bambini e gli adolescenti che “si sentono grassi, inappropriati”, sviluppano una dimensione di emarginazione e vivono con disagio le interazioni sociali a scuola, nell’attività sportiva, arrivando perfino a sviluppare disturbi del comportamento alimentare.

L’Italia presenta la percentuale più elevata (pari al 42%) di bimbi in sovrappeso od obesi nella fascia di età 5-9 anni, mentre si colloca al 4° posto nella classe di età 10-19 anni, con il 34,2% dei giovani affetti. È necessario lavorare per non far passare più l’idea di obesità come “un problema”, ma vederla e raccontarla nel suo insieme, ossia come una concreta, minacciosa premessa per una molteplicità di problemi di salute, potenzialmente gravi, ma assolutamente modificabili. Bisogna ripartire dal responsabilizzare il ragazzo, incoraggiandolo a farsi tutore della propria salute spiegandogli come è possibile cambiare la storia delle conseguenze della sua obesità di oggi.

Non dimentichiamo di prestare attenzione alle risorse emotive in modo che tutte le comorbidità legate all’obesità (diabete, epatopatie, dislipidemie, artropatie, pneumopatie, malattie cardiovascolari) vengano definitivamente allontanate anche dal suo inconscio immaginario. Nel giovane é importante alimentare concetti positivi di salute e benessere anziché idee di malattia o gap verso il gruppo dei pari evitando, per esempio, di mortificare il bambino per il suo peso o per “lo sgarro” a tavola, come anche di complimentarsi con lui per avere invece perso peso”.

La psicoterapeuta: Laura Dalla Ragione, psichiatra e direttore del centro per i disturbi del comportamento alimentare della USL 1 dell’Umbria 1, docente al Campus Biomedico di Roma e direttrice del Numero Verde Nazionale SOS Disturbi Alimentari della Presidenza del Consiglio e dell’Istituto Superiore di Sanità.

Cogliamo importanti indicazioni da sue due interviste recenti: “Ritratto di Laura Dalla Ragione: pensare fuori dagli steccati” della rivista Recenti Progressi in Medicina, e per la rivista Sanità Informazione a proposito del suo ultimo libro, Social Fame.

Attualmente in Italia 3 milioni di persone soffrono di disturbi alimentari (anche detti DCA): è una vera e propria emergenza ed è assolutamente necessario rafforzare la prevenzione dei fattori di rischio. Il contesto scolastico è uno dei principali su cui intervenire in ambito di prevenzione. Nelle nostre ricerche abbiamo scoperto che un tratto comune in molti adolescenti alle prese con un disturbo del comportamento alimentare era l’interazione, per molte ore al giorno, con profili Instagram e Tik Tok che propongono determinati modelli corporei e modelli alimentari da seguire. La Generazione Z ha il controllo tecnologico dei mezzi digitali, ma non quello emotivo. E senza una regolamentazione sarà il Far West. Nel nostro libro, infatti, poniamo l’accento sull’opportunità di inserire come materia scolastica l’alfabetizzazione digitale emotiva che insegni l’utilizzo corretto e le potenzialità del digitale”.

“La malattia, come ci racconta Susan Sontag, ci dà un passaporto per intraprendere un viaggio in una terra straniera, mai visitata prima, quella della malattia: da quel viaggio si torna comunque cambiati. Ma la guarigione nell’essere umano ha a che fare comunque con il prendersi cura, e soprattutto con la relazione con l’altro. In psicoterapia forse non sempre si guarisce, ma si cambia, si impara a tollerare i propri limiti, ad ammettere la propria fragilità. È lo sguardo dell’altro che cura, che sceglie proprio te, che ti tira fuori dall’anonimato, dalla terra degli sbagliati e degli invisibili. Quello sguardo che ci perdona di essere come siamo, che ci permette di abbassare le difese e ci rivela che andiamo bene proprio così. Solo quello sguardo rende abitabile il destino e lo trasforma in destinazione, conferisce un senso di forza alla vita, che non è forse tutta la felicità che vorrebbe il cuore umano, ma è nutrimento sufficiente a sopportare ciò che manca. Ogni sofferente deve trovare un luogo, ovvero un incontro con qualcuno che lo accolga e che gli voglia bene. Questo luogo può essere la famiglia, la scuola, uno spazio di cura. L’importante è che non manchi mai l’affetto”.

“Attualmente la metà delle regioni italiane non ha assistenza adeguata per la terapia e riabilitazione dei disturbi alimentari e questo determina risposte parziali e mobilità extraregionale, che aggiunge stress a pazienti e famiglie già fortemente provati da una patologia severa e molto insidiosa. Il trattamento d’elezione per i DCA è quello multidisciplinare e quindi con figure professionali molto diverse, essendo una patologia che riguarda la mente e il corpo. Psicologi, medici, nutrizionisti, infermieri, assistenti sociali, tante figure che compongono un puzzle che deve riuscire ad aggredire una patologia severa. Un linguaggio comune, è la condizione fondamentale per costruire un progetto di cura efficace”.

“I social media sono sicuramente un canale di comunicazione molto potente, nel bene e nel male. Costituiscono un fattore di rischio, per la diffusione di modelli pericolosi sull’immagine corporea e sulla alimentazione. Ma si stanno diffondendo sempre di più le cosiddette pagine di Recovery. Cioè pagine attraverso le quali chi è ammalato di disturbi alimentari ed è guarito cerca di motivare altre persone, che sono ancora dentro il disturbo a intraprendere un percorso di terapia”.

Le voci degli esperti fanno emergere chiaramente la complessità e l’urgenza della questione legata all’obesità e ai disturbi alimentari. L’obesità è un peso finanziario significativo per il sistema sanitario, e serve la responsabilizzazione individuale per adottare stili di vita salutari. Dall’approccio medico emerge la necessità di affrontare il problema fin dall’infanzia, lavorando sulla percezione positiva della salute e del benessere, oltre che sull’educazione emotiva digitale per contrastare modelli corporei distorti propagandati sui social media. Infine, dal punto di vista psicoterapeutico, si sottolinea l’importanza della relazione umana nel processo di cura, evidenziando la necessità di un approccio multidisciplinare e di una maggiore disponibilità di risorse per la terapia e la riabilitazione. In sintesi, la sfida è complessa e richiede strategie integrate a livello individuale, sociale e istituzionale per promuovere la salute e prevenire le gravi conseguenze dei disturbi alimentari.

“Le giornate dovrebbero iniziare con un abbraccio, un bacio, una carezza e un caffè. Perché la colazione
deve essere abbondante”, Charles M. Schulz, Peanuts.

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Pubblicato il 24 Febbraio 2024
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