Processo per spaccio ed estorsioni nel Nord del Varesotto: gli avvocati difensori contestano il “metodo mafioso”
Il dibattimento coinvolge 16 imputati e comincia con una importante eccezione sollevata dalle difese. Il pm della Dda sostiene però la «forza intimidatrice di 'ndrangheta e camorra nelle Valli»
Parte a Varese il processo per il giro di estorsioni e spaccio di droga nel Nord del Varesotto che ha portato di fronte al giudice 16 imputati a cui vengono attribuite condotte legate alla presenza sul territorio di propaggini di ‘ndrangheta e camorra fra Valcuvia e Valmarchirolo (QUI un articolo in cui si parlava della vicenda).
In apertura dell’udienza il legale di uno degli imputati, Corrado Viazzo, ha discusso un’eccezione procedurale già sollevata in sede di udienza preliminare. Eccezione che riguarda la competenza territoriale per alcuni capi di imputazione gravati dal metodo mafioso: per quelli dove questo non è contestato viene sostenuta una “connessione”. È dunque sufficiente «essere parenti alla lontana di un affiliato di ‘ndrangheta di Lamezia Terme sconosciuto a Lavena Ponte Tresa o a Marchirolo, come contestato ad un imputato?».
Ed è “metodo mafioso” «un semplice spaccio di droga o un danneggiamento all’interno di un’abitazione privata?» si è chiesto sempre Viazzo nella sua animata discussione con la quale è stata chiesta l’esclusione del metodo mafioso e la contestuale trasmissione degli atti al Gip di Varese, oltre ad escludere – in subordine – la connessione di alcuni reati con il suddetto metodo mafioso.
Anche i legali degli altri imputati (Martinetto, Mallone, De Giorgi, Carnelli e Crapanzano) si sono associati alle eccezioni dell’avvocato Viazzo. Di tutt’altro avviso invece il pubblico ministero Giovanni Tarzia che ha prodotto l’ordinanza del Gup del 9 marzo 2023 (con cui si ordinava il rinvio a giudizio) e ha chiesto di respingere le eccezioni: «Anche in Lombardia e nelle valli lombarde c’è un’infiltrazione di ‘ndrangheta e camorra, è un fatto oramai acclarato», ha spiegato il Sostituto della Dda di Milano. «La popolazione si rivolgeva– secondo le risultanze del giudice per l’udienza preliminare di Milano – agli imputati per dirimere i conflitti. Essi avevano forza intimidatrice con vantati collegamenti con le associazioni con cui si facevano pressioni su amministratori, imprenditori, professionisti e forze dell’ordine».
Si tratta, secondo il pm di ben «tre gruppi criminali che operavano in queste valli». Il pm ha pure contestato la valutazione di alcuni episodi citati dalle difese “nel merito” sebbene in fase preliminare e di eccezione (quindi prima ancora della fase dibattimentale dove si forma la prova). I giudici scioglieranno la riserva il 12 marzo.
Omertà e intimidazioni, così comanda la malavita vicina alle cosche nell’Alto Varesotto
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