Accoglieteli a casa vostra? Il presidente della Provincia Magrini lo ha fatto e ora Oyas vive e lavora qui
Nel racconto la voce si spezza, come per tutti i "papà". Orgoglioso di vedere crescere e diventare uomo chi ha condiviso la sua casa per anni
La giornata di orientamento dedicata ai giovani stranieri alle Ville Ponti di Varese ha regalato diverse storie sorprendenti: non solo raccontate dagli oltre trecento ragazzi che hanno partecipato, ma anche da un testimone d’eccezione: il presidente della provincia Marco Magrini che ci ha raccontato un’esperienza di accoglienza vissuta in prima persona.
«Questa storia nasce quando ero sindaco di Cassano Valcuvia – ci racconta Magrini -. Da una cooperativa di Caravate avevano trasferito cinque ragazzi nigeriani, che avevamo accolto nel nostro comune. Noi li avevamo accolti con una logica: quello di dar loro un lavoro. Quindi avevamo cercato un impegno per loro un’attività all’interno del paese, per non lasciarli a fare nulla e allo stesso tempo farli conoscere e accogliere dai cittadini».
Un progetto civico che però per l’attuale presidente della Provincia ha preso una piega anche personale: «Questo percorso che ha permesso a me e alla mia compagna di accogliere uno di loro – spiega -. Ormai i nostri ragazzi sono grandi, uno di loro è in Olanda, l’altro è appena tornato dall’estero ma ha famiglia, così noi abbiamo pensato di aiutare questo ragazzo: si chiama Oyas David Anaue, è nigeriano, ora ha 28 anni».
Il primo passo è stato un percorso di inserimento in Italia: «Ha cominciato ad andare al CPIA a Varese per imparare la lingua ormai 7 anni fa – continua Magrini – Quando poi ha superato l’esame di terza media si è iscritto al Newton e ha fatto in tre anni i cinque anni della scuola media superiore. Ha poi preso la patente, e si è inserito anche dal punto di vista lavorativo, in una ditta del territorio, una ditta di alta tecnologia. Lui, con tutte le difficoltà che aveva perché arriva da un mondo molto diverso, si è inserito bene ed ormai sono quattro anni che lavora lì».
Oyas David AnaueIntanto il percorso di accoglienza si svolgeva anche “in famiglia”: «L’abbiamo portato a casa, gli abbiamo preparato un appartamento nel nostro cortile con due stanze, ma poi ha avuto la necessità di sposarsi, e in effetti lo vedevamo un pò solo: lui è cristiano, va tutte le settimane a messa, ma gli mancava qualcosa. Così quando ha avuto il permesso di lavoro, ha avuto il nulla osta per rientrare in Nigeria, si è sposato e poi ha fatto le pratiche per il ricongiungimento. Lei, Sara, è arrivata in Italia a 22 anni prima di Natale, ha passato le feste con noi, e adesso sta facendo la scuola al CPIA, sta imparando la lingua e la sta imparando in fretta perchè stava frequentando l’università in Nigeria. Adesso vedremo di aiutare anche lei, di inserirla nel mondo lavorativo. Quindi, posso dire che è una bellissima esperienza, che a me ha dato molto». E su queste ultime parole la voce si spezza, come per tutti i “papà”, anche se solo virtuali, orgogliosi di vedere crescere e diventare uomo chi ha condiviso la tua casa per anni.
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