Botte e scenate di fronte alla figlia della compagna: il tribunale di Varese lo condanna a tre anni
Continui battibecchi, anche sul posto di lavoro della donna che è stata per questo licenziata. Nel corso di una colluttazione l’uomo le avrebbe spezzato un braccio
Anni di maltrattamenti, bisticci, litigi continui, un braccio rotto e il lavoro perso per le continue scenate di gelosia del compagno. Poi la decisione di troncare, e denunciare.
Alla fine di un processo nel quale sono stati sentiti diversi testimoni, la decisione del giudice, che ha condannato.
Il pubblico ministero Marilina Contaldo, per quei capi di imputazione, aveva chiesto ha pena alta, 5 anni di reclusione dal momento che il reato contestato di maltrattamenti in famiglia parte da una pena base già di per sé piuttosto elevata – 3 anni e fino a 7 – oltre poi alle lesioni che secondo l’accusa l’uomo avrebbe provocato alla compagna in due distinte circostanze, fra l’estete e l’autunno 2019.
Fatti che hanno visto in alcuni casi la presenza della minore figlia della donna, oltre ad una brutta frattura ad un braccio che aveva causato l’interruzione dell’attività lavorativa come barista, professione svolta dalla parte offesa. Ma non solo: a quanto risulta al difensore di parte civile Giovanni Grassi, la donna avrebbe per le intemperanze del compagno – esternate con urla, battibeccchi e calci al mobilio del locale dove la donna lavorava, nel Luinese – , pure perso il lavoro; danno quantificabile in via provvisoria sul piano civilistico in almeno 5 mila euro.
Il difensore dell’imputato, l’avvocato Maria Francesca Bentivenga, dal canto suo, ha ipotizzato la mancanza dei requisiti sia per il maltrattamento di famiglie sia per quanto riguarda la condanna in sede penale per quanto riguarda i due episodi di lesioni.
Il presidente del collegio, giudice Andrea Crema, ha invece sostenuto le tesi dell’accusa in parte ridimensionata: condanna a 3 anni e 6 mesi (considerato il vincolo della continuazione), interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, oltre ad una provvisionale di 2 mila euro e spese processuali a carico dell’imputato.
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