Donati duemila cd al conservatorio Puccini di Gallarate. “I giovani musicisti scommettono sulla bellezza”

La donazione è stata fatta dal giornalista e critico musicale Davide Ielmini: "La musica è una straordinaria palestra di convivenza e un esempio di civiltà"

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«Riscopriamo il gusto di sederci intorno al fuoco in cerchio. Il cerchio della comunità in cui ognuno porta quello che sa e accende il fuoco della conoscenza». Davide Ielmini, scrittore, giornalista e critico musicale, quel fuoco lo ha acceso un’infinità di volte, seduto nelle stanze di casa ad ascoltare gli amati dischi. Migliaia di vinili e cd che Ielmini ha custodito con amore e senso di riconoscenza nei confronti di quegli artisti che hanno alimentato il suo stupore.
Duemila di quei cd, da quelle stanze hanno traslocato in una grande casa della musica, il Conservatorio Giacomo Puccini di Gallarate dove è stato costituito il Fondo Ielmini. Una donazione che vuole aiutare i giovani musicisti a realizzare un’idea di bellezza partendo da due principi: l’ascolto e la curiosità.
In effetti, il Fondo Ielmini riflette tutta la curiosità di questo intellettuale: si va dal 1500 al jazz contemporaneo, dal barocco al romantico, passando per tutti i grandi nomi della musica classica. (nella foto da destra: Carlo Balzaretti, Davide Ielmini e Silvia Del Zoppo)

Ielmini, perché ha deciso di fare questa donazione?
«Perché un giovane che decide di iscriversi al conservatorio scommette sulla bellezza dell’esistenza. Ma per imparare a suonare e coltivare idee nuove serve il confronto con chi lo ha già fatto e questo fondo consente ai giovani musicisti di confrontarsi. E poi c’è una seconda ragione, altrettanto importante, questo conservatorio ha l’obiettivo di creare al suo interno un museo fonografico. Mi piace pensare alla nascita di una scuola di ascolto alla musica, ricordando che per ascoltare, che non equivale a sentire, bisogna mettersi in relazione. Questa donazione mette ulteriore energia a quello che già esiste».

È stata una separazione difficile?
«Non è stato facile, perché la paura generata dalla separazione si basa su quello che ti mancherà. Ma quando hai capito che tutte quelle cose che sono servite a formarti, che ti potrebbero servire ancora, le hai interiorizzate veramente, allora quella paura svanisce perché il materiale che ho donato io lo porto dentro di me. Sono dischi che ho ascoltato tante volte e che ho lasciato sedimentare nel tempo. Ora è venuto il momento di separarmene per dare ad altri l’occasione di poter fare questo percorso, sperando che i giovani musicisti possano sperimentare la bellezza della maturazione interiore che va oltre l’estetica facendoti abbandonare ogni pregiudizio. Quindi non lascio nulla con amarezza, anzi. Ho la speranza che qualcuno ascoltando quei dischi esclami uno “wow” di meraviglia, proprio come spesso è capitato a me».

Oggi la musica si scarica dalla rete, è liquida come la società in cui viviamo. I ragazzi non hanno un’esperienza materiale. Le generazioni passate ascoltavano i vinili dove i “difetti” diventavano un tutt’uno con l’opera artistica. Tenevano in mano e guardavano copertine spesso realizzate da altri artisti, leggevano le note di copertina. Insomma, tutto questo non c’è più.
«È vero, oggi il consumo della musica segue altri canoni. Durante la presentazione del fondo, il professor Balzaretti ha detto giustamente che l’ascolto del vinile è più dolce e in armonia con il corpo umano e le sue accordature. Noi facciamo parte di una generazione che nell’ascolto della musica accettava come parte dell’opera il brusio della puntina che sfregava sul disco, quasi una magia, che a volte si accompagnava a una pausa prolungata quando il disco era un po’ storto. I dischi in vinile e i cd erano non solo da ascoltare ma anche libri da leggere: avevano copertine strepitose, vere e e proprie opere d’arte, penso a quelle dei Pink Floyd o degli Yes. Leggendo le note di copertina e le informazioni contenute nei dischi ho imparato più cose di quante ne ho imparate durante le lezioni di musica. Avere un disco è un’esperienza completa».

La musica rende migliori le nostre vite?
«La risposta più bella me l’ha data Ennio Morricone in un’intervista di qualche anno fa. Alla domanda se la musica avesse un effetto terapeutico, il grande maestro rispose: “Ielmini, la musica ha un effetto terapeutico, ma è a scadenza perché poi si ritorna come prima”. Bisogna crederci e insistere perché la musica è una straordinaria palestra di convivenza e un esempio di civiltà. È raro sentire un interprete criticare un altro interprete. L’amore per la musica ha alla base il superamento del pregiudizio e l’accettazione di un altro ordine di idee. Con la musica si può scegliere di non parlare ed essere capiti perché è un linguaggio universale. La musica in qualche modo ha il potere di farti entrare nella vita degli altri».

Alla fine ci sono sempre dei ringraziamenti da fare. A chi vanno i suoi per la costituzione di questo fondo?
«Innanzitutto a Noemi Gobbi, già direttore del conservatorio di Como, che mi ha messo in contatto con il professor  Carlo Balzaretti, direttore del Conservatorio Puccini di Gallarate che ha accettato la mia proposta con entusiasmo. Un ringraziamento a Silvia Del Zoppo, docente di Storia della Musica, e al maestro Giancarlo Parodi, organista di livello mondiale, che hanno alimentato il confronto nel giorno della presentazione al pubblico del Fondo Ielmini».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 17 Marzo 2024
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