In manette un dipendente del Comune di Limbiate. Prestò l’identità a Matteo Messina Denaro
Il professionista avrebbe coperto la latitanza del boss mafioso di Castelvetrano dal 2007 al 2017. Emersi legami famigliari con altri fiancheggiatori e componenti del clan
Un architetto di Limbiate è stato arrestato perchè considerato fiancheggiatore di Matteo Messina Denaro. Il volto e il nome di Massimo Gentile è su tutti i giornali di oggi, mercoledì, con l’accusa di aver prestato l’identità al boss di Castelvetrano per l’acquisto di almeno due auto tra il 2007 e il 2017.
Per una decina d’anni, dunque, il professionista originario di Erice ha prestato la sua identità al latitante che girava indisturbato per Palermo dove era andato di persona a ritirare un’auto intestata a Gentile e a prelevare i soldi in banca.
Gentile ha anche gestito un ristorante a Mazzara del Vallo e dal 2019 si era trasferito a Limbiate dove lavora come istruttore tecnico nell’ufficio lavori pubblici del comune della provincia di Monza, occupandosi degli appalti finanziati dal Pnrr.
L’arresto è il frutto del lavoro portato avanti dai magistrati di Palermo relativamente alla latitanza del boss. Grazie ai pizzini trovati nelle case in cui viveva la Procura diretta da Maurizio De Lucia sta ricostruendo la rete di fiancheggiatori che hanno garantito all’ex-primula rossa, deceduta pochi mesi dopo l’arresto per un tumore, una lunghissima latitanza pur rimanendo sempre nella sua Sicilia.
Da quanto emerso Gentile avrebbe lavorato per la ditta della moglie di Andrea Bonafede (già arrestato per lo stesso motivo nei giorni successivi alla cattura del latitante). Dalle analisi sui legami famigliari è anche emerso che Gentile e il marito di Laura Bonafede (l’amante del boss) sono legati da una parentela tramite i rispettivi padri che sono cugini di primo grado e legati alla famiglia di Messina Denaro.
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