La moglie lo denuncia, poi torna a vivere con lui: assolto a Varese dall’accusa di maltrattamenti e violenza sessuale
Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 9 anni e 3 mesi di reclusione, mentre la parte civile 90 mila euro di risarcimento per i danni subiti dalla donna
Una pena richiesta elevata. Tre capi d’imputazione piuttosto gravi: maltrattamenti in famiglia, lesioni e soprattutto la violenza sessuale.
Ma l’imputato è stato assolto: prima della lettura della sentenza ha reso spontanee dichiarazioni legate al fatto che da tempo la moglie, la stessa donna che l’aveva denunciato pronunciando verso di lui pesantissime accuse, fosse tornata a vivere sotto lo stesso tetto.
Accuse aggravate e in continuazione imputate al marito della donna costituitasi parte civile, giudicato oggi dal Collegio di Varese al termine di un procedimento penale molto lungo e ricco di testi, dai vicini di casa ai carabinieri che di tanto in tanto venivano chiamati in quella abitazione del paesino delle valli varesine che spesso si animava di lampeggianti o di chiacchiere per il comportamento di quella coppia bizzzarra: viaggi in India e Sud America, in passato dipendenza da sostanze, fare fricchettone che non passa inosservato nei centri minori incastonati fra montagne e valli.
In aula l’imputato ha avuto sempre la parola di troppo, il fare da superiore, strafottente tanto di essere stato pure allontanato più di una volta dai magistrati, e in un caso ha pure dato spettacolo sulle scale minaccciando il difensore – una donna – avvocato di sua moglie. Ma oltre a queste intemperanze il processo verteva in un clima ricostruito in aula che ha portato a ricostruire un rapporto fra i due fortemente turbolento e caratterizzato da aspetti violenti, un milieu ricordato dal pubblico ministero che ha chiesto una condanna di peso: 9 anni e 3 mesi.
Una richiesta diametralmente opposta rispetto a quella della difesa e contro cui l difensore Alberto Caleffi ha richiesto l’assoluzione: «Certo, conosco da anni il mio assistito. Ha un carattere paerticolare, atteggiamenti bizzarri, ma non è un criminale. L’imputato non va punito per questi reati e deve essere assolto se non con formula piena almeno dubitativa: manca la prova certa per tutti e tre i reati contestati».
La parte civile Carmen Botta ha invece sostenuto la tesi dell’accusa e ha chiesto 80 mila euro come somma a titolo risarcitorio.
La sentenza è arrivata dopo le 14 di giovedì dopo una camera di consiglio di circa 30 minuti: le dichiarazioni spontanee dell’imputato potrebbero anche non aver influito sulla decisione (difatti gli episodi contestati sono relativi ad anni fa, dunque non riguardano comportamenti recenti), le cui motivazioni sono attese fra 90 giorni.
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