Molestie sessuali sul posto di lavoro, “mi chiamava Bambi”: a Varese il processo, i testi raccontano

L’uomo, 61 anni, accusato di violenza sessuale avrebbe palpeggiato una lavoratrice in fabbrica. Le colleghe della vittima: “Che vuoi farci è così“

tribunale varese

Non ha lasciato correre. Ha denunciato. Eppure, dalle testimonianze rese in aula, sembra che qualcuno fra i colleghi – fra le colleghe – le avesse fatto capire che avrebbe combattuto una battaglia contro i mulini a vento: «Che ci vuoi fare, è così. Si sa».

Invece lei ha voluto andare fino in fondo. E quei palpeggiamenti pretesi in un luogo appartato nella grande fabbrica in un paese appena fuori Varese, per evitare che sguardi indiscreti vedessero, non sono andati giù alla giovane donna che ha voluto denunciare. Gesti imposti da quell’uomo molto più vecchio di lei, maturo, uno dei “capi“ del reparto dove operava anche la ragazza, un sindacalista; gesti uniti a quelle parole volgari che l’uomo, 61 anni proferiva, richieste indicibili legate a pratiche sessuali particolari.

La dipendente ha così informato l’azienda prima e poi le forze dell’ordine chiamando a testimoniare nel processo che ne è scaturito alcune colleghe di lavoro sentite in tribunale al Collegio di Varese in un procedimento penale per violenza sessuale, reato che la legge prevede come tale quando sussiste il comportamento di chi «con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali».

E proprio questo viene contestato all’imputato, oggi presente in aula di fronte ai tre togati e in udienza pubblica, anche lui ad ascoltare quanto la Procura contesta poiché sospettato nell’estate 2021, nel pieno del periodo Covid, di aver preso di mira l’operaia. Ma non solo. Nel corso delle testimonianze sono saltate fuori altre vicende, riconducibili anche ad altre lavoratrici: una, a cui sarebbe stata abbassata la mascherina all’interno di un montacarichi di servizio con la pretesa di un bacio, e un’altra, che avrebbe subito molestie di minor peso, ma pur sempre atti gravissimi sotto il profilo fisico prima ancora che psicologico. Una delle lavoratrici ascoltata in udienza ha spiegato come l’imputato le si rivolgesse in toni ben più che confidenziali: quel “tu“ sacrosanto pronunciato da chi condivide ore e ore nello stesso ambiente di lavoro, nella stessa professione, sfociava in apprezzamenti estetici fuori luogo, vedi nomignoli legati alle fattezze degli occhi («mi chiamava Bambi»), ma anche a richieste che non lasciano adito a equivoci («mi chiedeva quando potevamo trovarci per fare l’amore»).

Un’altra testimone, lavoratrice per poche settimane ain azienda, ha raccontato di aver visto l’imputato toccare al fianco la lavoratrice ogni volta che doveva passarle accanto e indugiare con la mano, sempre sul fianco della donna e per diversi minuti durante la firma di alcuni documenti. In un contesto simile, dunque generalizzato a quanto pare a diverse lavoratrici che non hanno tuttavia inteso denunciare, la misura si è colmata.

Il racconto del responsabile di produzione in aula ha spiegato di aver ricevuto la segnalazione immediata di un collega che dopo l’episodio maggiore, il più grave, ha trovato l’operaia in lacrime, e l’ha accompagnata ai piani alti dell’azienda: «Abbiamo subito spostato la dipendente da quel reparto e inviato una lettera di contestazioni al dipendente accusato di aver avuto un comportamento del genere. Poi il lavoratore è stato allontanato dall’azienda»; su quest’ultimo passaggio a detta dei difensori dell’uomo vi sarebbe in corso un procedimento dinanzi al tribunale del lavoro di Varese.

L’imputato non ha inteso farsi interrogare avvalendosi della facoltà che la legge gli attribuisce: può ancora farlo, come pure rilasciare spontanee dichiarazioni senza contraddittorio dal momento che la prossima udienza verrà dedicata ai testi della difesa mentre il 18 giugno sono previste le conclusioni, dopo la chiusura del dibattimento. L’imputato è difeso dagli avvocati Fulvio Anzaldo e Sara Turuani Porretti: la parte offesa si è costituita parte civile difesa dall’avvocato Luca Carignola.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

Un giornale è come un amico, non sempre sei tu a sceglierlo ma una volta che c’è ti sarà fedele. Ogni giorno leali verso le idee di tutti, sostenete il nostro lavoro.

Pubblicato il 05 Marzo 2024
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.