Torna il Festival Fotografico Europeo. Quattro mostre a Villa Pomini di Castellanza
La dimora del Comune di Castellanza ospiterà gli scatti di Stefania Adamini, Carlo Bavagnoli, Roberto Lugano e l'Istituto Italiano di Fotografia
Dal 16 marzo al 28 aprile torna a Legnano, Busto Arsizio, Castellanza, Cairate e Olgiate Olona il festival fotografico europeo, giunto alla 12^ edizione, organizzato dall’Archivio Fotografico Italiano con il patrocinio della Commissione Europea, della Provincia di Varese, e delle amministrazioni comunali che lo ospitano.
Il festival si fregia di numerose collaborazioni tra le quali l’Archivio Letizia Battaglia, ILISSO Edizioni, Istituto Italiano di Fotografia, Emergency, FP School Scuole di Fotografia, gallerie e realtà private tra cui: Barbara Frigerio Gallery Milano, Galleria Boragno Busto A., A&A Studio Legale Busto A. e Milano, Spazio Arte Farioli Busto Arsizio e il supporto tecnico di EPSON Digigraphie, si pone l’obiettivo di promuovere la fotografia d’autore e il linguaggio espressivo, attraverso percorsi visivi articolati, aperti alle più svariate esperienze espressive. Media Partner: Il Fotografo – La rivista della fotografia d’autore
Il progetto culturale e artistico è dedicato alla fotografia storica, moderna e contemporanea, con un approccio interdisciplinare che vede importanti autori a confronto con fotografi emergenti, italiani e provenienti da diversi paesi del mondo.
Il programma è arricchito da conferenze, proiezioni, presentazione di libri, workshop e iniziative site specific, il cui obiettivo è approfondire l’evoluzione del linguaggio fotografico e visivo. Un crocevia di esperienze dove esperti del settore, studenti, appassionati, ricercatori e professionisti potranno confrontarsi per una crescita collettiva.
Il Festival ha tra le finalità anche quella della valorizzazione del territorio, da far conoscere e scoprire mediante una comunicazione mirata, immagini d’archivio e campagne contemporanee.
Una sorta di laboratorio culturale che si apre all’Europa e che dialoga con la gente attraverso l’arte dello sguardo mettendo a fuoco le aspirazioni, i linguaggi e l’inventiva di artisti con differenti peculiarità stilistiche. Un progetto che vuole affermare la centralità della cultura quale potente meccanismo in grado di stimolare confronti tra i popoli e tra le generazioni, in una prospettiva di sviluppo, riflessione e dialogo, guidati dall’impegno comune.
Il programma prevede enti mostre, conferenze, proiezioni, presentazione di libri muovendosi dalla fotografia storica al reportage d’autore, dalla fotografia d’arte all’architettura, dalle ricerche creative alla documentazione del territorio.
Le mostre che si svolgeranno a Villa Pomini di Castellanza
VILLA POMINI – Via Don Luigi Testori, 14 – Castellanza (Va)
17 marzo – 14 aprile 2024
Orari visita: sabato 15/18,30 – domenica 10/12 – 15/18,30
Chiuso domenica 31/03/2024 – S. Pasqua / aperto lunedì 01/04/2024 ore 15/18,30
Ingresso libero
“Villa Pomini è lieta di rinsaldare ulteriormente il suo legame con il Festival Europeo della Fotografia curato da AFI – Archivio Fotografico Italiano – spiega l’Assessore alla Cultura della Città di Castellanza, Davide Tarlazzi -. Le mostre allestite a Castellanza presentano progetti di ricerca incentrati in particolare sulle città, sulle comunità che le abitano, sulle loro caratteristiche, i loro cambiamenti, i loro problemi, sul rapporto cultura e natura in relazione alla trasformazione del territorio. Sono temi capaci di stimolare pensiero e dibattito. Invito dunque a raccogliere le opportunità legate al Festival visitandone le sue sedi diffuse”.
CARLO BAVAGNOLI
SARDEGNA 1959. L’AFRICA IN CASA
Courtesy Ilisso Editore / Libro in mostra
La mostra propone una inedita documentazione di reportage, realizzata nel 1959 dal fotografico Carlo Bavagnoli, allora affiancato dal giornalista Livio Zanetti. Figure molto note in ambito editoriale, inviate in Sardegna dall’”Espresso” per quello che fu il primo reportage sociale pubblicato dal settimanale sulla scia di una dibattuta inchiesta parlamentare, circa lo stato di estrema povertà che opprimeva alcune aree della fascia centrale dell’Isola. Bavagnoli, colpito dalla grande dignità che assumeva la miseria in Sardegna, ha condensato la realtà in immagini che superano la mera cronaca, consegnando alla memoria visiva intensi ritratti, sorprendenti contesti urbani, interni domestici di straordinaria incisività. Scene di vita costitutive, nell’insieme, di un quadro preciso della regione che, da lì a poco, cambierà il proprio volto.
Carlo Bavagnoli nasce a Piacenza nel 1932. Completati gli studi classici, nel 1951 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza di Milano. A Brera ha modo di confrontarsi con alcuni giovani fotografi, Alfa Castaldi, Mario Dondero e Ugo Mulas. Nel 1955, trasferitosi definitivamente a Milano, inizia a collaborare con “Illustrazione Italiana“, “Tempo illustrato” e “Cinema Nuovo“.
Assunto come fotografo da “Epoca“, nel ’56, viene trasferito nella redazione romana della rivista. Nella capitale inizia un lungo lavoro di documentazione del quartiere popolare di Trastevere, grazie al quale ottiene i primi contatti con la rivista americana “Life“, che gli pubblica alcune foto.
Nel marzo del 1958 è per la prima volta in Sardegna, ad Orani, dove per la stessa testata fotografa Costantino Nivola durante la decorazione della facciata della chiesa della Madonna d’Itria e la mostra di sculture allestita per le vie del paese.
L’anno successivo trascorre un mese a New York, dove ancora “Life“, gli richiede, a scopo formativo, la realizzazione di un reportage sulla vita della metropoli; due anni dopo gli offre un contratto come corrispondente dall’Italia. Negli anni successivi lavorerà come free lance per diversi giornali.
Tra il 1960 e il 1961 torna in Sardegna, a Loculi e Irgoli, inviato da “L’Espresso” per un servizio sulla povertà in Italia, che non sarà pubblicato in quanto ritenuto non abbastanza drammatico. Aveva preferito, infatti, evitare la retorica e le forzature ideologiche che in quegli anni imperversavano sulle pagine di quotidiani e riviste.
Negli anni seguenti i viaggi tra l’Italia e gli Stati Uniti s’intensificano. Per “Life” documenta l’apertura del Concilio Vaticano II, la morte di Giovanni XXIII e l’elezione di Paolo VI. Nel frattempo continua la sua collaborazione con “Epoca”.
Il 1964 è un anno memorabile per la sua attività: è assunto nella redazione americana di “Life“, fatto unico per un fotografo italiano; dopo un anno trascorso a New York, viene trasferito alla sede di Parigi.
Dal 1972, anno in cui cessa la pubblicazione della rivista americana, intensifica i suoi rientri in Italia, pubblica numerosi libri fotografici, realizza vari documentari per la televisione e si occupa di musica classica.
STEFANIA ADAMI (foto di copertina)
Adagio Napoletano
(fotografie 2019-2022)
“…
si vui vulite bene a ‘stu paese,
fermateve ‘nu poco rint ‘i vichi,
guardate rint ‘i vasc e for ‘i chiese.
Venite insieme a me, pe’ strade antiche,
invece i cammenà vicino ‘u mare,
…”
(… se voi volete bene a questo paese, fermatevi un po’ di tempo dentro i vicoli, guardate dentro i “bassi” e fuori dalle chiese. Venite insieme a me per le strade antiche, invece di passeggiare sul lungomare, …)
(testo estratto da “Adagio Napoletano”, un brano di Roberto Murolo)
E io voglio bene a ‘stu Paese.
All’età di 27 anni lavoravo a Napoli ed abitavo appena sopra i Quartieri Spagnoli. La mattina, per non ritardare, attraversavo i Quartieri a passo svelto, spesso di corsa, ma sempre a testa bassa per non guardare e per non farmi notare. Era il 1989, crollava il Muro di Berlino ed il Napoli di Maradona vinceva la Coppa Uefa. Le sigarette di contrabbando le trovavi dietro ogni angolo di strada. A casa, in Garfagnana, nessuno sapeva che facevo quel percorso da sola ogni giorno, ma ugualmente si preoccupavano per me e per la mia incolumità. Ero la “furastiera” di una Napoli distante, televisivamente violenta e complicata. Ma, per fortuna, ero anche ribelle al pregiudizio ed al luogo comune, così un giorno decisi di “sfidare la sorte”. Iniziai a rallentare. Ad alzare lo sguardo. E passo dopo passo, con sorpresa, quei malfamati vicoli senza sole diventarono la melodia più accogliente. Si tinsero di colore umano, offrendomi un ventre materno popolato di sorrisi nuovi e d’inverosimile generosità. Oggi, dopo oltre trent’anni, sono tornata sui miei passi lenti. Non per cammenà vicino ‘u mare.
Stefania Adami, classe 1962, nasce e vive in Garfagnana (LU). All’età di undici anni riceve in dono dal padre una fotocamera con la quale inizia da autodidatta un lungo percorso di formazione. Una spiccata passione per la fotografia di reportage, intesa soprattutto come strumento d’incontro, la porta a viaggiare per le strade del Mondo e dell’Uomo.
Nel 1995 si associa al circolo “Fotocine Garfagnana” e si cimenta con successo immediato nel panorama dei concorsi fotografici. In soli otto anni si aggiudica circa 50 premi e i suoi portfolio godono di riconoscimenti nei più importanti contest nazionali, fra i quali la prima edizione di “Porfolio Italia”, nel 2004, con il 2° posto assoluto finale.
Nel 2013 è di nuovo finalista di “Portfolio Italia” con un lavoro autobiografico sulla donna colpita da tumore al seno. Nel 2015 viene nominata Testimonial Fiaf-Samsung per il progetto “Tanti per Tutti, viaggio nel Volontariato Italiano”, e nel 2021 è ancora Testimonial Fiaf-Fuji per “Ambiente Clima Futuro”, entrambi i progetti sono divenuti libri.
Numerose le mostre in tutta Italia, le pubblicazioni su libri fotografici e periodici a tiratura nazionale, la partecipazione a talk ed a serate a invito. Le opere “L’inquiLinea del 2014” e “Barconi d’Alto Bordo” sono esposte in via permanente nel museo a cielo aperto di “Bibbiena Città della Fotografia”. Nel 2018 le viene assegnato il titolo di Fotografo dell’anno FIAF, da cui scaturisce la monografia “Una privata consapevolezza”. Nel 2021, per la collana multimediale Fiaf, esce l’audiovisivo omonimo sulla sua storia fotografica e poetica. Nel 2022 con “Adagio Napoletano” si aggiudica il premio “Fosco Maraini” per il reportage, il primo premio al “Portfolio in Rocca” di San Felice sul Panaro e il secondo premio alla finalissima di “Portfolio Italia – Gran Premio Fuji.
Nel 2023 la Federazione le assegna il riconoscimento di MFI “Maestra della Fotografia Italiana”.
ISTITUTO ITALIANO DI FOTOGRAFIA
PAESAGGI DI LUOGHI SENZA VOLTO
Progetto degli studenti del II° anno dell’Istituto Italiano di Fotografia
La sostanza di un luogo è il suo paesaggio; ovvero, l’insieme degli elementi che ne determinano l’essere paesaggio e che ne permettono la fruizione e l’identificazione, fisica ed oggettiva, del territorio stesso. Oltre a ciò, i luoghi possiedono una propria personalità, frutto di molteplici interazioni e manipolazioni, volontarie e/o casuali.
Una particolarità ideale e specifica, rivelata dal luogo stesso, in quanto tale, oppure, interpretata e compresa, grazie alle varie chiavi di lettura applicate da chi l’osserva e ne fruisce.
Strade, architetture, boschi, montagne, corsi d’acqua ed altro, sono le tessere con cui viene a costruirsi una geografia del territorio, una mappa specifica di una determinata realtà.
I tasselli che costituiscono questa realtà, sono plasmati dalle mani dell’uomo e della natura, secondo principi, in molti casi assai distanti, che ne definiscono gli scopi e le intenzioni.
L’uomo si muove nella direzione di adattare l’ambiente che lo circonda per renderlo tailor made alle proprie esigenze; la natura ha, per sua costituzione, lo scopo di evolversi e progredire, in cerca di nuove strutture organiche, in grado di svilupparsi in tutte le direzioni e colonizzare tutti i territori.
Nel bene e nel male, queste trasformazioni create a più mani, tendono sempre a ridefinire il volto dell’ambiente, creando costantemente evoluzioni e mutamenti, riuscendo a generare nuovi spazi dotati di propria personalità e anima.
In questo progetto, l’intento di partenza, a cui gli studenti dell’Istituto Italiano di Fotografia dovevano fare riferimento, è quello di indagare il paesaggio partendo dalla lettura iniziale di cosa era, per arrivare alla scoperta della trasformazione, fisica o concettuale, che li ha resi diversi, modificati.
Indagare il rapporto che esiste tra luogo e la sua “forma” palese, colto nell’attimo dello scatto fotografico: cercando di estrapolare il senso profondo, a volte intimo, altre volte onirico e altre ancora violento con cui il paesaggio è stato plasmato.
In questo lavoro gli studenti si sono lasciati guidare da molteplici fattori, in alcuni casi intimi che hanno coinvolto il loro vissuto, in altri casi, il filo conduttore è stato quello di analisi visiva in cui l’indagine fotografica, porta alla scoperta di questi luoghi, spesso marginali a volte dimenticati e quasi sempre trasformati.
Lasciatevi condurre per mano nel percorso che hanno tracciato.
ROBERTO LUGANO
PUNTO ZERO
San Paolo del Brasile è il più grande agglomerato urbano del sud America e di tutto l’emisfero australe. Praca da Sé è il centro storico dell’insediamento e vi si trova il punto zero del Comune, a partire dal quale vengono conteggiate tutte le distanze stradali e le numerazioni pubbliche.
Da molto tempo la piazza è la zona di rifugio di senza tetto, vagabondi, tossicodipendenti: migliaia di persone vivono accampate accanto alla Cattedrale, in tende di fortuna che accolgono le loro cose e talvolta gli animali che li accompagnano.
Molte di queste immagini sono state scattate in piazza, in situazioni difficili per via della lingua e delle condizioni di scarsa sicurezza; alcune colgono, da parte di qualche soggetto, una sorta di voluta rappresentazione dello stato di disagio, quasi una ostentazione polemica della propria disperazione.
Altre fotografie raccontano invece i muri, i colori e i personaggi delle zone immediatamente circostanti, a testimonianza di quanto tutto il nucleo centrale della città sia in stato di degrado. Ben altra cosa rispetto ai grandi viali, alle case eleganti, ai palazzi di vetro ultramoderni delle zone di affari o di commercio.
Questa stratificazione finisce per rendere l’idea di una metropoli concentrica: l’estrema periferia è il regno delle favelas, la fascia intermedia accoglie la zona della città moderna, il cuore antico non riesce a nascondere disagio e abbandono.
Roberto Lugano è nato in Lombardia ma da anni vive nelle Marche.
Viaggia spesso in Italia e all’estero, per lavoro o per piacere, sempre accompagnato dalla macchina fotografica.
Ha iniziato a fotografare nel 1979, quando il processo fotografico era analogico e chimico. Ha poi attraversato tutte le ere dell’evoluzione tecnologica nella produzione di immagini, cercando di volta in volta di impadronirsi dei miglioramenti e di evitare gli eccessi.
Predilige la fotografia di street e quella di reportage che cerca di mettere in relazione l’uomo con l‘ambiente che lo circonda, evidenziando le influenze reciproche.
Aggiornamenti nel sito: www.europhotofestival.com
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