Un gran giro di soldi finiti male
Le società Mata Spa e Rete55 evolution a cui il Molina e Fondazione Comunitaria del Varesotto avevano prestato i soldi sono fallite. Le due fondazioni avrebbero perso più di due milioni di euro oltre a quelli volati a Malta
Sono passati sei anni da quando raccontavamo i fatti legati a “un gran giro di soldi” che riguardavano operazioni finanziarie di due fondazioni del nostro territorio: Molina e quella Comunitaria del Varesotto. Entrambe avevano sottoscritto prestiti obbligazionari con una società chiamata Mata Spa, mentre l’Rsa aveva fatto la stessa operazione con Rete55 evolution Spa, la società allora editrice della televisione locale Rete55.
Nell’articolo sollevavamo una serie di perplessità perché non era chiara la ragione di investimenti così rischiosi e soprattutto al di fuori di logiche sociali. A distanza di sei anni possiamo dire con certezza che quelle domande avevano un grande fondamento. Mata Spa è “fallita” e lo stesso è successo all’editore della tv varesina.
Qui una ricostruzione per conoscere la storia
Gli effetti sono dirompenti. Il Molina, a causa delle operazioni dell’allora presidente Christian Campiotti ha di fatto perso oltre 670mila euro. Sarà difficile riavere i 500mila euro prestati alla Mata che oltre al valore patrimoniale non ha pagato l’ultima rata degli interessi per un totale di 520mila euro. Rete55 evolution aveva invece saldato il proprio debito, ma subito dopo è fallita e il giudice ha chiesto la restituzione dell’intera cifra. Solo dopo una trattativa è stata saldata una parte del debito lasciando al Molina un onere di 150mila euro.
La Fondazione comunitaria del Varesotto è messa ancora peggio. Da Mata Spa dovrebbe avere un milione e mezzo che con tutta probabilità non rivedrà più. A questa imponente cifra se ne somma una altrettanto importante che era andata in azioni e obbligazioni di società maltesi.
A fare tutte queste operazioni era stato Luca Galli, allora presidente della Fondazione. Lo stesso che da mesi tiene sotto scacco l’ente dopo che per anni ne ha gestito le casse. Galli insieme con l’allora collega Carlo Vimercati presidente della Fondazione della Comunità bergamasca, avevano un ruolo centrale in Mata Spa. Come scriveva il Corriere della sera anche a Bergamo si seguiva lo stesso schema varesino. “Tutte iniziative, da Malta a Porta Romana (sede di Mata, ndr), che passavano solo e unicamente dal presidente-fondatore della Fondazione della Comunità bergamasca onlus, con il Cda troppo spesso rimasto all’oscuro. Quel che resta è un ente fondamentale per la vita del no-profit e di tanti progetti in città e provincia”.
Per capire il modo di agire dei due presidenti di allora, Galli e Vimercati, si possono leggere le ricostruzioni su Varesenews e sull’Espresso (qui potete scaricare l’articolo del settimanale in pdf) che si era occupato del caso con un lungo servizio di Vittorio Malagutti. “Il piccolo ente con sede a Varese ha investito quasi il 20 per cento del proprio portafoglio titoli puntando sulle obbligazioni di due società maltesi, praticamente sconosciute fuori dall’isola. Una scelta sorprendente per un’istituzione benefica”. Si parla di oltre due milioni e mezzo di euro. Di queste non siamo in grado di sapere con esattezza quanto manchi da riscuotere, ma la situazione non è per niente tranquilla.
Di fronte a una tale giro di soldi ci sarebbe da pensare che il maggior artefice delle operazioni si sia defilato e invece no. Addirittura anche Michele Graglia, noto imprenditore impegnato da anni nella solidarietà, allora consigliere della Fondazione, si dimise perché di fatto, malgrado la gestione poco trasparente di Galli questi a seguito di una indagine giudiziaria si era dimesso da Presidente, ma restando ben saldo nel CdA dell’ente.
Non solo. A seguito di nostri servizi Galli intentò diverse cause civili chiedendo risarcimenti per profili diffamatori. Gli andò male e in un caso fu anche costretto a pagare i costi giudiziari. Lo stesso è successo alla Mata Spa prima di fallire. Dopo la morte di Vimercati l’azienda milanese ha proseguito la propria azione chiedendo un milione e mezzo di euro di risarcimenti al direttore Marco Giovannelli, a Roberto Rotondo, che all’epoca lavorava per il nostro giornale e ora è alla Rai, e alla Varese web srl editore di Varesenews. La causa ha proseguito il suo corso e nel maggio del 2022 è arrivata la sentenza ( oggi passata in giudicato). Molto diversa da quella che si proponevano gli attori visto che la giudice Valentina Boroni respingendo la domanda risarcitoria “condanna gli attori MATA spa, FINHOLDING SPA,CARLO VIMERCATI, LUCA GALLI e MARCO ELLERVAINICHER, in solido tra di loro, al pagamento delle spese di lite in favore dei convenuti, che liquida in complessivi euro 11.200,00 per compensi, oltre spese forfettarie (15%), IVA e CPA come per legge”.
La giudice nelle tredici pagine della sentenza “rileva che, come dedotto dalla difesa dei convenuti, la pubblicazione appartiene al cosiddetto “giornalismo di inchiesta”… Resta quindi il tono allusivo e pungente, che richiama con modalità di ricostruzione degli assetti societari, una “originale coincidenza” sottoposta all’attenzione del lettore all’evidente scopo di sollecitare una attenta valutazione dell’operato dei dirigenti delle varie società coinvolte in termini di “eticità” dei comportamenti adottati in possibile “conflitto di interesse”. Che l’utilizzo di denari di una fondazione benefica per scopi non coerenti con quello statutario possa comportare la commissione di reati è un rilievo che consegue ad una legittima deduzione e che tuttavia, seppure con tono allusivo del contrario, gli autori non arricchiscono con richiami relativi a notizie non veritiere. Sussistono dunque i requisiti della verità, che per la forma di giornalismo de qua, infatti, – in conformità al richiamato (e condivisibile) orientamento della giurisprudenza di legittimità – non è, come si è detto, richiesta una rigorosa verifica dell’attendibilità della fonte; né avrebbe potuto richiedersi al giornalista di dimostrare la fondatezza dei dubbi espressi. Nel caso di specie, inoltre, non può dubitarsi che i fatti oggetto dell’articolo pubblicato il 5.2.2018 rivestano un notevole interesse per l’opinione pubblica. Dal punto di vista della correttezza formale dell’esposizione, il linguaggio utilizzato nell’articolo è privo di espressioni gratuitamente offensive dell’onore e della reputazione degli attori”.
Di fronte a tutta queste serie di fatti ci si aspetterebbe un chiarimento netto da parte di Luca Galli. Per il buon nome delle due fondazioni è fondamentale uscire dall’opacità riscontrata fin qui. Quel gran giro di soldi ha comportato una gran perdita del patrimonio di due enti che hanno nella beneficienza e nella solidarietà il proprio fondamento. Alle due realtà varesine si sommerà certamente anche quella bergamasca di cui non abbiamo notizie.
Quello che abbiamo raccontato è molto grave. Non per aspetti legali sui quali saranno le autorità competenti a far luce. È probabile che tutto sia formalmente corretto, ma la domanda resta sempre la stessa: perché due enti votati alla solidarietà e alla cura devono fare operazioni finanziare molto rischiose? Nei vertici di quelle realtà oggi ci sono persone di grande valore che si impegnano ogni giorno per fare bene e far del bene.
Fare chiarezza una volta per tutte sarà un passo importante perché gli attuali vertici delle Fondazioni possano proseguire la meritoria attività che riguarda tutti i cittadini.
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