“Cane lasciato al sole e sul balcone”: il post su Facebook diventa l’atto d’accusa di un processo per diffamazione

Varesina a processo: al ritorno da una vacanza in Valle D’Aosta la sua denuncia social manda in agitazione un’intera frazione. Decine di mail alla polizia locale sentita in aula: “L'animale stava bene"

tribunale di varese

Una varesina in vacanza in Valle d’Aosta nota un cane che sta su di un balcone assolato per diverse ore al giorno proprio di fronte alla sua residenza. È convinta che l’animale stia male e che addirittura voglia gettarsi di sotto dallo sconforto, dal momento che la foto a corredo del post immortala il cane sulle due zampe, come ad apprestarsi a saltare dalla balaustra del balcone: «Non lo fa per i metri sottostanti di vuoto. Ma quando arriverà l’imminente estate, temo che lo farà».

Le foto vengono inviate via mail alla polizia locale del paese valdostanto, e poi, tornata a Varese, fa un post con foto della casa in questione, indirizzo della località e l’invito a mandare una mail all’indirizzo della polizia locale del paese «Per far terminare questo schifo vergognoso!!!».

Peccato che si scateni il finimondo: la residente, che teneva il cane sul balcone perché l’animale era affetto da problemi che gli impedivano di stare sul prato del giardino, riceve una serie di persone che le suonano il campanello e le chiedono conto del suo comportamento. Lei, che non ha facebook, viene avvisata da alcuni amici che le segnalano quanto sta avvenendo in rete. Il post ha totalizzato decine di commenti.

Utenti della rete che dalle parole pesano ai fatti: decine di mail vengono inviate alla polizia locale del paesino – Châtillon – che organizza un sopralluogo a casa della residente in frazione «Cret de Breil»  ma trova il cane in ottime condizioni di salute.

A quel punto la padrona dell’animale, una giovane valdostana, denuncia per diffamazione aggravata e il processo, partito da un esposto fatto dall’avvocato alla Procura di Aosta arriva dinanzi al giudice monocratico di Varese per competenza territoriale.

Generico 15 Apr 2024

La vicenda è stata dibattuta in aula questa mattina, 16 aprile, durante un’udienza dal sapore emblematico a prescindere da come la questione proseguirà dal punto di vista legale: sono stati sentiti i vicini di casa della donna che nel frattempo si è costituita parte civile contro la varesina, e persino il veterinario del cane, un “Border collie” (nella foto, si chiama Utah) di media taglia, tuttora in vita e che ha 8 anni (i fatti si riferiscono al 2021), ma ha parlato anche l’ufficiale della polizia locale che si è trovato a fronteggiare decine e decine di email inviate al Comando di polizia locale in forma associata di Saint-Vincent e Châtillon.

Una sorta di attacco massivo di mail che arrivavano da ogni parte d’Italia e che sono proseguite fino a luglio inoltrato. «Dopo le prime mail giunte che denunciavano le condizioni del cane», ha spiegato in aula il vice commissario dei vigili, «abbiamo inviato sul posto un controllo, abbiamo sentito i vicini, ma nella relazione di servizio compilata dagli agenti non è emersa nessuna criticità legata alle condizioni dell’animale».

Le prime segnalazioni via mail arrivarono alla polizia locale il primo di giugno del 2021, poi venne effettuato il sopralluogo e la risposta alle mail della turista varesina venne data l’8 dello stesso mese. Il post incriminato venne fatto dall’imputata il 10 di giugno 2021, una volta rientrata a Varese dal soggiorno valdostano.

Il difensore della donna, avvocato Vincenzo Toscano, ha sottolineato che il post su Facebook «è stato fatto dalla mia cliente per via di un ritardo della polizia locale nel rispondere alle sue mail, che denunciavano uno stato di sofferenza dell’animale». Un’accusa velatamente rigettata dall’ufficiale della polizia locale che si è giustificato parlando in aula di «tempi tecnici».

Per contro, a margine dell’udienza, la parte offesa presente durante il processo, ha dato la sua versione dei fatti: «Il mio cane stava e sta benissimo: se la signora avesse avuto dei dubbi sul suo stato di salute non doveva fare altro che suonarmi il campanello di casa, visto che soggiornava a pochi metri da me. E n0n attaccarmi sui social, che peraltro io neppur utilizzo».

«Il post su facebook non solo ha leso la mia onorabilità, ma mi ha messo in difficoltà durante un periodo molto particolare della mia vita, quando avevo mio figlio piccolo, e ha messo soprattutto in cattiva luce la piccolissima frazione in cui io vivo, dove tutti, fra i residenti, ci conosciamo», residenti che erano presenti a Varese in qualità di testimoni e supporter e che hanno quindi accompagnato la signora durante l’udienza di fronte al giudice monocratico Alessandra Sagone (la donna era assistita dall’avvocato Elisa Benetazzo, che ha chiesto l’acquisizione di tutte le mail giunte alla polizia locale dopo il post sui social dell’imputata).

La prossima tappa del processo, dove forse verrà sentita l’autrice del post incriminato, oltre ad altri testi, si terrà il 12 novembre.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 16 Aprile 2024
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