Il 25 aprile in corteo, ripercorrendo i luoghi della storia a Gallarate

Il corteo della Liberazione tocca i monumenti in ricordo. Ma attraversa anche luoghi simbolici, dallo squadrismo ai giorni dell'insurrezione

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I fascisti che si arrendono, le barricate, i tedeschi asserragliati, i primi comizi che sanciscono la libertà.
Il percorso tradizionale del corteo del 25 aprile a Gallarate è un viaggio dentro la storia dei giorni della Liberazione. Ma è anche un buon modo per ricordare le violenze squadriste, la repressione dei dissidenti, la costruzione di un regime.

Di per sé il corteo (dal 1979 con momento conclusivo in Largo Camussi, al monumento alla Resistenza) è un percorso guidato dalle “normali” esigenze di una manifestazione pubblica, che tocca le principali piazze – nel caso specifico tre o quattro – di una città. Ma a ben guardare consente davvero di ripercorrere gli avvenimenti di vent’anni di regime, di venti mesi di resistenza armata e civile, dei giorni dell’insurrezione.

E partiamo dunque dal cimitero, tradizionale luogo di concentramento del corteo.
Viale Milano accompagna verso il centro, ma racconta anche storie di Resistenza: era la via che conduceva al “Casermone” dell’Aeronautica, trasformato dai tedeschi anche in luogo di detenzione e tortura (vi passò, tra gli altri, anche Indro Montanelli, che racconta di fucilazioni).

Il “Casermone” fu tenuto dai tedeschi fino al 27 aprile, quando si arresero alla Divisione Garibaldina “Redi” scesa dall’Ossola e coadiuvata da altri reparti locali, mentre i “fazzoletti azzurri” (partigiani d’impronta cattolica e monarchica) della Divisione Valtoce proseguirono su Busto per fronteggiare una forte colonna che aveva aggregato reparti della Luftwaffe da Cameri e dal Campo della Promessa di Lonate Pozzolo e che avanzava sparando (la colonna cedette le armi al 28 aprile).

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Dal Broletto a piazza Risorgimento: memorie del ’22 e della guerra

Nel suo percorso tradizionale, in via Cavour il corteo transita di fronte al Broletto, municipio negli anni dello squadrismo: qui i fascisti “defenestrarono” l’amministrazione – regolarmente eletta – di Paolo Campi, il sindaco-muratore. Come accadde in molti altri Comuni della zona: un’ondata di repressione che colpì anche i circoli socialisti e repubblicani e toccò anche il vicino (e allora autonomo) Comune di Crenna.

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Nei giorni della Liberazione sempre al Broletto furono invece gli stessi partigiani della brigata Rizzato a proteggere i prigionieri delle forze armate fasciste, ammassati nel cortile, dalla folla che voleva fare giustizia sommaria.

La testa del corteo quasi fronteggia poi l’imbocco della strada per Cassano Magnago: già via Como, dopo la guerra divenne via Mauro Venegoni, a ricordare il sindacalista rivoluzionario che animò la Resistenza operaia nell’Alto Milanese e venne ucciso nei primi giorni del 1945 sulla strada tra Cassano Magnago e Busto Arsizio.

In piazza Risorgimento il monumento ai Caduti ricorda i nomi di molti partigiani, ma anche i gallaratesi morti nel corso della tragica guerra d’aggressione scatenata dal fascismo contro la Francia e il Regno Unito, poi la Grecia, poi ancora dal 1941 anche contro la Jugoslavia e l’Unione Sovietica. Guerra che portò poi lutti in ogni luogo d’Italia, dalla Sicilia alle Alpi e anche a Gallarate.

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Piazza Garibaldi e la presa della Casa del Fascio

In piazza Garibaldi l’imponente Palazzo Minoletti, inaugurato a conflitto già iniziato nel 1940, era la Casa del Fascio, sede del partito fascista e delle sue organizzazioni.
Dall’estate 1944 divenne sede delle Brigate Nere, il “partito militarizzato” nei giorni più bui della Repubblica di Salò: i sotterranei del palazzo divennero luoghi di tortura degli antifascisti.

All’angolo con via Turati, a fianco di Palazzo Minoletti, la più centrale delle tre “pietre d’inciampo” gallaratesi posate nel 2022: ricorda Lotte Froelich, ragazza ebrea nata nella Slesia tedesca (oggi Polonia), che sposò l’avvocato gallaratese Mario Mazzucchelli. Fu tra le prime vittime della Shoah in Italia, assassinata a Meina, sulle rive del lago Maggiore.

Ma la piazza è anche teatro delle Liberazione: anche grazie ad alcuni collaboratori infiltrati, la Casa del Fascio fu “espugnata” dai partigiani della Matteotti il 25 aprile, giorni prima dell’apparire della prima avanguardia americana (Nella foto di apertura: i garibaldini della 181ma sfilano in piazza, nel corteo per i funerali di Angelo Pegoraro; foto dall’archivio di Osvaldo Piero Bossi).

Sulla scalinata furono poi fucilati i brigatisti neri che avevano ucciso Luciano Zaro e Angelo Pegoraro, ammazzati giovanissimi davanti a casa e per questo divenuti le due figure simbolo della Resistenza cittadina.

Con il ritorno alla democrazia l’ex Casa del Fascio venne poi destinata a sede di una cooperativa di ex partigiani e dedicata alla memoria di Giacomo Matteotti.

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Barricate allestite al ponte di via Novara, per impedire l’accesso alla città. Dal libro “Figure nel vento” di Pier Giuseppe Sironi

Piazza Libertà, dallo squadrismo al ritorno alla democrazia

Il rientro nel centro storico attraverso piazza Libertà (allora piazza Vittorio Emanuele II) ricorda anche qui i due periodi della storia, la violenza del regime e i giorni della Liberazione.

I portici della piazza – raccontano le cronache di Pier Giuseppe Sironi – erano teatro di imboscate e umiliazione da parte degli squadristi (tra cui le secchiate di escrementi con cui uno squadrista cassanese umiliava socialisti e popolari), che si facevano forti di avere, al caffè Ranzoni, il loro punto di ritrovo principale: nell’elegante caffè i figli della borghesia e i reduci di guerra delusi si erano uniti al movimento fascista delle origini.

La piazza centrale è però anche il luogo principale dei festeggiamenti dei giorni tra il 25 aprile e il 1° maggio, per la prima volta celebrato (mentre cadeva la neve, dicono cronache e fotografie del tempo) dopo anni in cui il fascismo aveva vietato la Festa dei lavoratori.

Il repubblicano Luigi Fabbrini tenne qui il primo comizio da sindaco nominato dal CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale che riuniva tutti i partiti antifascisti. Mentre ancor prima il sindacalista Guido Canziani tenne il primo comizio il 25 luglio 1943, alla caduta di Mussolini, nel periodo di “interregno” prima dell’occupazione tedesca.

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Le avanguardie americane in movimento da Gallarate a Cassano, su via 24 maggio, dietro le scuole di Cedrate. Si notano le tracce della neve caduta tra gli ultimi giorni di aprile e il 1° maggio

Certo, sia piazza Garibaldi che piazza Libertà ricordano all’opposto anche le adunate fasciste e gli anni in cui il regime seppe costruire anche a Gallarate un suo consenso, tra opere pubbliche e avventure belliche colonialiste.

Anni in cui comunque non tutti gli italiani (come si dice con un luogo comune) erano diventati fascisti. Non mancavano forme di opposizione: quella clandestina dei comunisti nei luoghi di lavoro, ma anche quella dei “fuoriusciti”, socialisti, repubblicani e popolari. Tra loro anche il sindaco-muratore Paolo Campi (emigrato in Germania) e il parlamentare socialista Francesco Buffoni, rifugiatosi a Parigi dopo l’espatrio clandestino a Varzo, nell’Ossola. Una mezza dozzina di persone – comunisti e anarchici – legate a Gallarate per diverse ragioni parteciparono alla guerra di Spagna contro i franchisti.

Sempre piazza Libertà – così ribattezzata dopo il 25 aprile – fa da sfondo alle fotografie del funerale di Gaetano Bottini “Mauri”, comandante della Divisione Garibaldi “Valle Olona”, caduto in combattimento alla Villa Montevecchio di Samarate.

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I funerali di “Mauri”. Dal libro “Figure nel vento” di Pier Giuseppe Sironi

Uno sguardo verso via don Minzoni consente di ricordare la dedicazione al prete antifascista ucciso dagli squadristi di Italo Balbo nel 1923. Tra le sue colpe aver voluto un gruppo scout nel suo paese, Argenta, per sottrarre i ragazzi alla propaganda.

Il passaggio dalla basilica di Santa Maria Assunta ricorda il ruolo di monsignor Simbardi, il sacerdote che si oppose al fascismo di Salò, venendo anche allontanato dall’insegnamento (dal 2011 è ricordato nella toponomastica cittadina).

Verso Largo Guido Camussi

Corso Italia – aperto negli anni Trenta come “corso Littorio” – accompagna fino a Largo Camussi, così battezzato dopo la Liberazione in ricordo di Guido Camussi, giovane ufficiale di cavalleria, di famiglia monarchica, che non ebbe timore a resistere – dopo l’8 settembre – rimanendo fedele al giuramento all’Italia legittima. Morì in Valstrona, combattendo contro i fascisti repubblichini e contro i tedeschi.

All’elegante pasticceria Bianchi si riuniva clandestinamente anche il CLN Gallaratese, che riuniva tutti i rappresentanti dei partiti antifascisti: si ritrovavano qui il comunista Attilio Colombo (Pci, catturato e torturato dalle Brigate Nere),  Victor Piceni del Partito d’Azione (futuro storico della città), i liberali avvocato Paolo Oliviero Colombo Giuseppe Macchi, il democristiano Mario Pasta, i socialisti Gianfranco Tibiletti e Alfredo Ganosa.

Largo Camussi è il luogo simbolo del 25 aprile soprattutto da quando, nel 1979, fu qui elevato il monumento alla Resistenza: opera astratta di Arnaldo Pomodoro, è testimone del valore condiviso della Resistenza. Valore che non cancella le diversità, visto che qui sotto al 25 aprile parlarono tante personalità di diverso orientamento politico. Tra i più celebri oratori passati di qui anche Leo Valiani, rappresentante del Partito d’Azione nel CLN Alta Italia.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 24 Aprile 2024
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