Il film su Ennio Doris ha l’anima varesina. Il produttore Giorgio Borghi: “Una storia emblematica e positiva”

Il film diretto da Giacomo Campiotti è prodotto dalla Movie Magic International del nipote di Mister Ignis. "Nel ripercorrere i passi della vita del banchiere ho rivisto aspetti della vita di mio nonno. So quanto è importante rimanere fedeli ai fatti nel racconto delle vicende familiari"

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Ci sono dei fili che, seppur invisibili, collegano le vite delle persone molto più di quanto si possa pensare. Uno di questi si è teso nel momento in cui Giorgio Borghi – produttore di Varese e nipote di Giovanni Borghi, il Mister Ignis tanto caro ai varesini – si è trovato tra le mani la biografia di uno degli imprenditori italiani più conosciuti del Dopoguerra.

Quel libro raccontava la vita di Ennio Doris, celebre banchiere e dirigente d’azienda, fondatore della Banca Mediolanum, scomparso nel 2021. Una storia che Borghi ha avvertito per certi versi familiare, originale e soprattutto positiva, tanto da spingerlo a volerla narrare in un lungometraggio prodotto dalla sua Magic Movie International, affidandone la regia a Giacomo Campiotti. È nato così “C’è anche domani” il film ispirato alla vita del banchiere, con un cast importante, nel quale compaiono anche Massimo Ghini, nel ruolo del protagonista e Lucrezia Lante della Rovere in quello della moglie, Lina Tombolato.

Un film che ha molto di “varesino” – tra produzione e regia – e che il 14, 15 e 16 aprile tornerà nelle sale cinematografiche per un evento speciale, dopo un’ottima risposta del pubblico nella proiezione dello scorso 10 aprile. A raccontarne la nascita è lo stesso Borghi: «Con Banca Mediolanum collaboravamo già da tempo su alcuni progetti (la Magic Movie è una società molto nota a livello nazionale, specializzata soprattutto in produzioni pubblicitarie, ndr) ma l’idea del film è nata indipendentemente da questo, è venuta dalla lettura della biografia di Doris (“C’è anche domani”, Sperling & Kupfer, 2014). Leggendo quelle pagine mi sono reso conto che quella era una storia straordinaria e allo stesso tempo significativa per il nostro paese e che in alcune parti mi ha ricordato la vita di mio nonno Giovanni. Un sentire che, alla luce anche dell’esperienza mia e di mio padre, ci ha spinti a proporre il progetto alla famiglia Doris che lo ha accolto».

Sul grande schermo, anche le vite più straordinarie, corrono il rischio di essere “ritoccate” o reinterpretate per esigenze di narrazione, questa volta però il copione è molto fedele alla realtà. «So cosa si prova a veder condivisa la storia dei propri cari e quanto sia delicato questo tipo di racconto. Per questo ci siamo dati un obiettivo alto: volevamo far emergere al meglio questo importante personaggio e volevamo farlo restando fedeli ai fatti. La prova che ci siamo riusciti è stata la reazione della famiglia quando abbiamo mostrato il lungometraggio finito, l’emozione che ci hanno trasmesso…». Con ventimila presenze in 90 sale, anche il grande pubblico sembra aver apprezzato la proposta. E non era scontato. «Avere successo non è una colpa, a volte in Italia ce ne dimentichiamo. Sapevamo che c’erano delle riserve, dovute in parte al pregiudizio, in parte al fatto di voler raccontare un imprenditore di successo, legato anche al mondo delle banche e della finanza. Invito però a riflettere su un passaggio che secondo me è emblematico, è lo snodo che mostra il calibro e la profondità di Doris. Nel 2008, nel pieno della crisi Lehman Brothers, Doris era consapevole che molti dei suoi correntisti stavano rischiando i propri investimenti. In quel momento è stato lui, insieme al suo socio che era Silvio Berlusconi, a decidere di intervenire mettendo a disposizione i propri soldi (60 milioni a testa) per coprire la perdita che si rischiava. Questo naturalmente è soltanto un momento della sua vita ma è molto rappresentativo».

Banca Mediolanum si è fatta strada nell’epoca d’oro delle Popolari e delle Casse di risparmio, dei bancari e dei direttori di filiale che conoscevano per nome tutti i correntisti e le loro storie e a loro volta erano conosciuti. Proponeva un’idea diversa che si potrebbe definire più “sartoriale”. Oggi il suo modello è riconosciuto come innovativo e l’istituto è tra i più strutturati del settore, ma non è stato un percorso facile affermarsi tra veri e propri colossi. Il film racconta tutto questo ma anche la storia di un imprenditore partito dal nulla, se non da una grande visione e caparbietà. Forse è proprio questo che rende quel vissuto così familiare a Giorgio Borghi: «Sì, ho rivisto molto della storia di mio nonno. Abbiamo voluto raccontare l’infanzia e la giovinezza di Doris perché sono state tutt’altro che facili. Nella sua mente c’era il progetto di migliorare la vita di chi incontrava e poi degli italiani. Certo c’era anche quello di avere successo ma sempre migliorando la vita del prossimo. Era una persona talentuosa che non ha avuto scorciatoie. Per me senza dubbio un modello positivo e di speranza. Per raccontarlo con un ricordo che ben si addice penso all’imprenditore che finita la settimana tornava nel suo paese a Tombolo e andava a giocare a carte con i suoi amici di sempre. Questa immagine lo descrive esattamente per quello che era».

 

 

Maria Carla Cebrelli
mariacarla.cebrelli@varesenews.it

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Pubblicato il 13 Aprile 2024
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