Omicidio della freccia a Genova, Evaristo Scalco agì da “giustiziere”

Le motivazioni della Corte d’Assise di Genova dopo la condanna dell’artigiano di Cittiglio a 23 anni per l’omicidio di Miranda Romero a novembre 2020

Generico 31 Oct 2022

Quando ha colpito il 40enne Miranda Romero con una freccia Evaristo Scalco, artigiano di Cittiglio, (nella foto) era consapevole del rischio, visti anche l’arma scelta e la posizione di tiro, ma non credeva di averlo trafitto a morte tanto che ha “sostato circa tre minuti alla finestra, lasciandosi andare alle arroganti e scomposte frasi all’indirizzo della vittima” perché “con tutta verosimiglianza, non ha compreso di avere colpito a morte lo stesso Miranda Romero, ma ha pensato solo di averlo ferito”.

Lo scrive il presidente della Corte d’assise di Genova Massimo Cusatti nelle motivazioni della sentenza con cui la Corte ha condannato l’artigiano 63enne a 23 anni di carcere per l’omicidio avvenuto in vico Mele il 1 novembre 2022. Scalco è stato condannato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi, ma la pena è stata mitigata bilanciando l’aggravante con le attenuanti generiche.

A riportare le motivazioni Genova24 (qui l’articolo completo)

I fatti sono avvenuti  avvenuto il 1 novembre 2022 in vico Mele, Genova. Il presidente della Corte d’assise di Genova, Massimo Cusatti, ha illustrato nelle motivazioni della sentenza come Scalco consapevole del rischio legato all’uso di un’arma come l’arco e alla posizione di tiro, non avesse tuttavia previsto l’esito mortale del suo gesto. Dopo aver colpito Romero con una freccia, Scalco è rimasto per tre minuti alla finestra, proferendo arroganti frasi verso la vittima, non realizzando immediatamente la gravità delle sue azioni. Solo alla vista del sangue, ha cercato di prestare soccorso.

La lite era scaturita da un diverbio avvenuto circa un quarto d’ora prima dell’incidente, quando Romero aveva urinato su un muro di fronte alla casa di Scalco. Secondo il presidente Cusatti, il delitto è stato motivato da cause futili, con Scalco che si era posizionato mentalmente in uno stato di difesa, mantenendo la finestra aperta come in cerca di un nuovo confronto.

Nonostante la richiesta dell’ergastolo da parte della pubblica accusa, la sentenza ha tenuto conto delle attenuanti, tra cui la precedente incensuratezza di Scalco, la sua cooperazione durante il processo, e le sue azioni successive al fatto, dimostrative di un certo rimorso. Queste azioni includono tentativi di soccorso immediati, seppur goffi, e delle modeste somme di denaro inviate agli eredi della vittima.

La decisione della Corte ha escluso l’aggravante dell’odio razziale, sottolineando che l’azione di Scalco non era motivata da pregiudizi ma da un senso distorto di giustizia personale, volto a punire ciò che percepiva come ingiustizie o soprusi, senza ricorrere alle forze dell’ordine. La sentenza riconosce in Scalco la figura di un “giustiziere” che ha agito per un impulso repressivo scaturito dal primo diverbio, ma sottolinea anche la sua manifestazione di pentimento come fattore influente sulla decisione di non assegnare l’ergastolo come pena.

La pm Arianna Ciavattini aveva però chiesto l’ergastolo e farà probabilmente appello, così come ricorso in appello lo faranno gli avvocato di Scalco, Jacopo Pensa e Federico Papa.

“Uccise con una freccia nel centro di Genova“, chiesto l’ergastolo per il varesino Evaristo Scalco

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Pubblicato il 11 Aprile 2024
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