“Occhi puntati su Rafah”. La storia Instagram raggiunge 40 milioni di condivisioni

La storia con l'immagine di un campo profughi e la scritta "All eyes on Rafah", partita da un singolo account, ha avuto un successo inaspettato. E ha suscitato anche dibattito, tra "moda" e scelta individuale

All eyes on Rafah

Se avete consultato le Storie di Instagram nelle ultime 24 ore probabilmente avrete visualizzato, da qualche contatto, un’immagine di un campo profughi nel deserto, con la scritta “All eyes on Rafah”.

Un appello per alzare l’attenzione sull’offensiva militare israeliana e i bombardamenti su Rafah, l’area che era stata in passato indicata come sicura, oggi invece bersaglio dell’avanzata e degli ordigni israeliani.

Con quasi 41 milioni di condivisioni (alle ore 14 di oggi, mercoledì 29 maggio), ha avuto una enorme diffusione nelle ultime 24 ore, grazie alla funzionalità che consente di ripostare direttamente la storia, un’azione solitamente non consentita.

Chi ha creato l’immagine All Eyes on Rafah?

L’autore della grafica – generata con l’aiuto dell’intelligenza artificiale – sarebbe un fotografo malese (shahv4012), che per primo ha condiviso l’immagine e che aveva già creato alcune grafiche per sostenere la causa del popolo palestinese. Prima di martedì aveva poche migliaia di follower.

Cosa significa All Eyes on Rafah?

Lo slogan “all eyes on Rafah” significa “Occhi puntati su Rafah”, è un invito a tenere alta l’attenzione della comunità internazionale e dell’opinione pubblica sulla possibile nuova catastrofe umanitaria che un massiccio attacco israeliano (aggiuntivo rispetto ai continuo bombardamenti) causerebbe in un’area in cui sono presenti oltre un milione di civili palestinesi, fuggiti da altre zone della Striscia già bombardate o distrutte e attualmente ospitati in strutture provvisorie e tende.

Parallelamente hanno iniziato a circolare altre grafiche dedicate a guerre o crimini di pulizia etnica in corso in varie parti del mondo, come Kurdistan, Armenia, Congo, Sudan, talvolta polemicamente, in altri casi con l’intenzione di associare la mobilitazione pro-Palestina ad altri popoli oppressi.

Perché le persone condividono la scritta All Eyes on Rafah?

La mobilitazione digitale ha avuto probabilmente successo anche sull’onda emotiva delle immagini del campo profughi in fiamme dopo un bombardamento israeliano che, direttamente e indirettamente a causa del successivo incendio, ha causato almeno cinquanta vittime.

Indignazione ha suscitato la definizione di «tragico errore», adottata dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, come era avvenuto nei mesi passati in occasione di azioni particolarmente efferate (non solo ai danni dei palestinesi: si ricorda ad esempio l’uccisione di tre ostaggi israeliani, eliminati da cecchini israeliani).

La condivisione dell’immagine pro-Rafah da parte di milioni di persone ha suscitato anche critiche, di chi suggerisce che molti non abbiano piena consapevolezza o si siano mobilitate solo per ragioni emotive. L’attivista e comunicatrice Michela Grasso (@spaghettipolitics) ha sottolineato invece il dato positivo di scelta individuale: «Fuori dalle logiche dell’algoritmo, milioni di persone hanno scelto di condividere una storia su Rafah».

Per convinzione, per moda o «per non sentirsi esclusi», quel gesto comunque può essere inizio di una consapevolezza, sottolinea Grasso: «Se anche solo una persona avrà avuto la curiosità di informarsi e cambiare opinione grazie a questa storia, allora ne vale la pena».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 29 Maggio 2024
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