Dopo 21 anni la Croce Rossa di Varese sceglie un nuovo presidente. Bianchi: “Sempre al servizio del bisogno”
Eletto per la prima volta nel 2003, il medico continuerà la sua esperienza iniziata negli anni '80. Quarant'anni di profonde trasformazioni in cui Croce Rossa ha modificato il suo ruolo
Sono gli ultimi giorni da Presidente. Le ultime ore dopo 21 anni ininterrotti di guida. Questo fine settimana il Comitato di Varese della Croce Rossa andrà al voto per eleggere il nuovo direttivo. C’è una sola lista, il successore di Angelo Bianchi è già deciso sarà Simone Filippi.
Per una presidenza che si apre, ce n’è una che si chiude.
Una storia lunga quella del dottor Bianchi alla guida del comitato di Varese dal 2003, due decenni intensi in cui la Croce Rossa è cambiata profondamente: da ente pubblico è diventata privata e poi ente del terzo settore. Ci sono stati catastrofi naturali in Italia e all’estero dove i volontari varesini hanno portato il loro contributo.
C’è stata una pandemia con un’emergenza lunga due anni da gestire.
« Abbiamo sempre fatto ciò che era necessario. La forza e la capacità di osservare il territorio e di capire il bisogno hanno sempre ispirato le nostre azioni. Così siamo cambiati: Croce Rossa ha una storia che risale alla battaglia di Solferino. Ma la strada percorsa ci ha costretto a modificare la nostra pelle. Perchè siamo al servizio, nel bisogno e nell’ascolto. Non abbiamo mai voluto essere i migliori, i più belli, ma quelli presenti, insieme con altri gruppi, per raggiungere il risultato. A Varese, come in Valtellina, ad Haiti come all’Aquila».
Come è entrato in Croce Rossa?
Sono stato scout e quell’esperienza è una scuola di vita e ti insegna valori che porti sempre con te. Poco dopo essermi laureato in medicina, oltre al lavoro come volontario in pronto soccorso, durante i turni in Guardia Medica sono venuto a conoscenza di questo ambiente. La mia nuova vita professionale, il matrimonio e l’arrivo dei figli mi avevano costretto ad abbandonare gli scout, ma sentivo di dover fare qualcosa per gli altri, ricambiare quanto ricevevo. Così sono entrato in Croce Rossa: erano gli anni ’80 e sono ancora qui.
Era un ambiente diverso da oggi
A quei tempi la Croce Rossa aveva i Comitati locali. Erano gli anni in cui Giuseppe Zamberletti diede vita alla Protezione civile: nacque una collaborazione molto stimolante e proficua per tutti. Fu allora che a Varese avviamo il “triage” per definire le priorità del soccorso. Oggi è una pratica diffusa, adottata a tutti i livelli dell’emergenza, ma a quei tempi fummo noi, in provincia di Varese, a importare un modello che era praticato in modo sperimentale da gruppi nel Bolognese su un’esperienza negli Stati Uniti. Con Zamberletti costituimmo la prima colonna mobile di Protezione Civile.
Il soccorso nel secolo scorso era molto diverso
Certamente, non era organizzato come oggi con Areu e il sistema dell’emergenza urgenza. C’erano ancora i privati che utilizzavano il fazzoletto bianco fuori dal finestrino e suonavano il clacson. Negli anni ’80 Croce Rossa aveva 5 dipendenti e un solo mezzo di soccorso.
Poi si è pensato di strutturare un sistema organizzato di emergenza e Croce Rossa si è messa a disposizione: così come ci eravamo impegnati nella campagna contro la tubercolosi, sia con le vaccinazioni sia con la cura nel nostro ospedale sanatorio di Cuasso al Monte, poi confiscato con la riforma sanitaria, abbiamo costruito una sezione specializzata sul soccorso che lavora in convenzione con 118 e 112. Oggi facciamo anche trasporti sanitari secondari, per chi deve sottoporsi a cure e ha bisogno di essere accompagnato. Recentemente abbiamo avviato un ambulatorio infermieristico dove prima c’era la Continuità assistenziale. Anche questa scelta è arrivata da un’esigenza del territorio. Qui si fanno piccole medicazioni, punture
Ma quello sanitario è solo uno dei vostri compiti
La sede di via Dunant è il cuore della nostra storia. Venne costruita per volontà dell’avvocato Zecchino per avere un posto sufficientemente ampio per i nostri mezzi di soccorso. Venne inaugurata nel 1997 con il presidente Giuseppe Venino. Lo spazio si dimostrò subito insufficiente a ospitare anche le attività del sociale che erano in costante aumento. Con l’allora assessore del Comune di Varese Angelini iniziammo la realizzazione del secondo blocco, quello che oggi ospita la mensa per chi è in condizioni disagiate. Un servizio che offriamo, insieme ai pacchi alimentari consegnati alle famiglie in difficoltà. La mensa è aperta ma le persone fragili ottengono dei buoni pasto così, al momento di mettersi in fila, non è chiaro chi è aiutato e chi no. Un’attenzione a tutela della dignità.
Quanti sono oggi i volontari di Croce Rossa?
Oggi questo comitato ha una trentina di dipendenti e circa 700 volontari suddivisi tra i tanti compiti e servizi. Oltre all’emergenza sanitaria abbiamo l’area del sociale molto ampia. C’è chi si occupa di formazione andando anche nelle scuole a fare prevenzione ed educazione su sessualità e malattie sessualmente trasmissibili, corretti stili di vita, corsi di primo soccorso. Gestiamo anche un centro di accoglienza per migranti presso una proprietà dei padri comboniani a Vengono. Il nostro ruolo è sia di accogliere sia di accompagnarli ad entrare nella società
E i vostri volontari sono in grado di rispondere a tutte le diverse e complesse necessità?
Quando facciamo i corsi di formazione, presentiamo le tante attività che abbiamo e così si sceglie quella che è più vicino alle proprie aspettative e capacità. Abbiamo tanti volontari ma anche un elevato turn over. Oggi la media di permanenza è di 3/4 anni, poi le difficoltà di conciliare il tempo libero con le tante incombenze della vita inducono ad abbandonare questo impegno. Io faccio parte della vecchia scuola, della sezione pensionati che è abbondante in Croce Rossa
È cambiata Varese in 40 anni?
Molto. Quando ho iniziato la città era chiusa, poi è arrivata l’Università, c’era il centro europeo di Ispra. La società è diventata più ampia, varia, culture diverse, tradizioni differenti, aspettative e modi di pensare non uniformi. E questo è stato un valore anche se, dall’altra parte, ha snaturato la personalità della città.
Oggi ne è cambiato anche l’aspetto: si sono persi molti negozi storici, sono aumentati supermercati e centri commerciali. Siamo sempre Milano dipendenti e questa idea della metropoli così vicina ha smorzato ogni entusiasmo locale, voglia di investire, innovare. Ci siamo impoveriti ma vedo proposte nuove, come il ciclismo, il canottaggio, progetti nuovi che, però, al momento rimangono “mordi e fuggi”, non strutturati. Non siamo più la città del calzaturificio, della meccanica, del volo e le alternative, al momento, sono marginali.
Quali sono stati i momenti più difficili?
È stata un’esperienza che mi ha richiesto molti sacrifici. La mia famiglia mi è stata di grande aiuto perchè ho dovuto trascorrere tanto tempo lontano, impegnato nelle emergenze a cui la Croce Rossa di Varese doveva rispondere. Dalla frana in Valtellina al terremoto di Haiti, dalla crisi umanitaria di Bagdad alle distruzioni dell’Emilia Romagna. Croce Rossa c’è stata nel momento dell’emergenza ma anche nella ricostruzione: la scuola di Haiti, un pezzo di tribuna e gli spogliatoi nel campo di calcio in un paese emiliano, il campo profughi in Iraq, la scuola a Navelli. E poi, recentemente, l’emergenza covid quando abbiamo aperto una sede a Gazzada Schianno per essere vicino alla popolazione, soprattutto a chi era solo. E poi milioni di tamponi, le 80.000 vaccinazioni, l’ospedale di primo soccorso nel parco dell’Ats. Momenti duri e difficili ma chi ha partecipato è sempre tornato arricchito, esperienze gratificanti per il valore sociale della missione
Cosa vuol dire essere volontario?
Essere a disposizione. Oggi c’è un problema diffuso ed è l’io. È difficile superare questa attenzione a sé stessi. Anche se l’esperienza ripaga, prima o poi quel pensiero dell’io preminente emerge, soprattutto quando la situazione diventa difficile o pensante. Ecco perchè abbiamo una elevato turn over. Il mio impegno, oggi più che mai, è di costruire collaborazioni, reti per aiutarsi a vicenda. La Croce Rossa prima di tutto deve essere a disposizione: condivisione di valori e di obiettivi per raggiungere i risultati.
Cosa troverà il suo successore e cosa gli dirà?
Troverà sicuramente un Comitato a posto, con i conti, perfettamente funzionante. Un comitato solido in cui lavorare con serenità. E gli dirò di continuare a tenere gli occhi aperti, a guardare cosa succede, a intercettare e interpretare i bisogni ed essere pronti a cambiare. Continuare una storia di aiuto e soccorso, qualunque esso sia.
E da lunedì cosa farà?
Il volontario. Sono già nei turni della distribuzione pacchi…
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