Giovanni Rosati e il Varese che verrà: “Umiltà alla base, la passione della città si conquista con il lavoro”

Il figlio di Antonio è al lavoro nel nuovo ruolo dirigenziale: “Vogliamo dare continuità a un’ideologia. Il club deve rafforzarsi su più livelli e stiamo andando in quella direzioni”

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La grande novità, a livello dirigenziale, del Città di Varese 2024-2025 è senza dubbio Giovanni Rosati. Il figlio del patron Antonio, poco più che ventenne, è entrato nel consiglio di amministrazione del club da poche settimane e gli è stato assegnato un ruolo che lo ha già visto impegnato nelle prime mosse verso la prossima stagione, con la scelta del direttore sportivo Antonio Montanaro e dell’allenatore Roberto Floris.

Giovanni, è stato coinvolto da subito coinvolto in alcune decisioni importanti, come sta vivendo queste settimane lavorative?
È sicuramente come me lo aspettavo: che c’è tanto da fare. Stiamo lavorando per iniziare la stagione nel migliore dei modi su tutti i livelli. Sulla prima squadra l’idea è abbastanza chiara, dando continuità a un’ideologia, ma dobbiamo pensare anche al settore giovanile, alla femminile e al commerciale. Il club deve rafforzarsi e stiamo andando in quella direzioni.

Le prime mosse per la prossima stagione hanno riguardato direttore sportivo e mister. Ci spiega la scelta dietro a questi profili?
La scelta del direttore sportivo è stata fatta con diversi principi: è ambizioso e lo è anche in relazione alla piazza. Ci ha dato modo di farci capire quanto si senta coinvolto nella causa ed è stato un allineamento di intenti importante, fondamentale per questo ruolo. Dobbiamo ottenere dei risultati anche dal punto di vista aziendale e avere competenze extra calcio è fondamentale. In un Varese come quello che stiamo costruendo serve capire anche il contorno e far coesistere diversi sistemi. È vero che vogliamo dare continuità alla squadra, mercato permettendo, ma sul mister molto ha contato che abbia già lavorato con il direttore. Abbiamo trovato una persona di grande spessore, importantissimo alla luce di quanto fatto da Raineri e Cotta, che dal lato umano e professionale hanno fatto un ottimo lavoro. A Bra ha ottenuto risultati importanti negli ultimi tre anni e la continuità che ha dato è quello che cerchiamo anche noi, in tema di fedeltà. Il suo calcio crediamo sia quello giusto per noi, alternando concetti di categoria ad altri che lo proiettano anche più in alto.

Cosa avete chiesto loro come società?
La parola chiave: umiltà. Questo è il concetto che non mi stancherò di chiedere, è alla base per voler dimostrare il proprio valore. Vale per me ma anche per tutti i collaboratori e i giocatori. Non basta il nome Varese per vincere, anzi, serve qualcosa in più e sentirsi addosso questa responsabilità.

Ci sa dire qualcosa sullo staff. Ci saranno conferme o ritorni?
Abbiamo le idee abbastanza chiare, ci sono colloqui in essere e non voglio esprimermi ancora.

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Capitolo squadra: iniziati i contatti con i giocatori di questa stagione. Su chi non potrà fare a meno il Varese?
Non voglio fare nomi, ma voglio dire che il Varese non può prescindere da quello che è stato un gruppo di persone vere che ha catalizzato quello che è stato il lavoro di campo. Servono persone vere e giuste, fuori dal campo prima ancora dell’aspetto agonistico. La scelta degli uomini partirà prima di tutto da questo e dall’ideologia che vorrà dare il mister e il direttore.

Nelle 4 stagioni in Serie D uno dei problemi costanti è stato l’attacco. Dando per scontata la conferma di Banfi che sarà importante, ma servirà qualcosa in più.
Serve qualcuno che venga a Varese non perché si senta arrivato, ma che consideri questa piazza come un punto di partenza. Serve trovare chi vede Varese come una nuova rampa di lancio e questo non è facile da trovare nei giocatori. Se arrivi qui significa che qualcosa hai già fatto, ma a noi interessa chi vuole andare ancora oltre, e qui ritorna il concetto di umiltà. La maglia qui pesa e dobbiamo tutti dare del nostro meglio.

Facciamo un passo indietro: possiamo dire che lei è cresciuto a “pane e Varese”. Cosa significa per lei questa piazza e quali sono le ambizioni?
Di Varese potrei parlare per ore ma allo stesso tempo farei fatica a spiegare ciò che rappresenta. Mi sono innamorato del calcio al “Franco Ossola” e quindi diventa un discorso personale e filosofico dal quale è anche difficile entrare. Ho impostato come sfondo del telefono una foto di quando avevo 10 anni e ho giocato una partitella allo stadio. Per me è una responsabilità e allo stesso tempo una difficoltà perché certi professionisti lavorano una vita per avere un’opportunità come quella che ho io adesso. Ma mi sento nel posto giusto perché credo che la passione possa limare le lacune dovute all’età e all’esperienza. So che ci sono persone che mi possono dare una mano e aiutarmi laddove non riesco ad arrivare.

Si sente dire che questa società fatica a fare breccia nel cuore della città. Cosa serve per riattivare passione?
Anzitutto serve non biasimare la città. Personalmente se un tifoso me ne parlasse non lo colpevolizzerei, soprattutto pensando alle ultime stagioni. È logico e comprensibile. Noi non possiamo fare altro che lavorare a testa bassa per riportare questa società nei cuori dei tifosi, allineandoci a quella che è la mentalità Varese. Proprio per questo dobbiamo farlo nel migliore dei modi con uno stimolo in più per riportare tutti sulla stessa barca. La passione non manca, se qualcuno non è sul carro ora, puntargli il dito non sarebbe corretto, ma dovremo convincerlo a salire dimostrando la bontà delle idee e del lavoro. Abbiamo una grande responsabilità.

Francesco Mazzoleni
francesco.mazzoleni@varesenews.it
Sport e Malnate, passione e territorio per comunicare e raccontare emozioni
Pubblicato il 29 Maggio 2024
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