Gli Stati Uniti sono sempre stati il mio sogno
Un reportage di Nadia Pieri, studentessa dell'Università dell'Insubria che per tre mesi farà un tirocinio all’Istituto Italiano di Cultura di New York. “I sogni, se ci credi davvero, si realizzano"
Gli Stati Uniti sono sempre stati il mio sogno, forse perché il primo viaggio che ho fatto – a soli sette mesi – è stato proprio a Miami, in Florida. Mio zio, il fratello di mia mamma, si è trasferito lì dal Perù nel 1999 con sua moglie e suo figlio che all’epoca aveva solo due anni. Data la mia tenera età i ricordi di quella prima vacanza sono praticamente inesistenti, ma le foto della piccola Nadia sulle spiagge bianche di Miami mi hanno accompagnata negli anni, alimentando la mia fantasia.
“Prima o poi ci devo tornare”, ho sempre pensato. E quando mi metto in testa una cosa, presto o tardi, la faccio per davvero. La scorsa estate, quindi, esattamente ventitré anni dopo la prima vacanza della mia vita, ho preso quel tanto sognato volo destinazione Miami, dove tutto ha avuto inizio. Due settimane bellissime, insieme a mia sorella, e a una parte della mia famiglia che non avevo mai avuto modo di conoscere per davvero. Ma si sa, quando si sta bene il tempo vola ed è così che, in un battito di ciglia, mi sono ritrovata sull’aereo di ritorno, felice dell’esperienza vissuta ma al tempo stesso molto malinconica.
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Miami non ha deluso le mie aspettative e, in parte, ha rubato il mio cuore. Ma lì, fissa nella mia mente, c’è sempre stata un’altra città, LA CITTÀ. Quella città che, chiunque sia cresciuto a pane e Gossip Girl, ha sempre voluto visitare. Ma soprattutto quella città in cui, chiunque come me sogni di diventare giornalista, vorrebbe lavorare: New York. Ho sempre detto che nella Grande Mela non sarei andata solo in vacanza, ma ci sarei andata a vivere. “Tu sogni troppo in grande”, mi sono sentita ripetere più volte mentre esponevo i miei progetti a lungo termine. Eppure, tra qualche giorno, mi ci trasferisco per davvero.
DALL’UNIVERSITA’ A NEW YORK
“Come ha fatto?”, vi starete chiedendo. E in effetti continuo a chiedermelo anche io. Diciamo che è stato un mix di fortuna, destino e meritocrazia (anche se la mia insicurezza fa sì che fatichi ancora a credere a quest’ultima parte). Circa tre mesi fa, mentre ero intenta a riflettere sui miei piani futuri (considerate che questo è quello che faccio per metà delle mie giornate), mi è arrivata una mail, LA MAIL. La mia università, l’Università degli Studi dell’Insubria di Varese, informava gli studenti dell’apertura del Bando MAECI, un bando di selezione per 313 tirocini curriculari, della durata di tre mesi, presso le Rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di Cultura all’estero. Non so esattamente cosa abbia catturato la mia attenzione, forse il rumore della notifica che ha, inevitabilmente, interrotto il flusso di pensieri che popolava la mia mente. Sta di fatto che, nel giro di cinque secondi, ho aperto quella mail, ho iniziato a leggere il bando alla velocità della luce e, a un certo punto, l’occhio è caduto proprio lì: “Tirocinio all’Istituto Italiano di Cultura di New York”. Un brivido di adrenalina ha scosso il mio corpo, ma non a lungo. Subito dopo, infatti, ho letto: “2 posti”. Se inizialmente ero stata presa dall’euforia, appena ho visto quel “2”, ho iniziato a pensare: “Ma figurati se sceglieranno te!”.
Ci ho rimuginato su tutto il giorno e, una volta tornata a casa, ho esposto quest’idea – che al tempo mi sembrava folle – alla mia famiglia. I miei genitori, che sono i primi a sostenermi in tutto, hanno subito detto: “Tu prova a mandare la candidatura, cos’hai da perdere?”. E avevano proprio ragione, “come sempre”, direbbe mio padre. Il giorno dopo l’ho inviata (ve l’ho detto prima che, quando mi metto in testa una cosa, la faccio!).
Nelle settimane successive non c’è stato un giorno in cui non mi sia immaginata a New York: la mia mente continuava a vagare tra Central Park , il ponte di Brooklyn e la Columbia University che, per chi vuole fare il giornalista, è la scuola per eccellenza. Non so esattamente il perché ma, per la prima volta in vita mia, nonostante quel numero “2”, ero convinta che quell’esperienza fosse destinata a me.
LA CHIAMATA E ORA SI VOLA
Dopo esattamente un mese e mezzo dall’invio della candidatura è arrivata LA CHIAMATA: “Signorina Pieri, siamo lieti di annunciarle che ha vinto il bando MAECI”. Credo di aver quasi rischiato di svenire o addirittura di farmi prendere per pazza dalla segretaria, dato che continuavo a ripetere “Oddio, oddio, non ci credo”. I giorni successivi sono stati un delirio: la ricerca dell’alloggio, la richiesta del visto e l’acquisto all’ultimo di un volo. Ma ora sono qui, con una valigia quasi pronta e una lezione di vita in più: “I sogni, se ci credi davvero, si realizzano. Non importa quanto grandi possano sembrare”. Ve lo dico io che tra quattro giorni sarò su un aereo diretto a New York, la città nella quale ho sempre voluto vivere…almeno per un po’!
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