Un bagno di folla a Busto Arsizio per il premier albanese Edi Rama
Migliaia di albanesi provenienti da diverse regioni hanno accolto il loro premier, tra entusiasmo e contestazioni. Rama ha parlato di Europa, integrazione e orgoglio nazionale ricordando il pregiudizio diffuso che li accompagnava
Ad attendere il premier albanese Edi Rama c’erano molte più persone di quante poteva contenerne l’e-Work Arena di Busto Arsizio, ovvero quasi cinquemila. Sono arrivati in pullman e in auto da tutta la Lombardia, dal Piemonte e dal Veneto. Un popolo che si è messo in viaggio per ascoltare il proprio premier. Qualcuno anche per fischiarlo e contestarlo.
Alle undici di domenica gli ingressi erano già chiusi e non c’erano più posti per le auto, ma come un fiume la gente scorreva in direzione dell’impianto sportivo fino ad accalcarsi ai cancelli, con qualche momento di tensione ben gestito da polizia, carabinieri e vigili urbani.
L’arrivo di Rama è stato preceduto dall’esibizione di quattro cantanti albanesi, Noizy, Anxhela Peristeri, Artiola Toska, Alban Skenderaj, molto famosi in patria ma anche in Italia visto la loro capacità di scaldare la platea a colpi di note e strofe cantate a squarciagola.
In prima fila le autorità tra cui il prefetto Salvatore Rosario Pasquariello, il presidente di Confindustria Varese, Roberto Grassi, l’europarlamentare Isabella Tovaglieri, i sindaci di Busto Arsizio e Gallarate, Emanuele Antonelli e Andrea Cassani.
TUTTO IL MONDO È PAESE
Quando Edi Rama è salito sul palco l’arena era già molto calda e siccome anche per i politici vale il detto “tutto il mondo è Paese”, il premier albanese, davanti a migliaia di connazionali, non ha rinunciato in alcuni passaggi a parlare alla loro pancia.
Seguire il suo discorso è stato come un viaggio sulle montagne russe. Si sono toccati punti molto alti quando Rama ha parlato d’Europa, ricordando che sono proprio «gli albanesi d’Italia a rappresentare l’avamposto di una nuova civilizzazione europea, più libera, più giusta e più forte».
E punti molto bassi e carichi di rancore quando ha fatto riemergere un passato ormai lontano contraddistinto dai numerosi pregiudizi che colpivano gli albanesi appena arrivati in Italia, spesso «assimilati ai criminali», e l’Albania, «ridotta a comica» dove i figli dei potenti potevano comprarsi la laurea.
L’ALBANIA VI RENDERÀ FIERI
«Voi albanesi d’Italia con la rabbia avete reciso il cordone ombelicale con la madre patria – ha detto il premier – ma ora tocca all’Albania farvi diventare fieri della vostra patria e della sua dignità ritrovata. L’Albania vi assomiglia…un tempo quella parola vi faceva arrossire perché associata al narcotraffico, alla corruzione e al malaffare. Eppure oggi in quella terra chiunque torna e gli italiani non vedono l’ora di andarci in vacanza».
Ogni narrazione patriottica ha bisogno di un mito e Rama scomoda Dante, Virgilio e il mito di Enea, futuro fondatore di Roma, approdato da profugo sul litorale italiano con un vecchio padre sulle spalle e un figlioletto per mano. Un immigrato che fonda l’impero più inclusivo della storia, basato sulla pietas, è un’immagine perfetta per una platea numerosa costituta da albanesi d’Italia che condividono una tradizione sedimentata nei secoli e un futuro non ancora compiuto, dove bambini e anziani sventolano bandiere con l’aquila stampigliata al centro e indossano il “qeleshe“, copricapo tradizionale di feltro, intonando “rosso nero” l’inno dedicato alla bandiera nazionale.
L’AMICA MELONI
Rama parla di «anima divisa in due» ben sapendo che quell’anima può ritrovare la sua unità solo in una dimensione europea. Definisce la premier Giorgia Meloni «amica fortissima dell’Albania» e invita i connazionali a non sentirsi obbligati a scegliere. «Potete appartenere ad entrambi. Fratelli e sorelle il buon tempo dell’Albania è arrivato: è il tempo della riunificazione europea».
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