Mercoledì l’udienza in carcere a Varese per la convalida dell’arresto di Marco Manfrinati
L’avvocato in carcere: «È provato, c’è da ricostruire un fatto». La consulenza tecnica che stabiliva la sospensione dei rapporti genitoriali fino all’esito del processo per stalking possibile causa della mattanza

Marco Manfrinati, accusato dell’omicidio del suocero Fabio Limido e del tentato omicidio dell’ex moglie Lavinia Limido è stato incontrato nel pomeriggio di martedì dal suo legale Fabrizio Busignani che l’ha trovato «provato». Un colloquio difficile, dal quale il legale non lascia trapelare molto altro se non le condizioni fisiche del suo assistito che è stato in ospedale, medicato per lesioni pregresse all’entrata nella casa circondariale varesina.
La notizia del tardo pomeriggio è che l’udienza di convalida dell’arresto avverrà in carcere ai Miogni mercoledì alle 11.30 alla presenza del dottor Alessandro Chionna giudice per le indagini preliminari e naturalmente del difensore. Cosa dirà Manfrinati? Lo sapremo dopo l’udienza. Il difensore non si sbilancia: «C’è da ricostruire un fatto».
Resta naturalmente il quesito numero uno: ma cosa ha spinto Marco Manfrinati a compiere il gesto di lunedì a Casbeno? Sul piano emotivo la stessa moglie del povero Fabio Limido intende sgombrare dubbi da ogni equivoco: chi, fra i sui interlocutori, cerca di approccio a quanto accaduto per spiegare il «folle gesto» viene subito bloccato: «Quale folle gesto? Non siamo di fronte al comportamento di un pazzo. Parliamo di una persona che si esprime in perfetto inglese, che parla quattro lingue e che ha lavorato su contratti internazionali. Non è un pazzo, piano con le parole», spiega Marta Criscuolo. Sgombrati i dubbi – almeno quelli che il buon senso e il dolore di una madre possono venire fugati – allora c’è, deve esserci una spiegazione sulla causa scatenante l’agguato di lunedì.
La stessa avvocata Criscuolo, sempre su questo punto, è stata parecchio utile agli inquirenti, in particolare alla dottoressa Maria Claudia Contini, pubblico ministero di Varese che sta coordinando le indagini. La donna «è stata preziosissima per ricostruire l’accaduto», ha spiegato il procuratore della Repubblica di Varese Antonio Gustapane che specifica anche un possibile movente legato ai fatti di via Menotti.
Una motivazione cioè legata al fatto che il 2 maggio era stata depositata al tribunale di Busto Arsizio in sede civile, nelle more del procedimento di separazione fra Lavinia Limido e Marco Manfrinati (relazione dalla quale era nato un bimbo di tre anni), una consulenza tecnica d’ufficio chiesta dal giudice. Il quesito della«ctu» doveva indagare sulla capacità genitoriale di Manfrinati, e stabiliva che i rapporti fra genitore e figlio dovevano essere sospesi fino all’esito del processo per stalking in corso a Varese. Una doccia fredda che probabilmente ha fatto scattare l’intento di vendetta, portato a termine solo 4 giorni dopo.
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