“No alla modifica legge su export armi”: il Tavolo della Pace Alto Verbano fa appello ai deputati lombardi
"Da ottobre a dicembre 2023 esportati a Israele 8.795.408 euro di componenti per velivoli militari da Varese. Quanti degli oltre 30mila morti abbiamo sulla nostra coscienza?"
(A cura del Tavolo per la Pace dell’Alto Verbano)
In queste settimane verrà discussa alla Camera dei Deputati una proposta di modifica della legge 185/90 che regola l’import/export degli armamenti; la modifica intende ridurre i meccanismi di trasparenza e controllo parlamentare sul commercio delle armi, sulle loro esportazioni e sulle banche che finanziano tali operazioni.
A metà del mese di aprile il Tavolo per la Pace dell’Alto Verbano ha inviato al deputato Andrea Pellicini e agli altri 65 deputati eletti nelle circoscrizioni elettorali della Lombardia una lettera per chiedere una riflessione sulle conseguenze di questa modifica, ma per ora non abbiamo avuto riscontri. Invece qualcuno in queste settimane ha lodato l’industria militare della provincia di Varese, e un importante esponente del governo si è permesso di mentire sul tema delle esportazioni di armi.
Il 1° maggio, a margine della commemorazione per il trentesimo anniversario dalla morte di Ayrton Senna e Roland Ratzenberger a Imola, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha voluto mandare un messaggio di pace “rivolto a Israele e ad Hamas perché si liberino gli ostaggi” e affinché si arrivi “a un cessate il fuoco che porti aiuti alla popolazione palestinese”. Un messaggio che alcuni contestatori hanno considerato inopportuno anche perché, hanno osservato, “l’Italia ha continuato a mandare armi a Israele”.
L’accusa è stata subito rispedita al mittente da Tajani che ha assicurato ai presenti: “Dal 7 ottobre l’Italia non manda più armi a Israele, secondo quanto prevede la legge italiana”. In realtà, come denunciato da Altreconomia e dal Fatto Quotidiano, secondo i dati ISTAT, da ottobre a dicembre 2023 a Tel Aviv sono arrivate forniture militari per un valore di 2,1 milioni di euro. Solo a dicembre, ormai nel pieno dei bombardamenti da parte dell’esercito e dell’aeronautica militare israeliani sulla Striscia di Gaza, con catastrofiche conseguenze per la popolazione civile, l’export italiano ha toccato quota 1,3 milioni di euro, facendo segnare così il picco del periodo.
Questa cifra fa riferimento alla categoria “Armi e Munizioni”, di cui quasi 1 milione di euro ad uso militare e gran parte della cifra rimanente in “bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce ed altre munizioni e proiettili, e loro parti, inclusi i pallettoni, i pallini da caccia e le borre per cartucce”. Materiale non militare ma delicatissimo, a Gaza così come nella Cisgiordania occupata, teatro, non da oggi e non dal 7 ottobre, di aggressioni armate da parte dei coloni ai danni dei palestinesi.
Ma i dati dell’Istituto nazionale di statistica fanno di più: gettano una luce sinistra anche su altre tipologie di esportazioni, in particolare su componenti per velivoli ad uso militare partiti dalla provincia di Varese. Giorgio Beretta, analista esperto dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (O.P.A.L.), invita a soffermarsi su un dato estremamente significativo che emerge dall’aggiornamento ISTAT: “Nella categoria merceologica ‘Aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi’ da ottobre a dicembre 2023 risultano esportati a Israele 14.800.221 euro di materiali, di cui 8.795.408 euro, oltre la metà, da Varese. Provincia nella quale ha sede Alenia Aermacchi del gruppo Leonardo, azienda produttrice dei 30 aerei addestratori militari M-346, selezionati dal ministero della Difesa di Israele nel febbraio del 2012 e poi acquistati ed esportati per addestrare i piloti della Israeli Air Force, che sta attualmente bombardando la Striscia di Gaza”.
Quanti degli oltre 30mila morti abbiamo sulla nostra coscienza di italiani, di lombardi, di varesotti? Quante vite umane possono essere sacrificate per il profitto? Tornando alla revisione della legge 185/190, se passerà la modifica già approvata in Senato non avremo mai più i dati sulle forniture di armi a Israele e ad altri Paesi in guerra perché cadrà l’obbligo di inserirle nel rapporto annuale al Parlamento. E non facciamoci illusioni su strade alternative: le istanze di accesso civico fatte all’autorità nazionale UAMA (Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento) in seno al Ministero degli Esteri sono cadute nel vuoto, in un silenzio assordante quanto le bombe che cadono sulla striscia di Gaza.
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