Archiviata a Busto Arsizio l’accusa di sottrazione di minore a carico di Lavinia Limido

La donna, scampata all’agguato che costò la vita al padre, Fabio Limido, fuggì assieme al figlio dalla loro casa di Busto Arsizio e venne denunciata dall'ex marito, ora in carcere con l'accusa di omicidio e tentato omicidio

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Il giudice per l’udienza preliminare di Busto Arsizio ha archiviato la posizione di Lavinia Limido accusata di “sottrazione di minore”: si tratta di un fatto contestato avvenuto due anni fa quando la donna scappò dalla casa coniugale di Busto Arsizio assieme al figlio avuto dall’uomo dal quale si stava lasciando, Marco Manfrinati (il 6 maggio scorso fuori dall’azienda di famiglia a Varese in via Menotti Manfrinati accoltellò a morte Fabio Limido, accorso per proteggere la figlia Lavinia, anch’essa colpita al volto e ridotta in fin di vita).

Per quel gesto posto in essere dalla moglie ai primi di luglio del 2022, Marco Manfrinati presentò una denuncia per il reato di “sottrazione di minore“ da cui venne attivata l’azione penale che ha portato alla decisione di archiviazione da parte della gup Piera Bossi, il 17 giugno.

È un particolare che riguarda il caso che ha portato in carcere più di un mese fa con l’accusa di omicidio e tentato omicidio aggravati lo stesso Marco Manfrinati che non accettava la separazione dalla moglie e soprattutto il distacco dal figlio. In quel frangente Lavinia Limido (come ha raccontato la madre della ragazza, l’avvocata Marta Criscuolo nel corso del procedimento per stalking in corso a Varese) scelse di fuggire e trovare prima riparo dai genitori e poi da un’amica di famiglia in una località tenuta segreta e fuori Varese.

Sono i contorni di una vicenda che comprende denunce incrociate: dopo quella di Manfrinati per sottrazione di minore ci fu quasi contestualmente la denuncia della famiglia Limido contro lo stesso Manfrinati per “maltrattamenti in famiglia” e che portò all’adozione del provvedimento di divieto di avvicinamento a carico dell’uomo (la famiglia Limido/Criscuolo è rappresentata dall’avvocato Fabio Ambrosetti).

Sulla base delle accuse, e soprattutto del «materiale probatorio raccolto in fase istruttoria», spiega la giudice, è possibile sin d’ora «di arrestare l’iter del procedimento». Secondo quanto dispone la legge la persona offesa (in questo caso Marco Manfrinati) ha 20 giorni di tempo per presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Giugno 2024
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